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Monica Guerzoni per âIl Corriere della Sera'
Enrico Letta con grisaglia d'ordinanza e lo sceicco Mohammed Bin Zayed Al Nahyan seduto di fronte al premier con indosso il bianco «thob», la lunga veste che nei Paesi arabi distingue gli emiratini dagli immigrati. La sede del colloquio risolutivo sul destino di Alitalia è stata, sabato sera, il raffinatissimo ristorante libanese dell'Emirates Palace di Abu Dhabi. La suite del premier, che i collaboratori di Letta hanno definito scherzando «più grande di Palazzo Chigi», l'hanno pagata gli emiri per segnare, anche simbolicamente, il gradimento dell'ospite italiano.
La fase finale dei colloqui che hanno portato all'intesa preliminare con Etihad, dopo mesi di ammiccamenti e contatti, è stata scandita da un lentissimo rito gastronomico ai sapori di limone, menta e sesamo. Nel menu, assieme al futuro della nostra compagnia di bandiera, hummus di ceci e kebab di agnello.
Il principe ereditario di Abu Dhabi, 52 anni e nove figli, ha voluto vedere Letta a quattr'occhi «come si faceva un tempo tra uomini sotto una tenda araba», tra uomini d'affari e di potere. La conversazione con lo sceicco più potente degli Emirati - fratello di Khalifa, presidente degli Eau - è filata via in inglese e i collaboratori del premier assicurano che «sintonia personale e fiducia reciproca» tra lui e l'erede al trono siano scattate subito. In sostanza lo sceicco ha chiesto a Letta rassicurazioni sulla stabilità politica del nostro Paese e ha voluto capire quanto forte potrà essere la moral suasion del premier presso gli operatori del settore.
Il principe - pilota di elicotteri e, dal 1993, comandante supremo delle forze armate degli Emirati Arabi Uniti - si è laureato nel 1979 all'accademia militare di Sandhurst per poi specializzarsi a Oxford in politica economica. Con Letta non ha conversato di calcio (il suo sport preferito è l'ippica), bensì di arte: la moglie Sheikha Salama è una mecenate, che sta acquistando in tutto il mondo opere di artisti contemporanei da esporre nelle succursali del Louvre e del Guggenheim.
Il principe ereditario, la cui famiglia ha un patrimonio stimato in 150 miliardi di dollari, ha l'Italia nel cuore, da quando negli anni Ottanta ha frequentato l'Accademia di Pozzuoli. Nel 1990 è stato insignito da Francesco Cossiga della prestigiosa onorificenza di Grande ufficiale dell'ordine al merito della Repubblica.
Ma non è certo solo la nostalgia di una terra che gli è cara il motivo che ha convinto il plenipotenziario delle politiche su petrolio ed energia a investire un fiume di denaro per salvare Alitalia. L'obiettivo dei proprietari di Etihad è fare il salto di qualità definitivo impiantando solide basi nel mercato europeo, dove gli sceicchi di Abu Dhabi hanno già messo un piede acquistando un quarto di Air Berlin. Uno scenario in cui l'Italia è vista dagli emiri come una sorta di «cavallo di Troia».
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