
FLASH! – A CHE PUNTO E' LA NOTTE DELL’INTELLIGHENZIA VICINA AL PARTITO DEMOCRATICO USA - A CASA…
DAGOREPORT: ELLY IN BILICO DOPO LA VERGOGNOSA SPACCATURA DEL PD ALL’EUROPARLAMENTO (UNICA VOCE DISSONANTE NEL PSE) SUL PIANO "REARM" DELLA VON DER LEYEN – SENZA LE TELEFONATE STRAPPACUORE DI ELLY AI 21 EUROPARLAMENTARI, E LA SUCCESSIVA MEDIAZIONE DI ZINGARETTI, CI SAREBBERO STATI 16 SÌ, 2 NO E TRE ASTENUTI. E LA SEGRETARIA CON 3 PASSAPORTI E UNA FIDANZATA SI SAREBBE DOVUTA DIMETTERE – NEL PD, CON FRANCESCHINI CHE CAMBIA CASACCA COME GIRA IL VENTO E COL PRESIDENTE BONACCINI CHE VOTA CONTRO LA SEGRETARIA, E’ INIZIATA LA RESA DEI CONTI: PER SALVARE LA POLTRONA DEL NAZARENO, SCHLEIN SPINGE PER UN CONGRESSO “TEMATICO” SULLA QUESTIONE ARMI - ZANDA E PRODI CONTRARI: LA VOGLIONO MANDARE A CASA CON UN VERO CONGRESSO DOVE VOTANO GLI ISCRITTI (NON QUELLI DEI GAZEBO) – A PROPOSITO DI "REARM": IL PD DI ELLY NON PUÒ NON SAPERE CHE, VENENDO A MANCARE L'OMBRELLO PROTETTIVO DEGLI STATI UNITI TRUMPIANI, CON QUEL CRIMINALE DI PUTIN ALLE PORTE, IL RIARMO DEI PAESI MEMBRI E' UN "MALE NECESSARIO", PRIMO PASSO PER DAR VITA A UNA FUTURA DIFESA COMUNE EUROPEA (PER METTERE D'ACCORDO I 27 PAESI DELLA UE LA BACCHETTA MAGICA NON FUNZIONA, CI VUOLE TEMPO E TANTO DENARO...)
DAGOREPORT
elly schlein alla direzione del pd foto lapresse.
Bisogna fare una precisazione sulla parola ''riarmo'', che è la questione principale che ha spinto Elly Schlein a schierarsi contro il progetto di Ursula Von der Leyen, Rearm Europe. La segretaria multigender si è opposta al piano di Bruxelles sostenendo di preferire ''la difesa europea rispetto al riarmo dei singoli Stati''.
Ma con 27 Paesi membri, dalla Ungheria filo-putiniana di Orban all'Italia della camaleontica filo-trumpiana Meloni, il "ReArm" è l’inevitabile primo passo. Portare la spesa militare al 3% del Pil significa rimettere in moto la struttura difensiva di ogni singolo Paese, colpevolmente trascurata negli ultimi anni dall’Europa, fin troppo comodi nel godere sotto l’ombrello americano.
Ma ora che Trump minaccia di portare gli Stati Uniti fuori dalla Nato, chiudere le basi americane in Europa e disinteressarsi al suo destino, Il “Vecchio Continente” non può ignorare la minaccia rappresentata dalla Russia di Putin, che ha aggredito e invaso un paese sovrano e democratico come l’Ucraina.
Se l’Italia confinasse con la Russia, probabilmente, non ci sarebbero tutti questi pacifisti in piazza a dire no al riarmo. La difesa dei propri confini diventa un "male necessario".
E infatti, chi i russi li conosce sulla propria pelle come la Polonia, i paesi Baltici, la Finlandia, che confinano con il Paese di Putin, tremano davanti alle pulsioni neo imperialiste del Cremlino (mentre un altro stato confinante, come l'Ungheria di Orban, ha preferito trasformarsi in un vassallo di ''Mad Vlad)''.
Quel che l’Italia investirà nella difesa servirà anche ad assolvere agli impegni, colpevolmente trascurati, previsti dagli accordi Nato: il nostro Paese spende soltanto l’1,5% del Pil in difesa, mentre la Polonia quest’anno si avvicinerà al 5% (l’alleanza prevede, al momento, il 2%, con la previsione di raggiungere nei prossimi anni il 3%).
elly schlein alla direzione del pd foto lapresse
Partendo dal riarmo dei singoli stati si potrà costruire una futura difesa europea, attraverso meccanismi di coordinamento della spesa, omologazione degli armamenti, e una maggior addestramento congiunto dei soldati. D’altronde, l’Italia, che si tuffa nel Mediterraneo, non può ignorare l’importanza di una difesa moderna ed efficiente, vista la strategicità del suo ruolo di Paese-ponte verso l’Africa.
Africa da cui i russi, attraverso l’alleanza con il generale Haftar in Libia, e con la presenza della famigerata brigata Wagner che ha il potere in mano paesi come Congo e Burkina Faso, possono far arrivare a Lampedusa decine di migliaia di migranti, come e quando vogliono. Un’arma umana che potrebbe venir usata contro l’Italia e l’Europa.
Gli investimenti in difesa servono a irrobustire la deterrenza verso Mosca che non parla altra lingua che quella della forza (il finto pacifista Putin, infatti, ha speso centinaia di milioni per dotare il suo paese dei missili ipersonici che né Stati Uniti, né l'Unione Europea hanno mai pensato di produrre).
E poi, investire in difesa significa mettere una fiche sulla ricerca in alta tecnologia. Se oggi Elon Musk dispone di migliaia di satelliti attraverso la sua Starlink, e l’Europa invece s’attacca, è perché Bruxelles e i paesi membri hanno per anni trascurato un intero comparto industriale, come quello aerospaziale, preferendo occuparsi di lunghezza dei cetrioli e tappi di plastica. Non è la supremazia tecnologica ad aver creato il gap tra Usa e Ue, ma la pochezza di investimenti.
paola belloni ed elly schlein vanno a votare
Sono concetti che un partito di “sistema” come il Pd dovrebbe avere ben chiari. Negli ultimi anni ha governato sia in Italia che in Europa, e non può non sapere che il riarmo dei paesi membri è solo il primo passo per una futura difesa europea.
Dopo l’imbarazzante spaccatura nel partito all’europarlamento (unica voce dissonante dall’interno del Pse) sul piano von der Leyen, nel Pd è iniziata la resa dei conti con la richiesta di un congresso. Elly Schlein, bontà sua, sarebbe disposta a concedere un congresso “tematico” incentrato sulla questione armi.
L’ex senatore Luigi Zanda e il fondatore dell’Ulivo Romano Prodi sono contrari: voglio cacciarla dal Nazareno con un confronto profondo con gli iscritti (quelli che avevano scelto Bonaccini per la segreteria e non Schlein, premiata dai gazebo) sulla direzione di marcia del partito.
Elly sa di essere traballante: sul voto a Bruxelles, d’altronde, si è salvata per il rotto della cuffia: se il rapporto di forza fra astenuti e favorevoli fosse stato inverso (10 a 11 e non 11 a 10), si sarebbe dovuta dimettere.
Ed è stata così forte la paura di perdere poltrona, partito e cucuzzaro, che la segretaria con tre passaporti e una fidanzata ha pensato di orientare il voto dei suoi europarlamentari trasformando, di fatto, la consultazione in un referendum sulla sua segreteria.
Senza le sue telefonate strappacuore, e vista la mala parata, la conseguente laboriosa mediazione di Nicola Zingaretti, il risultato finale, infatti, sarebbe stato molto diverso.
ELLY SCHLEIN E STEFANO BONACCINI
Ci sarebbero stati 16 sì, 2 no e tre astenuti. Dopo il voto, qualcuno ha chiesto allo stesso Zingaretti, ormai totalmente coinvolto nella Fort Alamo schleiniana, di dimettersi da capo-delegazione del Pd. l’ex governatore del Lazio, però, ha avuto gioco facile nel rintuzzare i suoi critici, dicendo: ma se non si dimette Elly, perché dovrei farlo io?
Il risultato finale di questo bailamme in salsa dem è che il partito è in uno stato di confusione totale in cui Franceschini fa il pesce in barile, cambiando casacca ad ogni giro del vento, Dario Nardella e Lucia Annunziata ripetono il mantra dell’unità a tutti i costi (“Non dobbiamo spaccarci”) e la stessa giornalista è talmente spaesata da aver ammesso di aver votato sì per errore.
Bonaccini, che pure aveva difeso Elly Schlein in un ‘intervista di qualche giorno fa alla “Stampa”, alla fine ha votato contro la segretaria, allineandosi ai “suoi” riformisti. E a Palazzo Chigi, la Meloni gode!
lucia annunziata al parlamento europeo
elly schlein alla direzione del pd foto lapresse
luigi zanda foto di bacco
prodi schlein
ROMANO PRODI E ELLY SCHLEIN
romano prodi elly schlein
schlein prodi franceschini
schlein mattarella
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