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ELLY, UN LEADERINA DA CUCINARE A FUOCO LENTO – PER NON SPACCARE IL PD, FRANCESCHINI SI DICE D’ACCORDO CON SCHLEIN SULLA MANIFESTAZIONE PER L’EUROPA DEL 15 MARZO. MA IL PARTITO E’ IN SUBBUGLIO PER LA CONTRARIETA' DI ELLY, ORMAI PRONA AL PACIFISMO DI CONTE, AL RIARMO EUROPEO VOLUTO DA URSULA - FOLLI: “PER NON REGALARE A CONTE LA LEADERSHIP DELL’INTERA SINISTRA, ECCO LA MOSSA DI FRANCESCHINI, DIETRO IL QUALE S’INTRAVEDONO QUANTI NEL PD NUTRONO RISERVE SULLE SCELTE DELLA SEGRETARIA. SCHLEIN VIENE SOSTENUTA PER LA SUA CRITICA ALLA LINEA VON DER LEYEN IN CAMBIO LE SI CHIEDE 'CHIAREZZA E CORAGGIO NELLE PAROLE E NELLE SCELTE'...”

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Stefano Folli per "la Repubblica" - Estratti

 

DARIO FRANCESCHINI - ELLY SCHLEIN

Qualcuno si è stupito che Dario Franceschini, autorevole esponente del Pd di origine democristiana e non post-comunista, si sia detto d’accordo con Elly Schlein a proposito della manifestazione promossa da Repubblica il 15 marzo a Roma. Ma sarebbe strano il contrario, tanto più che Franceschini non ha mai messo in dubbio l’importanza di questo raduno pubblico in nome dell’Europa. Il problema è, semmai, il modo di andare in piazza, insomma la linea politica da adottare.

 

La segretaria si è pronunciata senza esitazioni contro il riarmo dell’Unione preannunciato da Ursula von der Leyen. 

 

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Tuttavia la domanda è: l’Europa può avere un domani senza una deterrenza militare?

franceschini schlein

 

La segretaria del Pd sembra escluderlo e infatti parla di “difesa europea” come prospettiva virtuosa (e lontana nel tempo) da contrapporre al riarmo dei singoli paesi, ciascuno con un proprio bilancio militare da incrementare fin quasi a raddoppiarlo.

 

Il punto è che il “no” al progetto von der Leyen, al momento ancora confuso, s’incrocia con l’ostilità alle armi del binomio Fratoianni-Bonelli e soprattutto con il “pacifismo” ostentato dai 5S. Conte, come è noto, non sarà in piazza il 15 ma è incessante il suo lavoro ai fianchi del Pd. È convinto che esiste una vasta opinione pubblica intimorita dalla crisi internazionale. Un’opinione inquieta che l’Europa sia coinvolta prima o poi in una guerra, magari solo minacciata, con la Russia. Putin incute paura e un’Europa disarmata può sembrare a molti la mossa più furba per trarsi d’impaccio.

 

DARIO FRANCESCHINI ELLY SCHLEIN GATTOPARDO MEME BY SARX88

Solo che lungo questa via, non contrastata e semmai subita dalla Schlein, si regala a Conte la leadership dell’intera sinistra. Qui s’inserisce la mossa di Franceschini, dietro il quale s’intravedono quanti nel Pd nutrono riserve sulle scelte della segretaria. Più o meno tutti tacciono, o si limitano a mormorare, perché non intendono regalare alla destra lo spettacolo di un Pd che si divide sulla politica internazionale. Ma non possono nemmeno accettare una primazia dei 5S le cui conseguenze sarebbero insondabili.

 

Ne deriva che la segretaria Schlein viene sostenuta per la sua critica alla linea von der Leyen che premierebbe i nazionalismi dei 27 — a cominciare, si deve supporre, da Parigi, Londra, forse Berlino — , ma in cambio le si chiede “chiarezza e coraggio nelle parole e nelle scelte”.

 

ELLY SCHLEIN GIUSEPPE CONTE

Quella chiarezza, se ne deduce, che finora è mancata. È singolare, a esempio, che nessuno a sinistra nomini la Nato: esiste ancora e potrebbe essere la via più breve per rinnovare il programma militare europeo senza tagliare fuori gli Stati Uniti. Per quanto Trump sia ormai inviso ai vecchi alleati, quasi tutti si rendono conto che non esiste deterrenza europea senza Washington.

 

Chi pensa a una futura “difesa europea” senza l’America proietta i suoi sogni in un futuro improbabile. Oppure vuole il disarmo sostanziale dell’Unione secondo un modello pacifista il cui vantaggio sarà solo di Mosca. Non è un caso se la linea di Conte s’intreccia con quella, molto più cinica, di Salvini. Il quale ama brindare con la vodka e lo dichiara soddisfatto.

 

Se il Pd non fissa una linea, rischia di farsi sospingere sulle posizioni di Conte e di Salvini. Le quali non sono ovviamente sufficienti a definire un’alternativa di governo; eppure, se il Pd finisse mai per condividerle, lo scenario cambierebbe. Almeno sulla carta. L’uscita di Franceschini è un primo avvertimento al gruppo di vertice del partito.

dario franceschini