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Liana Milella per repubblica.it - Estratti
No al carcere per una diffamazione, “ma il diritto di cronaca non significa immunità”. Ecco il nuovo slogan di Enrico Costa, il responsabile Giustizia di Azione che sfrutta il ddl sulla Cybersecurity del governo - ok in Cdm il 25 gennaio, in lettura alla Camera in commissione Giustizia, emendamenti in scadenza ieri - per introdurre una nuova misura draconiana contro il giornalista che, conoscendone la provenienza, pubblica materiali frutto di un reato, come gli accessi abusivi ai sistemi informatici o le intercettazioni anch’esse abusive. In questo caso la pena prevista va da sei mesi a tre anni. E Costa chiosa il tutto così: “Il giornalista va punito perché questo non è diritto di cronaca”.
E c’è il carcere, anche se “solo” fino a 30 giorni, se pubblichi intercettazioni non pubblicabili, mentre scattano le multe - da 3 a 10mila euro - per atti come l’ordinanza di custodia che non si può rendere pubblica, e da 10 a 20mila se di mezzo ci sono anche le intercettazioni. Ovviamente Costa inasprisce anche le regole per consentire gli accessi alle banche dati delle polizie. Non basterà più una semplice password, ma sarà necessario il rilievo biometrico. Ovviamente il caso Striano fa da sfondo alle nuove misure.
Gli emendamenti di Costa faranno discutere, soprattutto dopo quelli del capogruppo al Senato, il meloniano Gianni Berrino, che ha proposto il carcere oltre 4 anni e multa fino a 120mila euro per il cronista che pubblica notizie false sapendo che lo sono.
Sono una decina le proposte di Costa alla Camera, a cui si aggiunge anche una nuova richiesta di stretta sull’uso della microspia Trojan che lui stesso aveva già presentato l’anno scorso nel decreto Mantovano sulle intercettazioni per i reati associativi. Stessa proposta da Forza Italia, ma bocciate entrambe.
Ma vediamo nel dettaglio quali sono gli emendamenti più rilevanti. A partire da quello che prevede il carcere per la pubblicazione di materiali frutto di un accesso abusivo di cui il cronista ha consapevolezza.
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