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DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA…
Stefania Maurizi per “la Repubblica”
WikiLeaks ha appena festeggiato i dieci anni, quattro dei quali trascorsi dal cofondatore Julian Assange in reclusione nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra dove “Repubblica” lo ha intervistato.
Lei all’inizio pensava che il ruolo più importante per WikiLeaks sarebbe stato in Cina, nell’ex Unione Sovietica e in Nord Africa. Invece gran parte delle vostre rivelazioni riguardano gli Stati Uniti, e in particolare le guerre e le violazioni dei diritti umani che hanno spinto figure come Chelsea Manning a compiere atti di denuncia. Perché abusi simili non producono gli stessi effetti in Cina o in Russia?
«In Russia, ci sono molte pubblicazioni vivaci, blog e critici del Cremlino come Alexey Navalny. Ci sono anche giornali come Novaya Gazeta, su cui diverse parti della società moscovita possono criticarsi a vicenda e questo è, di norma, tollerato. E quindi io interpreto così le cose: in Russia esistono realtà che competono con noi mentre nessuno del nostro staff parla russo.
Dove c’è una cultura forte bisogna essere percepiti come un protagonista locale. WikiLeaks invece è un’organizzazione che parla soprattutto inglese. Abbiamo pubblicato oltre 800mila documenti con informazioni sulla Russia o su Putin. Ma la maggior parte delle nostre rivelazioni proviene da fonti occidentali, anche se ci sono importanti eccezioni. Per esempio, abbiamo diffuso 2 milioni di documenti sulla Siria e su Assad. La vera discriminante è quanto quella cultura è distante dall’inglese. La cultura cinese lo è molto».
WikiLeaks ha pubblicato documenti su Hillary Clinton e sui Democratici Usa, soprattutto nelle ultime settimane della campagna presidenziale. Per questo siete stati accusati di “killeraggio mediatico”.
«Non sono d’accordo. Pubblichiamo documenti sulla Clinton da anni, vista la sua posizione di segretario di Stato: abbiamo reso noti i suoi cablo fin dal 2010. Per questo è naturale che le fonti che hanno informazioni su Hillary Clinton vengano da noi».
E Donald Trump?
«Sono combattuto: Hillary Clinton e la sua rete di potere hanno condannato una delle nostre presunte fonti, Chelsea Manning, a 35 anni di carcere e, stando all’Onu, l’hanno torturata affinché mi coinvolgesse personalmente. Secondo i nostri files, Hillary Clinton è stata la paladina e l’architetto della guerra contro la Libia.
È chiaro che ha perseguito quella guerra come preparazione alla corsa presidenziale: un conflitto che ha prodotto la crisi dei rifugiati in Europa, ucciso oltre 40mila persone in un anno in Libia mentre le armi libiche sono finite in Mali e in altri Paesi, causando o fomentando guerre civili, inclusa la catastrofe siriana. Se qualcuno agisce in questo modo, allora ci sono conseguenze. E si creano nemici interni ed esterni. Ora, la domanda da farsi è cosa significa Trump».
Cosa crede significhi?
«L’elezione di Hillary Clinton avrebbe rappresentato un consolidamento dell’élite di potere. Donald Trump invece non è un insider di Washington, sta raccogliendo intorno a sé altri ricchi e personaggi stravaganti: al momento si tratta di una struttura debole, che sta subentrando e destabilizzando la vecchia rete di potere. E’ una nuova rete che si evolverà rapidamente, ma al momento i buchi che presenta significano opportunità di cambiamento: in peggio e in meglio».
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