
DAGOREPORT – IL GOVERNO RECAPITA UN BEL MESSAGGIO A UNICREDIT: LA VALUTAZIONE DELL’INSOSTENIBILE…
Paolo Biondani per “l’Espresso”
Un dirigente sanitario di fede leghista si è fatto sequestrare le liste dei raccomandati di partito collocati ai vertici dei grandi ospedali lombardi. I documenti, scoperti durante una perquisizione collegata all'inchiesta sull'Expo di Milano, contengono l'elenco dei 45 direttori generali della sanità lombarda. In teoria dovrebbero essere tecnici impermeabili alle pressioni politiche, selezionati fra i professionisti più capaci e meritevoli. Accanto a ogni nome, invece, su queste liste c'è la sigla del partito di riferimento. E dei protettori politici di quei super funzionari.
Per i magistrati di Milano le carte sequestrate sono sconfortanti. Vent'anni dopo Tangentopoli, gli ospedali della regione più ricca d'Italia continuano a essere governati con il vecchio sistema della lottizzazione: la spartizione selvaggia delle cariche pubbliche tra i partiti e i capi-corrente. L'unica differenza rispetto agli scandali del passato è che nella Lombardia di oggi a farla da padrona sembra essere la Lega, che secondo questi atti controlla da sola quasi metà di quelle poltrone da 15 mila euro al mese.
I documenti sulla lottizzazione delle nomine sono stati trovati per caso dalla polizia giudiziaria della Procura di Milano durante le indagini che, partendo dal misterioso suicidio di un funzionario della sanità milanese indagato per 'ndrangheta, sono poi arrivate a scoperchiare anche le tangenti sugli appalti dell'Expo 2015.
Un troncone di questa maxi-inchiesta è tuttora aperto e riguarda proprio gli affari dei grandi ospedali lombardi, inquinati da reciproci favoritismi tra imprese private, politici e dirigenti pubblici. E così, in mezzo a migliaia di atti ormai depositati nei processi, ora spuntano un paio di carte che i pubblici ministeri continuano a utilizzare, negli interrogatori di questi mesi, come "documenti-cornice", in grado di mettere in evidenza il quadro generale.
PROTETTI E PROMOSSI
Si tratta, in particolare, di due liste riservate, scritte e annotate a penna nei primi mesi del 2013, nello stesso periodo delle elezioni che hanno consegnato la presidenza della Regione Lombardia alla Lega di Roberto Maroni. Numerosi direttori di Asl e ospedali vengono però etichettati (anche o soltanto) come «fedelissimi» dell'attuale leader Matteo Salvini, che già allora, sull'onda delle inchieste sulle ruberie dei tesorieri della Lega nell'era di Umberto Bossi, era diventato il numero due del partito in Lombardia. L'elenco dei presunti lottizzati riguarda anche Forza Italia e le altre componenti del centrodestra. E sembra fotografare la mappa del potere e sottopotere lombardo nei mesi cruciali della crisi di Forza Italia, che qui è coincisa con la fine dei quasi vent'anni di dominio dell'ex governatore ciellino Roberto Formigoni, oggi europarlamentare, finito sotto processo per corruzione proprio con l'accusa di tangenti multi-milionarie sulla sanità.
FEDELISSIMI E CANI SCIOLTI
Il primo documento è un elenco dei direttori generali delle 15 Asl e dei 30 ospedali più importanti della Lombardia. L'originale sembra stampato al computer e si presenta come una tabella divisa in colonne: accanto alla città c'è il nome del manager pubblico in carica all'inizio del 2013. A fianco qualcuno ha aggiunto a penna, in stampatello, la sigla «L», che si ripete per 20 volte, mentre altri 24 nomi sono targati «Pdl».
Solo in una provincia periferica appare la scritta «Pd», riferita a un direttore generale che la stessa Regione Lombardia ha però sostituito d'autorità già nella primavera 2013, «commissariando» la sua Asl. A togliere ogni ipotetico dubbio sul significato politico delle sigle L, Pdl e Pd è il secondo documento, interamente scritto a penna e sequestrato allo stesso dirigente leghista, di cui i magistrati hanno evitato di rivelare il nome, probabilmente perché è coinvolto nel troncone d'inchiesta ancora in corso. In questa lista i manager sanitari vengono collegati, invece che alle sigle dei partiti, ai loro presunti protettori politici.
Ad esempio, accanto al nome di Maria Cristina Cantù, che tra il 2012 e il 2013 ha guidato gli ospedali di Gallarate e poi di Monza, c'è questa scritta: «Fedelissima Salvini/Maroni». Dalla primavera del 2013, in effetti, l'ex dirigente pubblica è entrata ufficialmente nella Lega come assessore alla Famiglia della giunta Maroni. Con la targa di «fedelissimo di Salvini» vengono poi segnalati diversi altri "tecnici", come Walter Locatelli, numero uno della ricchissima Asl di Milano; Renato Pedrini, che controlla la sanità in Val Camonica; Ermenegildo Maltagliati (Garbagnate, Milano) o Danilo Gariboldi (Chiari, Brescia).
La stessa lista dei presunti sponsor politici attribuisce ai manager degli ospedali lombardi una griglia di valutazioni molto singolari: si va da «fedelissimo» a «cane sciolto», passando per «bravo», «medio», «non bravo», «pessimo». Questi giudizi sono spesso accompagnati da note sulla maggiore o minore «disponibilità» verso il partito. Il direttore di un grande ospedale della Brianza, ad esempio, viene schedato come «cane sciolto», dunque «pessimo», ma con questa spiegazione: «Non risponde! L'unico che può allinearlo è Bruno Caparini». Che è uno dei fondatori della Lega, amicissimo di Bossi e padre di un politico lumbard che è onorevole a Roma fin dal 1996.
DIRETTORI IN COMPROPRIETÀ
A Maroni personalmente viene attribuito un tesoretto di sei direttori generali sparsi da Varese a Lodi. Altri manager della sanità vengono invece collegati, con tanto di frecce, a leghisti lombardi come Stefano Galli o Davide Boni. In due casi, accanto al nome del governatore, tra gli amici del manager ospedaliero compare un blocco di politici, chiamato «gruppo Varese», che comprende il sindaco leghista Attilio Fontana. L'attuale leader Matteo Salvini però è l'unico che può vantare alcuni fedelissimi in "comproprietà" con il varesino Maroni, altri con il bresciano Caparini.
Se la seconda lista è totalmente manoscritta, anche la parte stampata della prima non risulta scaricata da Internet: sembra invece la fotocopia di un atto interno della Regione Lombardia, proveniente dal «Comitato ristretto di assessori» che governa la sanità e i servizi sociali alle famiglie.
Nelle ultime colonne della tabella, infatti, ci sono i punteggi assegnati per calcolare i bonus: i premi variabili concessi ogni anno ai direttori generali, in aggiunta allo stipendio di 155 mila euro. Il problema è che quei punteggi ufficiali non coincidono affatto con i giudizi politici sulla presunta bravura dei tecnici «fedelissimi» o «cani sciolti».
La seconda lista, insomma, non misura gli ipotetici meriti sanitari, ma sembra un documento da utilizzare all'interno della Lega, per sapere quali dirigenti sono pronti a obbedire al partito e quale politico possa «allineare» gli altri. Su 45 direttori schedati nelle liste leghiste, solo uno, Alberto Zoli, responsabile dell'area di emergenza, viene indicato come «ottimo tecnico: no politica».
I magistrati di Mani Pulite, vent'anni fa, consideravano la lottizzazione delle nomine come l'anticamera della corruzione. La Costituzione infatti stabilisce che alle cariche pubbliche dovrebbero accedere solo tecnici indipendenti, selezionati con pubblici concorsi rigorosi e imparziali. Se invece un raccomandato deve il posto a un partito, diventa più difficile resistere alla tentazione di ricambiare i favori al protettore politico e alle imprese che gli finanziano la campagna elettorale.
salvini balla con marine le pen
IL REATO CANCELLATO
Proprio per questo, ai tempi di Tangentopoli, era reato la lottizzazione in sé. Una contro-riforma del 1997 ha però dimezzato l'accusa di abuso d'ufficio, legalizzando così i raccomandati dei partiti. Ora la lottizzazione, anche quando è provata, può diventare solo un indizio di un sistema corruttivo.
Come è già successo proprio in questa inchiesta. Gianstefano Frigerio, ex tesoriere democristiano condannato per una marea di tangenti nel 1992-1994, quindi eletto parlamentare di Forza Italia nel 2001, quando era già pregiudicato, è stato riarrestato nel 2014 come burattinaio politico degli appalti dell'Expo. L'indagine, che gli è già costata una nuova condanna, ha svelato che Frigerio controllava anche una sua rete di dirigenti sanitari, con cui manovrava appalti per decine di milioni nei grandi ospedali lombardi.
Ora le liste leghiste forniscono un nuovo riscontro: vari direttori targati Pdl vengono associati alla coppia «Frigerio / Lucchina». Il ciellino Carlo Lucchina era il direttore generale di tutta la sanità regionale ai tempi di Formigoni. Frigerio invece era l'eminenza grigia dell'ala berlusconiana. Quando è stato riarrestato, non aveva più alcuna carica ufficiale. Eppure riceveva nel suo ufficio riservato una dozzina di direttori generali, tutti rimasti in carica.
E ad alcuni di loro, come Mauro Lovisari, che guida la sanità a Lecco, le liste leghiste attribuiscono ben tre protettori politici: Galli, Lucchina e Frigerio. Ovvero: Lega, Cl e Forza Italia. Esclusivamente Pdl è invece la copertura attribuita ad altri manager di lungo corso, come Pietro Caltagirone, da vent'anni ai vertici della sanità lombarda nonostante una condanna definitiva per aver truccato gare d'appalto nei suoi ospedali: già ai tempi di Formigoni, infatti, la maggioranza Lega-Pdl ha varato una versione morbida della legge Severino, che ha tolto ogni ostacolo alla nomina di quel particolare tipo di pregiudicati.
2. LA REPLICA DI MATTEO SALVINI
"Io sarei il 'Re della lottizzazione' in Lombardia? Ridicolo, non sanno più a cosa attaccarsi. Ora attendo di essere accusato di rapina, aggressione e spaccio di droga... Se la Lega fa così paura, vuole dire che siamo sulla strada giusta!"
MATTEO SALVINI COME RENATO POZZETTO
marine le pen matteo salvini
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