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DONALD, C'HAI ROTTO IL DAZIO! E’ STATA LA “COLOMBA” SCOTT BESSENT A PORTARE TRUMP ALLA DECISIONE DI SOSPENDERE PER 90 GIORNI LE TARIFFE – IL SEGRETARIO AL TESORO (GAY DICHIARATO E PER 25 ANNI BRACCIO DESTRO DI GEORGE SOROS) AVREBBE CONVINTO IL PRESIDENTE MOSTRANDOGLI I SEGNALI DI SOFFERENZA NEL MERCATO DEI TITOLI DI STATO STATUNITENSI. MA BESSENT SI SCHERMISCE E “COPRE” IL CAPO: “ERA TUTTO PIANIFICATO, È L’ARTE DI FARE AFFARI…"
Viviana Mazza per corriere.it - Estratti
Molti a Wall Street speravano che Scott Bessent sarebbe stato la voce della ragione nell’amministrazione Trump. Ovviamente il segretario al Tesoro respinge questa etichetta. Ieri ha detto ai giornalisti che il piano di una pausa di 90 giorni nei dazi reciproci è stato concepito sin dall’inizio da Trump: è «l’arte di fare affari».
Miliardario, nato in South Carolina e discendente di ugonotti francesi, fondatore del fondo di investimenti Key Square, gay dichiarato, Bessent è stato dal 1991 al 2015 (con un breve intervallo) il braccio destro di George Soros, il finanziere democratico più odiato dalla destra. Era considerato una scelta pragmatica e rassicurante per il Tesoro sia da Wall Street che dalla classe politica di Washington (ma piace anche a Steve Bannon), a differenza di un altro miliardario amico di Trump, Howard Lutnick, che mirava alla stessa poltrona ed è diventato ministro del Commercio. Bessent è un esperto di turbolenze finanziarie: il suo hedge fund nel 2022 scommise (ed ebbe la ragione) contro la Fed che l’inflazione Usa sarebbe durata più a lungo del previsto.
Sui dazi, Bessent ha abbracciato l’argomentazione di Trump sulla necessità dei dazi per riequilibrare la bilancia commerciale, ma aveva suggerito un approccio incrementale, a partire dal 2,5% contro i 19 Paesi con il peggiore surplus della bilancia commerciale, con aumenti ogni mese della stessa percentuale fino a un massimo del 20% (come aveva promesso Trump in campagna elettorale), per dare tempo al mondo del business di adattarsi e ai Paesi stranieri colpiti dalle tariffe di negoziare con l’amministrazione Usa. Ma Trump voleva molto di più del 2,5%. Il segretario al Tesoro sembrava aver perso quella battaglia.
Il 2 aprile, nel Giardino delle Rose, il ministro del Commercio Howard Lutnick porgeva il tabellone con i numeri a Trump e il consigliere Peter Navarro, il più strenuo sostenitore dei dazi in questa amministrazione, spiegava i dati ai giornalisti. Ma c’era anche Bessent che aveva fissato interviste con la Cnn e con Bloomberg News dove, diplomaticamente, consigliava di non rispondere con controdazi e di aspettare: le tariffe — diceva — erano al punto più alto possibile e senza sbilanciarsi a chi gli chiedeva se fossero permanenti rispondeva: «Vedremo che cosa succede e come la pensa il presidente».
SCOTT BESSENT INTERVISTATO DALLA MSNBC
Con le Borse che crollavano e le critiche (anche da sostenitori di Trump) che aumentavano, il senatore repubblicano Ted Cruz ha suggerito che c’erano «angeli e demoni» che sussurravano nell’orecchio del presidente (i demoni sono quelli che vogliono «dazi alti per sempre»). Domenica scorsa, a due giorni dall’entrata in vigore dei dazi, Bessent è andato a parlare con Trump a Mar-a-Lago ed è tornato in volo con lui a Washington.
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Ieri mattina Bessent era atteso al Congresso per un’audizione, ma ha mandato il suo vice spiegando che doveva andare da Trump.Il segretario al Tesoro era nella stanza quando il presidente ha dato (via social) l'annuncio della pausa di 90 giorni ed è stato lui a spiegare la decisione ai giornalisti. Bessent avrebbe convinto il presidente mostrandogli i segnali di sofferenza nel mercato dei titoli di Stato statunitensi. Lutnick, comunque, sottolineava sui social che nella stanza c’era anche lui e, secondo le ricostruzioni, stavolta avrebbe fatto fronte comune con Bessent.
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