CAMERON AL BIVIO - IL VETO SULLA REVISIONE DEL TRATTATO DI LISBONA, QUINDI IN SOSTANZA USCIRE DALL’UNIONE EUROPEA PER NON FINIRE SOTTO SCHIAFFO DELLA GRANDE GERMANIA, MANDA IN TILT I LIBERALI DI CLEGG SUOI ALLEATI DI GOVERNO, DA UN LATO - DALL’ALTRO, SECONDO UN SONDAGGIO, IL 66% DEI CITTADINI BRITANNICI SAREBBE STATO D’ACCORDO CON CAMERON E ADDIRITTURA IL 60% DI LORO AVREBBE APPOGGIATO IL REFERENDUM, CALDEGGIATO DAI CONSERVATORI, PER CHIEDERE L’ADDIO DEFINITIVO AL VECCHIO CONTINENTE…

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Andrea Malaguti per "la Stampa"

La lettura del «Mail on Sunday» ha mandato di traverso la colazione a Nick Clegg. Come se in questa domenica mattina di dicembre lavata dalla pioggia, una luce improvvisamente eccessiva avesse affondato i sentimenti delicati o troppo fragili che fino a ieri accompagnavano l'azione politica del leader liberaldemocratico, europeista convinto e viceministro spesso imbarazzato ma stoicamente fedele del governo di coalizione.

Secondo un sondaggio commissionato dal quotidiano - molto amato dall'establishment di centrodestra - il 66% dei cittadini britannici sarebbe stato d'accordo con la decisone di David Cameron di porre il veto sulla revisione del Trattato di Lisbona e addirittura il 60% di loro avrebbe appoggiato il referendum, caldeggiato dai conservatori, per chiedere l'addio definitivo al Vecchio Continente. Una catastrofe per i libdem. E il contrario del suo progetto politico. E' stato allora che Clegg ha deciso di accettare un invito della Bbc per un'intervista a tutto campo, confortato dal fatto che anche Joe Lyman, giornalista economico della tv di Stato, sembrava pensarla come lui.

«Pochi Paesi in Europa hanno beneficiato quanto la Gran Bretagna di questo mercato unico da cinquecento milioni di persone». Perché allontanarsene, allora? Ha indossato la cravatta arancione e si è presentato negli studi nel cuore di Londra. «Sono profondamente amareggiato, temo l'isolamento e la marginalizzazione. Ma una crisi di governo ora si trasformerebbe in un disastro economico».

Non era più stato così aggressivo e incisivo dai tempi della campagna elettorale. Si era preparato anche una risposta perfetta sul sondaggio del Daily Mail. «Il compito di un leader non è quello di seguire il popolo, ma di guidarlo. Non è certo il caso di indire un referendum. Piuttosto dobbiamo riannodare i fili con l'Europa». Come se lo strappo di Bruxelles avesse precipitato il Regno Unito in uno scenario di provincia destinato a impallidire nella vastità smisurata di un mondo sempre più interconnesso.

«E' stata una cattiva scelta». Perfetto. Ma come la metterà da questa mattina con i colleghi dell'esecutivo? Lo scontro è destinato a diventare guerra aperta. Il ministro degli Esteri William Hague, thatcheriano convinto, ha provato a replicare che la posizione di Cameron era stata comunicata al vice primo ministro. «E non siamo certo più deboli in Europa».

Dichiarazione che non è servita a contenere la rabbia. Autorizzati dallo sfogo del proprio capo, i parlamentari liberaldemocratici si sono scatenati con accuse e recriminazioni e anche un vecchio saggio come Lord Ashdown ha bollato il diritto di veto esercitato dal primo ministro come «una catastrofe», senza nascondere la voglia di togliere dalla faccia del premier quell'espressione soddisfatta incardinata a un egoismo privo di rimorsi. La domanda nascosta di ogni dichiarazione era sempre la stessa: «Cameron ha fatto gli interessi del Paese o semplicemente gli affari suoi e del suo partito?».

Un interrogativo che il leader dell'opposizione, Ed Miliband, si è incaricato di esplicitare. «Clegg dice la verità. Quella di Cameron è stata una cattiva decisione. E non per una teorica forma di inutile europeismo, ma perché porterà alla perdita di rapporti commerciali e di posti di lavoro nel nostro Paese. Il primo ministro non ha difeso la City, ma ha semplicemente cercato di risolvere le questioni interne al partito conservatore». Un peccato mortale o la vecchia idea Tory che esista sempre un tempo per salpare verso l'India di un sogno? Non sosteneva infatti De Gaulle che: «Quando c'è da decidere tra l'Europa e l'Atlantico gli inglesi scelgono sempre la via del mare»? Un'attitudine romantica che stavolta potrebbe aver trasformato un grande Paese nella parodia di una potenza in miniatura. E il futuro del governo di coalizione non è mai stato così incerto.

 

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