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Alberto Gentili per “Il Messaggero”
«Bene, Grillo viene a Canossa. E’ il segno che è in grossa difficoltà. Ora andiamo a vedere...». Matteo Renzi non trattiene un sorriso e moto di «pura soddisfazione» quando, nella sua casa di Pontassieve, apprende dell’invito di Beppe Grillo e di Gianroberto Casaleggio a discutere della riforma elettorale, riconoscendogli per di più una «legittimazione popolare».
Per il premier e segretario del Pd, l’inedita disponibilità dei Cinquestelle è la prova della «centralità» assunta dalla sua leadership e dal Partito democratico. «Abbiamo vinto le elezioni alla grande, governiamo e governeremo per altri 4 anni e soprattutto abbiamo dimostrato una determinazione granitica a fare le riforme. Ebbene ora tutti, Lega compresa, cominciano ad aprire gli occhi. Ma di certo non azzeriamo l’Italicum e tutto ciò che abbiamo fatto finora».
TRATTATIVA IMPOSSIBILE
Renzi non vede un accordo con i Cinquestelle sulla legge elettorale tra le cose possibili. «Io sono disponibile e incontrarli come incontro tutti, e voglio incontrarli in streaming, alla luce del sole, così poi evitiamo resoconti distorti, giochini sgradevoli e frottole su presunti patti segreti», ha confidato ai suoi. «Ma posso dire fin d’ora che se ci vengono a dire che la loro proposta non è modificabile, non se ne farà nulla».
Non se ne farà nulla, perché la bozza di riforma confezionata da Grillo e Casaleggio, per il premier «è inaccettabile». «Quello è proporzionale puro, un proporzionale che riporterebbe le lancette del Paese indietro di 25 anni, al pentapartito di democristiana memoria», ragiona Renzi, «ed è davvero curioso che i Cinquestelle preferiscano, al cittadino arbitro che vota e decide chi governa, i pasticci da Prima Repubblica, quando dopo le elezioni erano gli intrighi di palazzo a far nascere esecutivi della durata di pochi mesi».
Invece, come detta in un comunicato il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, «per noi la legge elettorale deve garantire governabilità, potere dei cittadini di scegliere da chi essere governati, certezza di chi vince e chi perde fin dalla sera delle elezioni».
Insomma, sul merito la distanza è abissale. L’ipotesi di un intesa lunare. Ma la mano tesa di Grillo e Casaleggio, oltre a certificare la centralità del Pd, per Renzi rappresenta un’occasione ghiotta. Non per stracciare il “patto del Nazareno” sull’Italicum con Silvio Berlusconi («non rinnego nulla, le riforme devono essere condivise»), ma per spingere il leader di Forza Italia «a decidersi una volta per tutte».
«Non scaricheremo l’ex Cavaliere», dice uno dei più stretti collaboratori del premier, «ma avere davanti due forni, un secondo fronte di trattativa, è molto utile. Potremo dire a Berlusconi: “Ragazzo, basta giochetti e rinvii, basta cincischiare, adesso si vota l’Italicum”. In ogni caso, dopo la sostituzione di Mineo, Chiti e Mauro in Commissione, abbiamo in Senato numeri per andare avanti anche da soli...».
Chiara la minaccia.
C’è però da vedere per se, e per quanto tempo, il “forno” dei Cinquestelle resterà aperto. Renzi e i suoi, subito dopo l’apertura di Grillo, sono corsi ad analizzarne le ragioni. Arrivando alla conclusione che l’ex comico è «in grave difficoltà, con le spalle al muro» e «prova e entrare in gioco».
«Dopo il brutto risultato elettorale, Grillo litiga con Pizzarotti e non riesce a gestire neppure il sindaco eletto a Livorno», dice un altro stretto collaboratore del segretario democrat, «in più questa mossa sulle legge elettorale, l’annuncio di voler dialogare con un partito di sinistra come il nostro, gli serve per distogliere l’attenzione dall’ intesa europea con il razzista Nigel Farage. Senza contare che in Parlamento c’è sempre qualche nostalgico del proporzionale. Chissà, probabilmente intende mestare nel torbido... In quell’uomo la buona fede è scarsa».
Casaleggio VAFFADAY DI GENOVA FOTO LAPRESSE
FORTE DIFFIDENZA
La parola d’ordine, in altre parole, è «massima diffidenza». Ma per come si sono messe le cose, «vista la nuova forza del Pd», Renzi è pronto ad andare a vedere. Chiudere la porta in faccia a Grillo, senza neppure ascoltarlo, sarebbe controproducente: «Ho sempre detto che sono pronto a dialogare con tutti e non cambio idea». Inoltre il premier si vuole godere l’incontro (in diretta streaming) con il capo dei Cinquestelle: una sorta si sfida all’Ok Corral con l’unico vero avversario rimasto sul campo. Una sfida che solletica il competitivo Renzi, convinto di potersi prendere la rivincita dopo non aver brillato nel faccia a faccia di febbraio.
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