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IL PECCATO DI EVA – DALLA VICEPRESIDENZA DEL PARLAMENTO EUROPEO AL CARCERE: IN UN LIBRO L’ODISSEA DEL QATARGATE DELLA SOCIALISTA GRECA, EVA KAILI – NELLE CASE DELLA DONNA E DEL SUO COMPAGNO ITALIANO, FRANCESCO GIORGI, FURONO TROVATI TROLLEY IMBOTTITI DI CENTINAIA DI MIGLIAIA DI EURO. C’ERANO CONTATTI COI LOBBISTI DEL QATAR, DEL MAROCCO, DELLA MAURITANIA MA NON C’È ANCORA UN CAPO D’IMPUTAZIONE, MOLTE PROVE RESTANO IN GRAN PARTE INDIZI, IL MAGISTRATO CHE INDAGAVA HA LASCIATO L’INCHIESTA. E LA PRESIDENTE DELL’EUROPARLAMENTO, ROBERTA METSOLA, È STATA LESTISSIMA A SCARICARE EVA. MA ALLA FINE L’UNICO A PAGARE, CON MENO D’UN ANNO AI DOMICILIARI, È STATO…
Francesco Battistini per il “Corriere della Sera” - Estratti
«Non preoccuparti, il cielo ha altri progetti per te...!». È il giugno del 2014. Hai appena vinto le elezioni europee, sei una stella nascente della sinistra. I giornali scrivono che «la bellezza del Parlamento greco si prepara a conquistare Bruxelles». T’ammirano, t’invidiano. Dalla tua, hai tutti gli dèi del cielo.
E anche se ti chiami Eva, non devi ringraziare la costola di nessuno: scorrazzi in auto per Atene, strafelice, e canti a squarciagola e coi finestrini abbassati una canzone che adori, «Don’t You Worry Child», il cielo ha altri progetti, non avere paura. Già, di che cosa dovresti preoccuparti?
9 dicembre 2022. Una mattina, Eva Kaili scende nel garage del suo condominio di Bruxelles. Cinque poliziotti arrestano suo marito. Gli altri vengono a prendere lei: la mettono in isolamento, le luci accese giorno e notte, niente acqua corrente, una telecamera che la fissa. Eva ha freddo, ma non può nemmeno coprirsi. Ha una bambina piccola, ma vogliono darla ai servizi sociali. Si deve dimettere dalla vicepresidenza del Parlamento europeo. Viene sospesa dal suo partito, il Pasok. E nessuno verrà mai più a cercarla. L’hanno cacciata dal paradiso terrestre.
eva kaili il peccato di eva libro cover
Niente scrupoli C’è un peccato in politica che non ha più nulla d’originale: a quanti ladri ci siamo ormai abituati? Però c’è anche un tipo di penitenza che ci lascia spesso indifferenti: a quante torture giudiziarie ci siamo rassegnati? Il peccato di Eva — 220 pagine d’inchiesta romanzata eppure fedelissima agli atti giudiziari, scritta da Lodovica Bulian e da Giuseppe Guastella per le edizioni Fuori Scena — è la storia d’un castigo senza delitto, almeno fino a prova contraria.
Le cronache lo conoscono come il Qatargate: il primo, grande scandalo dell’Ue. Questo libro ce lo restituisce anche come un Belgiogate. Perché, tre anni dopo quegli arresti clamorosi e le dure galere di Bruxelles, la famiglia di Eva Kaili non s’è più ripresa, com’è nella violenza insita in qualunque imprigionamento:
nel gennaio 2023 ci volle un video scoop pubblicato dal Corriere , per mostrare al mondo che l’ingiustizia è uguale per tutti e la vicepresidente del Parlamento europeo, con la sua bambina, stava passando per la gogna riservata a milioni di detenuti meno conosciuti di lei («le immagini di un fagottino rosa — scrivono Bulian e Guastella — che nel civilissimo Belgio, culla dello spirito più progredito e visionario dell’Europa unita, due volte al mese è costretto a entrare in un carcere per vedere la sua mamma»).
È l’ hybris di un’incarcerazione senza scrupoli: la vita e la carriera di Eva sono uscite distrutte da un sistema inquisitorio belga, dicono Bulian e Guastella, due giornalisti mai impigriti sul copia-e-incolla degli atti giudiziari, «che lascia ampi spazi all’accusa e non è molto diverso da quello vecchio, superato e sostanzialmente iniquo di cui l’Italia è riuscita a sbarazzarsi nel 1989».
Nelle case di Eva e del suo compagno italiano, Francesco Giorgi, furono trovati imbarazzanti trolley imbottiti di centinaia di migliaia di euro. C’erano contatti coi lobbisti del Qatar, del Marocco, della Mauritania interessati a influenzare le scelte dell’Europarlamento.
Ma questo libro lancia un’accusa agli accusatori: nessuno oggi ha capito bene che peccato fu, il Qatargate. Non c’è ancora un capo d’imputazione, molte prove restano in gran parte indizi, il magistrato che indagava ha lasciato l’inchiesta perché — s’è scoperto — suo figlio lavorava con una deputata indagabile (e indagata solo dopo che quel giudice se n’è andato). Alla fine l’unico a pagare, con meno d’un anno ai domiciliari, è stato il personaggio-chiave della vicenda, l’ex eurodeputato Antonio Panzeri.
Comunque vada a finire la vicenda giudiziaria, che i magistrati chiariscano oppure no se Eva Kaili fosse una specie di Eva Kant, a Bulian e a Guastella preme di raccontare un’intrigante spy story di politici europei ed emissari arabi che si scambiano valigie di soldi. Prepotenze e debolezze: l’ambizioso giudice istruttore Michel Claise, un massone appassionato di Verne, che scrive gialli e sembra uscire da un plot di Simenon; le urla in carcere di Panzeri, l’ex sindacalista Cgil che confessa le mazzette («compriamo cravatte», era la parola in codice); gli sfiancanti interrogatori di Giorgi e la sua rivalsa finale, quando incastra un investigatore troppo disinvolto; la presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, lestissima a scaricare Eva…
(...)
Processo al processo «In questa storia sono state coinvolte molte persone — scrivono gli autori —. Finite in un modo o nell’altro nelle carte del Qatargate, chi dal primo momento, chi successivamente. Stupisce l’apparente facilità con cui siano stati esposti, anche quando su di loro non c’era nulla».
Il peccato di Eva è un processo al processo. Allo strapotere d’investigatori che hanno aperto inchieste «su elementi — dice Guastella — che da noi non basterebbero ad aprire nemmeno il fascicolo». Ai servizi d’intelligence belgi che, senza filtri né garanzie, possono entrare nelle inchieste giudiziarie. Al lobbismo, poco regolamentato a Bruxelles e per nulla in Italia.
«Ci si può legittimamente domandare se il Qatargate sarebbe comunque esploso, qualora fossero stati coinvolti personaggi di Paesi più influenti, come Francia e Germania». In questi anni di crisi mondiali e di guerre alle porte di casa, l’Europa s’è accorta (tardi) di non avere mai avuto una politica estera, né una difesa comuni. Quanto ci costi questo vuoto, lo stiamo vedendo. Il Qatargate dimostra che manca pure una giustizia comune europea: i peccati non sono uguali dappertutto, i peccatori non sono trattati allo stesso modo. E nel fango di Eva possono caderci tutti.
EVA KAILI LASCIA IL CARCERE
eva kaili lascia il carcere di bruxelles
KAILI MINOGUE - BY CARLI
EVA KAILI
EVA KAILI
FRANCESCO GIORGI EVA KAILI
eva kaili 1
EVA KAILI
eva kaili 2
antonio panzeri
eva kaili 3
eva kaili 6
eva kaili 5
EVA KAILI CON IL VELO
mantalena kaili
eva kaili lascia il carcere di bruxelles
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