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Virginia Piccolillo per il “Corriere della Sera”
salvatore girone Massimiliano Latorre
Mai più militari italiani in azioni antipirateria Nato. Lo ha annunciato ieri alla Camera, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, anticipando anche lo stop dell’invio di fucilieri di Marina sulle navi mercantili. Una svolta politica legata alla vicenda Marò che, a distanza di tre anni dal fermo di Salvatore Girone e Nicola Latorre per l’uccisione di due pescatori del Kerala, ancora non trova una soluzione giudiziaria, né diplomatica.
Da allora in attesa di una formulazione del capo di accusa, Girone è ai domiciliari in ambasciata a New Delhi, dove Latorre, in Italia per i postumi di un intervento, dovrebbe tornare il 12 aprile. Ma, dopo infiniti rinvii, la Corte di giustizia di New Delhi si è aggiornata a luglio. Una situazione che lo stesso ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ieri ha definito «inaccettabile», auspicando una «soluzione a breve».
Salvatore Girone Massimiliano Latorre
La decisione di ritirare il nostro contingente dalla missione Ocean Shield nel Corno d’Africa è stata subito commentata da una secca nota della Nato: «Rispettiamo la decisione dell’Italia, che continua a giocare un ruolo chiave nella difesa collettiva dell’Alleanza». «L’Italia — ha rimarcato il comunicato — ha contribuito attivamente sin dal 2009, anno di lancio, alla missione» che «ha avuto un effetto deterrente molto importante».
«Alla buon’ora», ha commentato invece, con soddisfazione, il leghista Gianluca Pini, rivendicando un emendamento al decreto missioni che, approvato a maggioranza, aveva impegnato il governo a fare questo passo già dallo scorso agosto. E ha aggiunto: «Non dargli attuazione sarebbe stata una violazione di legge».
Non verrà interrotto l’invio di militari italiani nella missione antipirateria europea Atlanta, perché, ha spiegato il ministro Pinotti «se un nostro mercantile viene assalito, non avere nessuna nave italiana in quell’area colpisce direttamente un interesse nazionale. Non è la stessa cosa rivolgersi ad una unità straniera».
La mossa apre un nuovo scenario nella complicata vicenda dei marò. Rafforzando la richiesta dell’Italia di un arbitrato internazionale. Il tentativo del governo è ora quello di far anticipare l’udienza di luglio, e, in quella sede, chiedere che i marò attendano l’esito del giudizio in Italia.
LA PETROLIERA ENRICA LEXIE NEL PORTO DI KOCHI IN INDIA
Contemporaneamente la decisione segna la parola fine al pasticcio nato con il protocollo d’intesa Confitarma che prevedeva la presenza di fucilieri sulle navi mercantili per contrastare i pirati. Era il 2011 quando l’allora ministro Ignazio La Russa lo firmò. Dopo pochi mesi, nel febbraio del 2012, per i due marò, in servizio sulla Enrica Lexie , che si sono sempre proclamati innocenti, iniziò l’incubo giudiziario di un’accusa che c’è ma non c’è.
Lo stop alla missione Nato è stato comunque giustificato dal ministro della Difesa con «la diminuzione degli attacchi dei pirati, nonché l’ormai avvenuto perfezionamento delle procedure che consentono di ricorrere a compagnie private di sicurezza». Ma l’opposizione chiede di fare di più per i marò. «Insufficienti le dichiarazioni di Gentiloni e Pinotti: il governo informi al più presto il Parlamento sulle trattative in corso con l’India», dice Elio Vito (FI). E il M5S twitta: «Roberta Pinotti risparmi il fiato. Il caso marò è una vergogna».
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