
DAGOREPORT – PUTIN NON PERDE MAI: TRUMP ESCE A PEZZI DALLA TELEFONATA CON “MAD VLAD”. AVEVA…
Paolo Festuccia per "La Stampa"
Sarà solo una coincidenza ma da quando ha dato dell'«orango» al ministro Kyenge, in gabbia c'è finito Roberto Calderoli. Perché da quel 14 luglio, nonostante l'omaggio floreale alla ministra e le scuse in aula (due giorni dopo, ma senza rassegnare le dimissioni), «perché con quelle parole ho reso nocumento all'immagine dell'istituzione cui mi onoro di appartenere», l'ex ministro per la Semplificazione non è più salito nello scranno più alto di Palazzo Madama per presiedere l'assemblea.
Avranno pesato su di lui le critiche dei colleghi? Le prese di posizione dell'Onu? Le reiterate richieste di dimissioni avanzate dal premier Enrico Letta («Calderoli si deve dimettere...»).
O, chissà , ancora di più il sintetico ma nettissimo commento del presidente del Senato Pietro Grasso: «Parole inaccettabili». Fatto sta che dal 15 luglio scorso il vicepresidente del Senato Calderoli, e in molti lo hanno notato, si è completamente eclissato dalla poltrona più rappresentativa di Palazzo Madama. E non si può dire che le occasioni siano mancate, vista l'affollata attività della ultime due settimane tra decreti e discussioni in aula. Ma della presenza di Calderoli nessuna traccia.
Non ci possono essere dubbi di sorta - come ci illuminano gli ufficialissimi resoconti delle presidenze - ci sono un po' tutti i vice di Grasso tranne l'esponente leghista. A farla da padrone, un vero stakanovista, è stato certamente lo stesso Pietro Grasso, che ha guidato dallo scranno più importante i lavori dell'Aula per ben 35 ore e 37 minuti, ovvero per il 65,7% del tempo dei lavori parlamentari.
Ma anche gli altri aventi diritto, i vicepresidenti, non sono stati da meno: Maurizio Gasparri (Pdl) ha presieduto le sedute per 14 ore e tre minuti; Linda Lanzillotta (Scelta Civica) per 12 ore e sette minuti, Valeria Fedeli (Pd) per 4 ore e un minuto.
Solo un ingenuo potrebbe pensare che sia un semplice frutto della casualità il fatto che l'ex ministro leghista delle Riforme Istituzionali e della Semplificazione non sia riuscito a mettere a segno neanche un minuto né uno straccio di presenza. Niente, insomma, da quel 15 di luglio: né durante le riunioni mattutine né in quelle pomeridiane. Un vero giallo, un rebus sul quale a Palazzo Madama in tanti si interrogano ma che nessuno riesce a svelare. Un giallo la cui soluzione evidentemente sta nei meccanismi e nelle usanze parlamentari.
E la cui chiave di lettura sembra proprio evidentemente essere la inqualificabile uscita contro il ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge. Che pure aveva graziosamente e con nonchalance accettato le scuse dell'esponente leghista, e stretta la mano del suo offensore. Probabilmente, si dice a Palazzo Madama, Calderoli non ha valutato che la sua offesa avrebbe potuto, com'è stato purtroppo, avere un seguito ed essere ripresa da altri. Coincidenza vuole che da allora non abbia più presieduto neanche un minuto di seduta parlamentare. Insomma, «esautorato» almeno per il moment
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