DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Ilario Lombardo per "la Stampa"
Mario Draghi lascia che siano due suoi predecessori a cercare di arginare Matteo Salvini. Dopo Enrico Letta, che domenica aveva intimato al leghista di scegliere tra il governo e l' opposizione, si fa vivo Giuseppe Conte, sempre più proiettato verso la leadership del M5S. «Bisogna scegliere da che parte stare: se da quella di chi soffia sul fuoco o da quella di chi si rimbocca le maniche per spegnere l' incendio».
La raccolta firme lanciata da Salvini per spostare il coprifuoco alle 23 non poteva non scatenare una reazione tra gli alleati di governo, che in questo modo esprimono tutto il disagio di trovarsi in coabitazione con il leghista. Contro Salvini, Conte cerca una strada per aprire un dialogo con Palazzo Chigi, in vista della sua investitura a leader, e salda l' alleanza con Letta e il Pd.
Non cita mai il capo del Carroccio, ma si rivolge ai ministri leghisti, consapevole di buttare sale sulle fratture interne al partito di centrodestra: «Cosa faranno adesso?
Si accoderanno ad apporre le proprie firme all' iniziativa propagandistica contro il coprifuoco o si dissoceranno?».
Anche Draghi, raccontano fonti di governo, non ha preso bene l' iniziativa, soprattutto non dopo che la Lega aveva già clamorosamente scelto la strada dell' astensione in Consiglio dei ministri sul decreto delle riaperture. Un precedente che per il premier doveva rimanere isolato e che non tollererà nuovamente se dovesse riproporsi. E che ora costa un altro cortocircuito tra maggioranza e opposizione. Perché Salvini da una parte risponde a Letta e Conte («insultano perché non si fidano degli italiani»), dall' altra è costretto a prendere le distanze da un ordine del giorno di Fratelli d' Italia sul coprifuoco alle 23. Non è facile per Draghi trovare un equilibrio con i partiti.
Ogni giorno che passa lo intuisce sempre un po' di più. L' idea di una maggioranza che avrebbe lasciato da parte gli attrezzi della propaganda per rimboccarsi le maniche e lavorare a un piano di rinascita comune dell' Italia si è già infranta contro la voglia di piazza di Salvini e le frustrazioni dei partiti decisi a ritrovare una propria centralità politica.
Il presidente del Consiglio ha scelto poche, precise parole, durante il suo discorso di ieri in Aula, alla Camera, per lasciare due precisi messaggi.
Il primo rivolto ai partiti che, come poi faranno anche i sindacati in una nota comune, lamentano uno scarso coinvolgimento sulla stesura del Piano di rinascita e di resilienza. Cita il Parlamento, lo ringrazia per l'«impulso politico» che anima tutto il piano, per l' attenzione posta su ambiente, giovani, donne e mezzogiorno. Un passaggio che è anche frutto di un lavoro diplomatico e di una riunione, convocata attorno all' ora di pranzo, tra le forze di maggioranza e il ministro dei Rapporti con il Parlamento Federico D' Incà, per buttare giù la risoluzione che coronerà la discussione sul Recovery plan.
Durante l' incontro in tanti prendono la parola e tutti i rappresentanti dei partiti, che manifestano la propria delusione per aver partecipato poco alla stesura del Recovery, chiedono di avere maggiori garanzie nella fase di implementazione del piano attraverso le riforme che partirà il 30 aprile.
Ma già durante l' ultimo Cdm, sabato notte, D'Incà aveva chiesto a Draghi di andare incontro alle richieste dei parlamentari, pur consapevole che la marginalizzazione del lavoro di deputati e senatori non è un problema che nasce con questo governo. Il premier non ha problemi a concedere un passaggio, ma lo accompagna con un secondo messaggio sempre rivolto ai partiti, per spronarli a superare «miopie» e «visioni di parte», e a realizzare i progetti senza ritardi e inefficienze.
Sa che c'è un pantano storico in Italia, che ha inghiottito tutte le buone intenzioni dei suoi predecessori, e ora vuole spendere tutto il credito di cui gode nel Paese e in Europa per poterlo evitare. Quando cita la «governance» del Pnrr, che tanto agita i partiti e i sindacati, non fa nemmeno un accenno al loro coinvolgimento diretto nella cabina di regia, come chiedono. Liquida la governance con una battuta: «Quella che altri chiamano così», dice con un sorriso che la mascherina non riesce a nascondere.
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