DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Goffredo De Marchis e Liana Milella per "la Repubblica"
Dopo le regionali, Matteo Renzi prepara un risiko delle poltrone che vale molto più di un eventuale rimpasto. Si parte dalla Rai ma il punto di arrivo è il cuore del potere italiano, il portafoglio dello Stato: la Cassa Depositi e prestiti.
Sono dieci posti chiave che dovrebbero rivoluzionare l’economia italiana soprattutto, ma anche gli equilibri dell’esecutivo e della Corte costituzionale. Si parte dalla Rai perché i vertici di Viale Mazzini sono scaduti martedì e il premier ha ormai deciso di procedere alle nomine con la vecchia legge superando la melina del Parlamento sulla riforma.
Il direttore generale uscente Luigi Gubitosi sarà il primo a muoversi sullo scacchiere. Per lui è pronto un nuovo incarico in una Spa pubblica. A cascata si apriranno altri vuoti che l’ex sindaco sta studiando come riempire.
Nelle intenzioni del governo, Gubitosi, che ha raggiunto alcuni risultati importanti a Viale Mazzini (digitalizzazione dei tg, fusione delle testate e conti in equilibrio), può trasferirsi dalla Rai alle Ferrovie dello Stato. Renzi infatti ha qualche dubbio sull’operato di Michele Mario Elia nominato appena un anno fa in sostituzione di Mauro Moretti.
Il dg della Rai ha costruito la sua carriera nelle comunicazioni (prima Wind poi la tv di Stato) però questo non viene visto come un ostacolo. Del resto anche l’altro candidato non ha un’esperienza specifica di treni. È Massimo Tononi, sottosegretario all’Economia con il governo Prodi, una lunga carriera in Goldman Sachs.
L’attenzione di Renzi però è concentrata sulla Cassa Depositi e Prestiti, strumento con cui mettere in moto investimenti statali e protagonista della partita per la banda larga. Renzi la vuole usare per dare il via al progetto della fibra confermando così l’idea di un intervento diretto della mano pubblica.
Dopo 7 anni, Franco Bassanini potrebbe lasciare la presidenza con una “compensazione” di lusso: diventerebbe il candidato numero uno del Pd per la Consulta, un ruolo che si adatta al suo curriculum di costituzionalista. Bassanini non ha mai abbandonato il lato accademico della sua professione tenendo accesa quella macchina di idee e confronto che è la fondazione Astrid.
Per la guida di Cdp, la poltrona più prestigiosa e nell’ottica di Renzi più decisiva del risiko, è cominciato così lo screening che ha portato a una rosa di quattro nomi. Sono Marco Morelli, Claudio Costamagna, Gaetano Miccichè e Andrea Munari. La scelta non è ancora compiuta ma il profilo dei candidati dice quasi tutto sul peso che si intende dare alla Cassa: si parla infatti di quattro banchieri, che avrebbero il compito di far muovere soldi anche in Cdp. Morelli è amministratore delegato di Merril Lynch Italia, ex Mps e Intesa SanPaolo.
È anche amico di Marco Carrai (era fra gli invitati alle sue nozze) e Carrai è vicinissimo a Renzi oltre che uno dei suoi suggeritori nel gioco del potere. Munari siede come ad nel Credito Fondiario. Miccichè è il direttore generale di Intesa San Paolo.
Costamagna è un banchiere d’affari legato a Prodi, coinvolto nel vecchio progetto Telecom preparato da Angelo Rovati. Ha già partecipato, come consulente, ad alcune riunioni sulla banda larga.
alberica brivio sforza, claudio costamagna
La Rai ha tre candidati in pista, nomi che possono essere spesi sia per la direzione generale sia per la sfida, più complicata, della presidenza che viene votata dai 2/3 della commissione di Vigilanza. Andrea Scrosati, vicepresidente di Sky Italia, e Marinella Soldi, amministratore di Discovery Channel, sono possibili dg di cui si parla ormai da settimane.
Ma a sorpresa, nelle riunioni di Palazzo Chigi, è spuntata anche la figura di un dirigente Rai di lungo corso, una mossa che l’azienda pubblica reclama con orgoglio da tempo per frenare la “calata” degli esterni. L’identikit corrisponde a Giancarlo Leone, oggi direttore di Raiuno, già capo di Rai Cinema e vicedirettore generale, una carriera tutta in sella al cavallo di Viale Mazzini.
Renzi deve anche intervenire sul governo e sul partito. Si é liberata la poltrona di Andrea Guerra, che ha traslocato alla guida di Eataly. Il premier vuole sostituirlo con un altro superconsulente a Palazzo Chigi, in grado di intervenire sui dossier più delicati e sulle crisi aziendali. Al ministero degli Affari regionali finirà un dirigente del Nuovo centrodestra. In pole resta Gaetano Quagliariello, in alternativa Dorina Bianchi.
Superate le elezioni regionali, il segretario del Pd indicherà anche il nuovo capogruppo alla Camera. Ettore Rosato è stato già molto vicino a conquistare quella carica, ma adesso è in competizione con il vicesegretario Lorenzo Guerini, anche lui renziano, anche lui capace di tenere buoni rapporti con la minoranza. È un buco che va coperto al più presto, in vista di alcuni passaggi difficili, compreso quello dell’elezione di tre giudici costituzionali.
Il 28 giugno farà un anno da quando, alla Consulta, manca il giudice di Forza Italia, l’allora vice presidente Luigi Mazzella. Non sono bastate 21 votazioni per mettersi d’accordo su un nome.
E il 5 luglio lascia un’altra alta toga eletta dal centrodestra, Paolo Maria Napolitano, che già si astiene dalle udienze. A febbraio è diventato capo dello Stato Sergio Mattarella, giudice costituzionale anche lui. Da 15 giudici ne restano 12, chiamati a decisioni strategiche come quella del 23 giugno sugli stipendi non indicizzati della pubblica amministrazione.
Renzi si smarca con il suo candidato e indica Bassanini. Il premier è pronto ad aprire ai grillini, offrendo loro un posto sottratto a Forza Italia, che oggi sarebbe sovradimensionata con ben due giudici. Finora a M5S non è giunto alcun segnale. Ma loro ne fanno una questione di metodo, il nome non deve aver nulla anche fare con la vecchia politica.
Com’è avvenuto quando a novembre hanno votato per Silvana Sciarra. I loro candidati, forti del l’appoggio in rete, sono l’avvocato di Milano Felice Besostri, uno del team che ha affondato il Porcellum, poi Silvia Niccolai docente a Cagliari, Antonio D’Andrea a Brescia, Franco Modugno a Roma.
Più complicato trovare i possibili uomini di Forza Italia. Uno è certamente quello di Giorgio Spangher, penalista ed ex Csm, ma nell’ipotesi che si insista sulle donne potrebbe avere chance Novella Galantini, ordinaria di penale a Milano. Il vero problema sono i tempi.
L’11 giugno si vota, ma è scontato che sarà scheda bianca. C’è un problema di quorum, i 2/3 dei componenti di Camera e Senato nelle prime tre votazioni, i 3/5 in quelle successive. I tre candidati devono raggiungere lo stesso quorum per facilitare il voto. Gli ottimisti parlano di un’ipotesi chiusura a fine luglio, i pessimisti all’inizio di settembre.
MARINELLA SOLDI Felice Besostri Aldo Bozzi Giuseppe Bozzi di spalle Claudio Tani in cassazione
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