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Sebastiano Messina per “la Repubblica”
Sin dai tempi dei governi di Unità Nazionale non è mai stato facile, essere un «partito di lotta e di governo». E ora cominciano a sperimentarlo anche i sindaci e i parlamentari del Movimento 5 Stelle.
Che nel giro di una settimana hanno dovuto cambiare precipitosamente rotta – in qualche caso arrivando a fare dietrofront – su questioni che prima erano solo dei totem da abbattere: le lobbies, ma anche gli aiuti di Stato alle banche, la discarica di Malagrotta, la polizia schierata in difesa della Tav e le Olimpiadi di Roma. Quello che ieri era tabù oggi è diventato improvvisamente lecito, anzi necessario, o addirittura doveroso.
Ricordate, per esempio, come tuonava Beppe Grillo il 25 gennaio 2013 contro il salvataggio del Monte dei Paschi da parte del governo Monti? «Che i 3,9 miliardi (per ripianare il deficit, ndr) debbano essere messi dal popolo italiano – scandì il leader del Movimento all’assemblea degli azionisti della banca senese - mi sembra una delle più grosse ingiustizie. Le aziende falliscono, tutte le aziende falliscono, la legge di mercato dice questo, se vai male, se sei gestito male, fallisci».
Sono passati tre anni e mezzo e Luigi Di Maio oggi teorizza al Financial Times l’esatto contrario: lo Stato deve salvare le banche italiane (a cominciare dal Monte dei Paschi) e l’Europa deve dare il suo benestare, perché far ricadere il deficit sugli azionisti e sui correntisti significherebbe «far pagare i cittadini per colpe che non hanno».
E bisogna tutelare non solo i piccoli risparmiatori, aggiunge Di Maio per dimostrare che ha imparato bene come funzionano i mercati finanziari, ma anche i gestori dei fondi di investimento, perché altrimenti si aprirebbero «problemi anche più gravi in termini di investimenti ». Gli aiuti di Stato alle banche passano dunque dalla categoria delle ingiustizie a quella delle soluzioni.
RAGGI DE VITO LOMBARDI DI MAIO FRONGIA
Come le lobbies, che fino all’altro giorno i grillini volevano chiudere in zone recintate, vietando loro anche solo di avvicinarsi alle aule delle commissioni, e che mercoledì sempre Di Maio ha incontrato alla Camera, scatenando sulla rete la prevedibile ira dei pentastellati.
E lui, dopo essere scivolato in una gaffe sulla «lobby dei malati di cancro», è stato costretto a precisare che «in Parlamento ci sono portatori di interessi negativi, come quelli degli inceneritori, e portatori di interessi positivi, come quelli appunto delle associazioni dei malati di cancro». E con tutti e due, intanto, bisogna trattare.
Altro dietrofront sulla grana dei rifiuti di Roma. Nella quale i Cinquestelle hanno sempre considerato il nemico pubblico numero uno Manlio Cerroni, “l’imperatore della monnezza”, padrone della megadiscarica di Malagrotta. Il leader dei suoi contestatori era il deputato romano Stefano Vignaroli, che arrivò ad accamparsi in tenda davanti alla discarica, e quando Cerroni fu arrestato prese la parola a Montecitorio per chiedere che la stessa sorte toccasse a chi faceva affari con lui.
Ebbene, dopo l’insediamento della Raggi, è stato proprio Vignaroli a rivolgersi alla società di Cerroni, il Co.la.ri (Consorzio Laziale Rifiuti) per chiedere lo smaltimento di 200 tonnellate di rifiuti. E dopo aver ottenuto il sì, se n’è anche vantato su Facebook: «Immaginate quanto mi sia costato, andarlo a chiedere al Co.la.ri!». Gli sarà costato tanto, però l’ha fatto.
Le cose cambiano, quando si passa dalle barricate alle stanze del potere, e anche i fatti si osservano con altri occhi. Sei anni fa Beppe Grillo partecipava agli assalti dei NoTav contro il cantiere di Chiomonte, ma lunedì – dopo gli ultimi scontri – la sindaca grillina di Torino, Chiara Appendino, ha espresso a sorpresa «solidarietà a tutte le forze dell’ordine che operano in difesa della sicurezza e della legalità», schierandosi dunque non con i manifestanti ma con la polizia.
E dopo di lei il presidente del Consiglio comunale, Fabio Versaci – un NoTav! – è stato addirittura più esplicito: «Ferma restando la mia personale contrarietà all’opera, credo che la violenza sia sempre da condannare». Naturalmente i NoTav non l’hanno presa bene, e dopo aver ripetuto che «gli atti di resistenza» loro li hanno sempre fatti (sottinteso: quando Grillo era con noi), hanno chiesto seccamente a sindaca e presidente: «Spiegateci un po’ come la fermereste voi, la Tav». Bella domanda.
E poi ci sono le Olimpiadi del 2024. Quelle di cui la sindaca di Roma, Virginia Raggi, in campagna elettorale diceva di considerare «criminale» il solo parlarne, «quando Roma muore affogata di traffico e di buche».
Oggi però anche quel “no” è diventato un “forse”: «Non siamo mai stati preclusi al dialogo», dice la Raggi, e non esclude un referendum- lampo: «Ottobre è un buon mese per tirare le somme». Sì, le cose cambiano: e anche molto rapidamente.
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