
DAGOREPORT – PUTIN NON PERDE MAI: TRUMP ESCE A PEZZI DALLA TELEFONATA CON “MAD VLAD”. AVEVA…
DAGOREPORT – PUTIN NON PERDE MAI: TRUMP ESCE A PEZZI DALLA TELEFONATA CON “MAD VLAD”. AVEVA GIÀ PRONTO IL DISCORSO (“HO SALVATO IL MONDO”) E INVECE HA DOVUTO FARE PIPPA DI FRONTE AL NIET DEL PRESIDENTE RUSSO ALLA TREGUA DI 30 GIORNI IN UCRAINA – ZELENSKY COTTO E MANGIATO: “SE NON SEI AL TAVOLO DEL NEGOZIATO, SEI NEL MENÙ” – LE SUPERCAZZOLE DEL TYCOON SU IRAN E ARABIA SAUDITA E LA PRETESA DELL’EX AGENTE DEL KGB: ACCETTO IL CESSATE IL FUOCO SOLO SE FERMATE GLI AIUTI ALL’UCRAINA. MA TRUMP NON POTEVA GARANTIRE A NOME DELL’EUROPA – DOPO IL SUMMIT A GEDDA DI DOMENICA PROSSIMA CI SARÀ UNA NUOVA TELEFONATA TRA I DUE BOSS. POI L’INCONTRO FACCIA A FACCIA…
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LA TELEFONATA PUTIN TRUMP SECONDO OSHO
Putin non perde mai. La telefonata con Trump ha avuto come unico risultato la completa riabilitazione del “macellaio di Mosca” (copyright Biden), che rientra di prepotenza nel club delle grandi potenze mondiali, alla faccia di Zelensky, dell’Europa e di tutti coloro che in questi anni avevano relegato la Russia nella serie B della diplomazia mondiale.
Il Caligola di Mar-a-Lago esce invece frastornato: doveva arrivare alla pace in 24 ore, e invece si conferma solo un cowboy coatto, capace di bullizzare i partner più deboli, come Zelensky.
Quando si trova di fronte un ex agente del Kgb, esperto e spietato, deve abbassare il capino arancione e fare pippa. Aveva già pronto il discorso, che sarebbe iniziato con la frase “I saved the world”, (“Ho salvato il mondo”), ed è stato costretto a buttarlo nel cesso della Casa bianca.
L’umiliazione è partita prima ancora che iniziasse la telefonata, con Putin che, sghignazzando a una conferenza con gli industriali russi, ha temporeggiato, facendo aspettare il tycoon.
Quando ha sentito prendere la linea, Trump l’ha presa alla larga con i soliti salamelecchi: tra una promessa di partita a hockey e l’altra, si è vantato della sua capacità di portare avanti un negoziato in maniera “equa” e di riconoscere il ruolo della Russia.
volodymyr zelensky donald trump e jd vance - studio ovale
Poi si è inerpicato in un ragionamento sull’Iran, provando a convincere Putin (per conto di Netanyahu) a esercitare una moral suasion sui suoi amici ayatollah e farli desistere dalla proliferazione nucleare.
Sul tema, ha ottenuto un vago assenso dello “Zar”: s'è detto d'accordo sul fatto che “l’Iran non dovrà mai essere in grado di distruggere Israele”.
Il Caligola di Mar-a-Lago ha poi continuato il suo panegirico lodando l’Arabia Saudita e invocando gli ottimi rapporti di Mohammed Bin Salman, come un venditore di enciclopedie qualunque in cerca di referenze. Putin ha ascoltato in silenzio, finchè si è arrivati alla vera questione sul tavolo: l’Ucraina.
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È lì che Putin ha assestato il gancio al viso truccato di Trump, pronunciando un sibillino: Niet.
“Mad Vlad” ha rifiutato la tregua di 30 giorni, proposta dagli Usa dopo il vertice di Gedda con Zelensky, ribadendo la sua convinzione che sarebbe servita soltanto ad avvantaggiare Kiev. E poi ha risposto a brutto muso di acconsentire a deporre le armi soltanto se il flusso di aiuti militari all’Ucraina si fosse interrotto completamente.
Una pretesa inaccettabile, non tanto perché gli Usa siano contrari, ma perché di mezzo ci sono l’Europa e il Regno Unito: “Posso parlare a nome mio, ma che ne so che faranno loro?”, è stato il balbettio di Trump.
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E così si è arrivati allo stop agli attacchi alle infrastrutture energetiche: un risultato inutile che serve a Trump come bandierina da sventolare per non ammettere pubblicamente il fallimento.
In realtà, come si è visto nella notte, Putin continua a bombardare l’Ucraina (tornando a colpire la capitale, Kiev) per mantenere alta la pressione dimostrando di non voler negoziare un bel niente.
Che succederà adesso? Domenica si terrà un nuovo incontro a Gedda (chez Bin Salman), tra le delegazioni russe e statunitensi.
Gli ucraini, come hanno ammesso dal gabinetto di Zelensky, non sono stati invitati. Come ha fatto notare perfettamente l’analista Michael Clark su Sky, ripreso entusiasticamente dai propagandisti russi (compreso l’ex presidente Dmitri Medvedev): “Se non siete al tavolo del negoziato, vuol dire che siete nel menu”.
Zelensky, ieri in visita a Helsinki, ha risposto: “Non siamo un'insalata né un dessert, per essere nel menu di Putin, indipendentemente dai suoi appetiti”.
Ma sono parole al vento, come quelle dei leader europei: la decisione finale sulla pace in Ucraina sarà un affare tra Mosca e Washington.
Dopo l’incontro di domenica, a cui saranno presenti i due ministri degli esteri di Usa e Russia, Marco Rubio e Sergei Lavrov, insieme ai due “inviati speciali”, Steve Witkoff e il suo “omologo” Yuri Ushakov (uomo d’affari, messo a fare da contraltare all’immobiliarista trumpiano da Putin).
Dopo il vertice, si terrà una seconda telefonata tra Putin e Trump, e solo allora sarà concordata la data dell’incontro faccia a faccia. Come andrà a finire? Di sicuro un vincitore c'è già: è Putin.
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