DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giovanna Vitale per “la Repubblica - Roma”
SALVATORE BUZZI - LUCIANO CASAMONICA - GIANNI ALEMANNO
Non ha mai conosciuto Massimo Carminati. I suoi collaboratori non intrattenevano rapporti con il boss di Mafia Capitale. Ergo: se i clan sono penetrati in Campidoglio, la colpa è solo ed esclusivamente dell’altro protagonista del sodalizio criminale, quel Salvatore Buzzi ras della cooperazione sociale che era uomo di sinistra radicato nella politica locale e già da anni in “affari” con le giunte rosse.
la cena poletti alemanno casamonica buzzi
Prova a discolparsi, Gianni Alemanno. Incassato il rifiuto dei pm, «a cui pure avevo chiesto di ascoltarmi», per la prima volta racconta la “sua” verità in Commissione Antimafia. Una lunga e tormentata auto-difesa, tutta tesa ad assolvere se stesso e i suoi uomini dall’accusa di aver aperto Palazzo Senatorio alla criminalità organizzata. Quarantacinque minuti per dichiarare «la mia completa estraneità rispetto ad ogni ipotesi di reato e alle connivenze che mi vengono attribuite»;
salvatore buzzi con il quarto stato alle spalle
per contestare di aver mai «percepito la presenza di infiltrazioni mafiose in Campidoglio»; per ribadire di non aver mai conosciuto Carminati, «neanche in carcere quando fui arrestato nell’82, a Rebibbia eravamo rinchiusi in due bracci diversi; d’altra parte nelle intercettazioni non c’è un solo contatto diretto con il sottoscritto, ma il tono di massimo disprezzo con cui parlava di me con altri interlocutori». Per smentire «la calunnia di Odevaine sul fatto che io avrei fatto da “spallone” insieme a mio figlio allora minorenne per portare soldi in Argentina».
Versione che tuttavia non convince i parlamentari, soprattutto la presidente Rosy Bindi: «Quello che impressiona leggendo le carte dell’inchiesta è che Alemanno poteva pure non avere rapporti diretti con Mafia Capitale, ma quelli che stavano intorno a lui li avevano eccome. Carminati sapeva tutto ciò che avveniva nel suo gabinetto, tutto sulle nomine».
Pronta, l’esponente del Pd, a richiamare l’ex sindaco alle sue responsabilità: non certo penali, che quelle «le accerterà la magistratura», ma «politiche ». E «oggettive per chi ha guidato un Comune e si è circondato di collaboratori legati al mondo criminale portato alla luce dalla Procura ». Dal capo segreteria Antonio Lucarelli agli ex ad di Eur spa e Ama, Riccardo Mancini e Franco Panzironi.
Smagrito, a tratti stizzito, Alemanno ci prova a ribaltare la tesi che vuole lui e il suo staff come il ventre molle di un’amministrazione colonizzata dai clan per succhiare soldi e appalti pubblici. Non va cercata lì la chiave che ha spalancato le porte del Campidoglio alla mafia — sostiene in sostanza l’ex colonnello di An — ma in uomo trasversale e insospettabile come Salvatore Buzzi.
Le cui cooperative hanno finanziato anche «le campagne elettorali di Ignazio Marino, di altri gruppi politici di destra e di sinistra, nonché le cene promosse dall’attuale premier Matteo Renzi». Un personaggio che «quando mi sono insediato come sindaco, si presentava come punto di riferimento imprescindibile, quasi un monopolista, nei diversi campi in cui poteva operare la cooperazione sociale.
Io ho provato a ridimensionare il suo ruolo egemone. E se non fosse avvenuta la retata del 2 dicembre scorso, tutto lascia credere che la 29 Giugno sarebbe cresciuta anche sotto l’amministrazione Marino». D’altra parte, «non potevo immaginare, né fu mai denunciato da alcuno, che dietro all’immagine di sinistra sociale di Buzzi si nascondesse un contatto diretto con Massimo Carminati».
Requisitoria innocentista che irrita non poco Rosy Bindi. Con la quale è subito battibecco allorché ad Alemanno si chiede di chiarire la successione tra le somme stanziate nel bilancio comunale a favore della 29 giugno e i bonifici alla Fondazione Nuova Italia. «Non c’è nessuna traccia in tutta l’ordinanza del gip di un collegamento tra versamenti fatti da Buzzi e le mie azioni amministrative come sindaco», sbotta l’ex primo cittadino.
«Ci sono possibili correlazioni temporali ma sono molto più lasche di quello che si è detto». E Bindi: «Dovrei definire lasca la sua risposta. La mia domanda nasce dalla verifica delle date: il giorno dopo in cui si sblocca la situazione, arrivano i finanziamenti».
ALEMANNO SI FA UN SELFIE COL TRICOLORE
Ma «quello per le comunali dato da Buzzi si aggira intorno ai 30 mila euro, su una campagna costata 1 milione 964 mila euro», tenta di controbattere l’altro. Ma la piddina non si tiene: «Chi lavora con un’amministrazione non può finanziare gli esponenti di quella amministrazione». Alemanno capisce che non è aria. «Non è compito di un sindaco lottare contro la mafia», sospira al termine di due ore di “interrogatorio”. Stavolta è Orfini a prendersi l’ultima parola: «Noi pensiamo esattamente il contrario».
LUCA ODEVAINE DURANTE LE OPERAZIONI DI SGOMBERO DEL CAMPO ROM DI VIA TROILI A ROMA
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