AL SISI AFFILA I COLTELLI PER I “FRATELLI” - MOHAMED BADIE SARÀ PROCESSATO PER “ISTIGAZIONE ALL’OMICIDIO” E ORA RISCHIA ANCHE EL BARADEI

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Giovanni Cerruti per "la Stampa"

Adesso c'è il filo spinato, in Tayaran street. E davanti al portone con il numero 84, in piedi sulla torretta del carro armato, un soldato continua a sventolare la bandiera dell'Egitto. Vittoria. All'alba, dal quarto piano di questo casermone di Nasr City, si son portati via Mohamed Al Badie, 70 anni, la Guida Spirituale, il gran capo dei Fratelli Musulmani. Lo cercavano da un mese. Ed era qui, tra i casermoni di dieci piani, sopra la pasticceria "Bonne soirée". Nella notte ONtv aveva trasmesso la diretta. «È il nostro dono alle madri dei nostri soldati».

Proprio davanti al portone c'è un enorme cartello pubblicitario con uno slogan in inglese. È di una banca, ma sembra scritto dal nuovo Faraone, il generale Al Sisi: «Vi garantiamo quel che promettiamo». Preso. In compagnia, fanno subito sapere via tv, di un rappresentante di Hamas, di due donne, di sei guardie del corpo.

Con una pistola, due telefoni satellitari, tre cellulari e un rotolo di dollari. Fratelli Musulmani sempre più in difficoltà, isolati, arrestati, ricercati. È quel che il generale Al Sisi aveva garantito agli egiziani. Badie è accusato di «istigazione agli omicidi». Di essere il responsabile del massacro del 30 giugno davanti alla sede dei Fratelli.

Tayaran street è a dieci minuti di strada da piazza Rabaa e dalla moschea di Al Aladawiya, occupate dai Confratelli per 45 giorni e fino alla strage del 14 agosto. «Resistenza fino alla vittoria sui golpisti», «Piazza Rabaa sarà la nostra Tienanmen»: le parole di Badie uscivano dagli altoparlanti della Moschea, ma lui non c'era mai. E non c'era nemmeno domenica, a lavare secondo tradizione il corpo del figlio Aman, 38 anni, morto il giorno prima nella battaglia attorno alla moschea di Al Fath. Nella diretta di ONtv era sperso e solo su un divano nero, senza occhialini, la jalabya che scopre i sandali bianchi. Pregava.

L'hanno portato nelle prigioni di Tora, lo stesso carcere dei due ex presidenti Hosni Mubarak e Mohamed Morsi. Dove Mubarak aspetta proprio per oggi l'udienza per la sua libertà vigilata, ammesso che i giudici non prendano tempo. E Morsi, raccontano le pagine Facebook, avrebbe tentato il suicidio, con un rasoio, dopo le ultime accuse per «istigazione agli omicidi».

Per Badie è prevista un'udienza domenica. Magistratura al fronte. Da ieri, su richiesta del professor Sayed Atiq della facoltà di legge di Helwan, ha messo sotto processo «per alto tradimento» anche Mohamed El Baradei, l'ex vicepresidente e Premio Nobel che al caos e alle stragi ha preferito l'esilio a Vienna.

Dai Fratelli Musulmani arrivano pochi commenti. Youssef Talaat, il portavoce, è stato arrestato ieri. Il nuovo, Ahmed Aref, sul suicidio di Morsi esclude: «Stanno preparando il suo assassinio, un vero musulmano non si suicida». E su Badie minimizza: «E' solo uno di tutti noi oppositori del golpe militare».

Come nuova Guida Spirituale è già stato nominato Mahmud Ezzat, 69 anni, 5 figli, il segretario generale dei Fratelli Musulmani. È stato il capo dei servizi d'intelligence della Confraternita, lo chiamano la «Volpe». Va e viene da Gaza. Per i media egiziani è «l'ufficiale di collegamento» con Hamas e Hezbollah. Anche lui è nell'elenco dei ricercati per i 12 morti di fine giugno, a Mokatamm.

«Mahmud Ezzat servirà come guida temporanea dopo l'arresto operato dalle forze del sanguinario golpe», dice il portavoce Aref. Ma è su quel «temporaneo» che la dichiarazione stona. Tra arresti e latitanti, tra sedi chiuse e blindati davanti alle moschee, i Fratelli Musulmani accusano colpi ogni giorno, ogni ora.

Da ieri pomeriggio la foto di Badie affianca quella dell'ex presidente Morsi nei cortei. Ma sono gruppi e gruppetti, donne, ragazzini senza i Fratelli maggiori. Forse, dopo sei giorni, è stato il primo senza scontri e senza altri morti. Tamel Abdel Raouf, giornalista di «Al Arham», è stato ucciso per errore: «C'era il coprifuoco, andava veloce, i nostri soldati hanno sbagliato».

Si capirà da oggi se anche la possibile uscita di prigione del vecchio Faraone Mubarak sarà uno sbaglio o un'altra prova di forza del nuovo Faraone Al Sisi. L'avvocato Fareed El Deeb, il suo difensore, è sempre più sicuro: «Resta solo un'accusa per corruzione ma la famiglia Mubarak ha restituito la somma e il caso si può considerare chiuso».

I giudici, per evitare tensioni in città, andranno nel carcere speciale di Tora. Potrebbero (anche) prender tempo, rinviare. Il governo provvisorio sa che Mubarak fuori dalle prigioni, anche se agli arresti domiciliari, anche se in ospedale, può riaccendere la piazza. I ragazzi della Primavera sfiorita di piazza Tahir sono già pronti.

Al vecchio Cafe Riche, proprio dietro Tahir, il primo tavolo è per loro, quelli di Tamarod. In questi giorni è di turno Mohamed Nabwy, 29 anni, sempre connesso con internet. È uno dei cinque fondatori del «Rebel Movement Tamarod». E passa la giornata a ripetere a tutti che «no, non ci credo, Mubarak non uscirà dalla galera. Abbiamo due presidenti arrestati, a Tora. Ne hanno combinate di tutti i colori». Non se l'aspetta perchè «Al Sisi prende ordini dal popolo egiziano, il popolo gli ha detto di fermare il terrorismo e lui lo sta fermando». Manda messaggi dal telefonino. «Li sto mandando tutti, non può succedere». E se accadesse? «Tahir è qui dietro. Torniamo tutti lì».

 

 

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