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Rocco Cotroneo per il “Corriere della Sera”
JOAO SANTANA - LULA - DILMA ROUSSEFF
Lula sfida i magistrati e i milioni di brasiliani che hanno sfilato contro di lui nel fine settimana e decide di tornare al governo. Tratta con la presidente in carica Dilma Rousseff un’alchimia assai controversa e alla fine viene nominato ministro della Casa Civil, una sorta di premier del governo, coordinatore dei rapporti con i partiti alleati.
Per l’opposizione è un sotterfugio: sarà lui il vero leader del Brasile in quel che resta di questa fallimentare legislatura della Rousseff, tra una crisi economica profonda e la Tangentopoli locale che sta spazzando via il sistema da lui messo in piedi all’inizio dello scorso decennio. E Dilma? «D’ora in poi sarà una regina d’Inghilterra, ha deciso di rinunciare a governare», è uno dei commenti più diffusi.
DILMA ROUSSEFF E LULA DA SILVA
La nomina ha scatenato le proteste di migliaia di persone nelle principali città. A Brasilia una folla ha circondato nella notte il palazzo della presidenza, soprattutto dopo che la polizia ha diffuso l’intercettazione di una telefonata tra Lula e la Rousseff. Dalla quale si evincono le vere motivazioni della nomina: «Te lo mando (il decreto di nomina, ndr) , ma usalo solo in caso di necessità», dice Dilma a Lula.
Da ministro, l’ex presidente sfuggirà alla giustizia ordinaria, cioè all’agguerrita procura di Curitiba che indaga sulle mazzette Petrobras, perché la legge brasiliana riserva alle cariche politiche la corte più alta, e cioè il Supremo Tribunal Federal. Lula è indagato per un attico e una casa di campagna dove ci sarebbero state regalie interessate di società di costruzioni.
DILMA ROUSSEFF E LULA FOTO LAPRESSE
Un magistrato di San Paolo ne ha chiesto addirittura l’arresto. Ma con alcuni dei suoi fedelissimi diventati collaboratori di giustizia pur di lasciare la galera, Lula potrebbe trovarsi presto accusato di molto peggio, e cioè di aver coordinato nomine e finanziamenti illeciti al Pt, il partito che ha fondato negli anni Ottanta e del quale è ancora leader assoluto. E poi c’è l’impeachment che pende sulla Rousseff: solo Lula può sperare di smontare i numeri alla Camera e al Senato che condannerebbero la presidente, ormai abbandonata al suo destino da partiti satelliti e leader di svariati interessi locali.
lula e dilma sulla piattaforma petrolifera
Quel che resta della sfilacciata sinistra brasiliana — umiliata dalle gigantesche manifestazioni di piazza degli ultimi tempi organizzate dalla destra — spera che con l’entrata in campo del vecchio fuoriclasse alla metà del secondo tempo si possa ancora ribaltare il risultato. La situazione è talmente disperata che il leader già osannato nel mondo per aver trasformato il Brasile, che lasciò il governo con l’85% di consensi, accetta oggi di mostrarsi come l’uomo che scappa dai giudici. Ma non ha altra scelta per salvare la faccia al ciclo storico che ancora porta il suo nome, e magari per potersi candidare di nuovo nel 2018. Il governo smentisce che Lula avrà super poteri, ma è possibile che dica la sua anche sull’economia, dove le scelte della Rousseff finora non hanno dato esito.
L’opposizione cercherà di fermare la nomina di Lula nei tribunali, sostenendo che è illecita e finalizzata soltanto a salvare l’indagato.
La stessa Rousseff potrebbe essere accusata di intralciare le Procure. Da ieri per il Brasile è iniziata dunque una nuova fase, ma tutto quel che è successo negli ultimi due anni è ancora lì: manager e politici in galera, rivelazioni imbarazzanti, recessione e inflazione, la maggioranza dei cittadini che spera di mandare a casa la presidente e vedere Lula in galera. Invece se lo ritrovano a guidare il Paese con una fittizia poltrona da ministro. Ma la protesta di ieri sera potrebbe azzerare tutto. Se salta la nomina di Lula, anche Dilma cadrebbe insieme a lui.
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