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DAGOREPORT - SE IN FORZA ITALIA IL MALCONTENTO SI TAGLIA A FETTE, L’IRRITAZIONE DI MARINA E PIER…
DAGOREPORT – XI JINPING PREPARA LA GRANDE “RITORSIONE” CONTRO TRUMP: FERMARE LA VENDITA DELLA DIVISIONE USA DI TIKTOK AGLI AMERICANI. SAREBBE UN DOPPIO DANNO PER TRUMP: PERSONALE, VISTO CHE GRAZIE ALL’APP CINESE (E AI CONSIGLI DEL FIGLIO BARRON) HA RACIMOLATO CONSENSI TRA I PIÙ GIOVANI. MA ANCHE UN BEL GUAIO ECONOMICO: L’APP GENERA UN INDOTTO DI 1,3 MILIARDI AL MESE TRA CREATOR, PICCOLE IMPRESE CHE VENDONO PRODOTTI E SOCIETÀ CHE CI LAVORANO…
DAGOREPORT - AL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO, L'UNICO ANTIDOTO È L’IMPERO DEL DRAGONE, LA SOLA POTENZA CHE OGGI PUO' RIBATTERE AD ARMI PARI AL BORDELLO NEO-IMPERIALISTA DELLA TECNODESTRA USA - DAVANTI AL BULLISMO DI TRUMP, XI JINPING È RIMASTO TRANQUILLO COME UN PISELLO NEL SUO BACCELLO
TIKTOK, IL TEMPO STA SCADENDO E LA CINA HA IL COLTELLO DALLA PARTE DEL MANICO - PECHINO POTREBBE FARE MARCIA INDIETRO SULLA VENDITA DELLA DIVISIONE AMERICANA DEL SOCIAL NETWORK: XI JINPING NON VUOLE VENDERE GLI ALGORITMI DELLA PIATTAFORMA A UNA SOCIETÀ AMERICANA, E SA CHE UN BLOCCO DEFINITIVO DI TIKTOK POTREBBE INDEBOLIRE LA POPOLARITÀ DI TRUMP
https://www.dagospia.com/cronache/pechino-potrebbe-marcia-vendita-divisione-americana-tiktok-423885
DAGONOTA
Se Trump ogni giorno alza la cresta e minaccia tutti, la Cina risponde con la sua tradizionale pacatezza. Xi Jinping vuole far capire alla Casa Bianca di disporre di una forza uguale e contraria a quella che possono esercitare gli americani, e la “ritorsione” che il Dragone intende adottare per mostrare i suoi muscoli è negare l’acquisto di TikTok ad acquirenti statunitensi.
Xi preferisce spegnere il social cinese negli States creando, di sponda, un danno sia a Trump (che su TikTok ha attirato l’elettorato giovane), che all’indotto che la app produce in America, tra creator e piccole imprese che usano l’app per fare soldi: si stima una perdita di 1,3 miliardi al mese se TikTok venisse bannata.
NIENTE DIALOGO, CONTROMOSSA CINESE PARTONO I DAZI ANTI-USA FINO AL 15%
Estratto dell’articolo di Raffaele Ricciardi per “la Repubblica”
[…] L’asse più caldo resta quello con Xi, col quale va in scena un valzer di aperture e stroncature (prima erano filtrate voci di contatti per evitare la spirale, poi Trump stesso ha fatto sapere di «non avere fretta» di parlare con la controparte). Per ora la rappresaglia cinese va a colpire una serie di prodotti americani: dal gas naturale liquefatto al carbone, dalle attrezzature agricole alle auto di grossa cilindrata, con alcune restrizioni per le terre rare.
Certo a Xi non è piaciuto che Trump sia passato dalle parole ai dazi nel giro di un paio di giorni, senza il tempo di intavolare una trattativa. Ma agli occhi di molti sta tenendo la porta aperta: si calcola che la risposta odierna valga meno di un punto percentuale d’incremento sulle tariffe medie applicate al made in Usa. «Pechino è in rallentamento: Trump ha un potere negoziale per portare Xi al tavolo», ragiona Carlo Altomonte dell’Institute for european policymaking (Iep) alla Bocconi.
Dalla pace in Ucraina al Fentanyl, alla vendita delle attività Usa di TikTok: è ricco il menu di segnali che il tycoon aspetta dal colosso asiatico.
Cosa aspettarsi ora? Lo Iep ha ricostruito come la prima guerra commerciale Trump-Cina abbia generato la chiusura della Cina verso il resto del mondo e il dato che misura la globalizzazione a livello mondiale ha smesso di crescere. Con le nuove ostilità è lecito aspettarsi un rafforzamento dei legami cinesi con altri partner: «Più investimenti ed export in Messico, Vietnam, Indonesia e India, con la quale è in corso una normalizzazione dei rapporti», pronostica Altomonte.
Per noi europei il timore è che le merci cinesi, non più benvenute negli Usa, inondino il nostro mercato. La buona notizia è «che le importazioni americane dalla Cina, che si vanno a colpire, rappresentano un’opportunità per le nostre aziende: dalle auto elettriche alla filiera green, dalla farmaceutica a chimica di base e meccanica», spiega Altomonte. Eventuali dazi Usa mirati all’Europa potrebbero essere assorbiti: «Non è facile sostituire le nostre forniture di macchinari o agroalimentare ».
Ma, chiosa ancora l’esperto, «la vera battaglia che l’Europa deve giocare è sulle piattaforme tech, o sui 200 miliardi di capitali che ogni anno si spostano verso gli Stati Uniti». La raccomandazione è chiara: «Non farsi trascinare in un braccio di ferro per risparmiare una trentina di miliardi l’anno. Ben altre cifre sono in gioco su altri fronti».
trump chiede di salvare tiktok
il consigliere peter navarro porta via dalla casa bianca una foto di trump con xi jinping
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