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Amedeo La Mattina per "la Stampa"
Ordine tassativo: tutti alla Camera, compresi ministri e sottosegretari, per votare l'articolo 41 della Costituzione sulla libertà di impresa. Del resto, come dice Gianni Letta, sono «giorni tempestosi, amari, difficili, avvelenati». C'era anche Berlusconi, che vuole dare il buon esempio. «Avevo detto che avrei trasferito il governo in aula e così è stato». E' l'unico modo per evitare altri scivoloni e assicurarsi la presenza di una maggioranza numerica che senza i componenti dell'esecutivo non avrebbe.
Il Cavaliere sa di avere il fucile puntato dal Quirinale, di non avere altre chances dopo il capitombolo sulla legge di stabilità che lo ha costretto a ricorrere al voto di fiducia. Ancora una volta. Lo ha spiegato a tutti quelli che ieri sono andati a trovarlo nel suo ufficio a Montecitorio. «Se andremo giù per qualsiasi cosa, anche la più insignificante, Napolitano non ce la perdonerà più. Dobbiamo resistere ad ogni costo e stringere i denti. Quindi non ammetto defezioni da parte di nessuno, a cominciare da me».
Lo ha detto pure a Bossi sull'aereo che li portava a Roma da Milano. «Di fronte alla paralisi parlamentare, Napolitano potrebbe provare a formare un nuovo governo e noi questo dobbiamo impedirlo assolutamente. Meglio le elezioni anticipate».
Ma su come affrontare e risolvere i problemi il premier brancola nel buio, paralizzato dai contrasti con Tremonti. Ieri i due sono tornati a parlare della nomina del nuovo governatore della Banca d'Italia. Ormai mancano pochissimi giorni per decidere. Berlusconi dovrebbe presentarsi con una soluzione in tasca al vertice dell'Unione europea di domenica prossima. Anzi, dovrebbe annunciare prima il nome del nuovo inquilino di Via Nazionale per evitare l'ira del presidente Sarkozy il quale ha fretta di mettere un rappresentante della Francia nel board della Bce al posto di Bini Smaghi.
L'indiscrezione che gira a Palazzo Chigi è che Sarkò avrebbe perso la pazienza e vorrebbe convocare una conferenza stampa sabato per dire che per l'Italia è arrivato il momento di decidere, senza ulteriori dilazioni. Ma il problema è che Berlusconi soffre del pressing di Tremonti, il quale insiste sul nome di Grilli e non cede sulla promozione interna di Saccomanni. Il ministro dell'Economia è tornato alla carica durante un colloquio che si è svolto nella saletta del presidente del Consiglio a Montecitorio. Era presente anche il leader leghista Bossi, che ha fatto da sponda a Tremonti.
Il nodo della Banca d'Italia rende di difficile soluzione l'altro problema, quello del decreto sviluppo al quale sta lavorando il ministro Romani. «Tremonti non scucirà un euro se prima non ha vinto la battaglia di Via Nazionale. Il rischio per Berlusconi è di farsi imporre il nome di Grilli e poi non avere nemmeno le risorse per un decreto sviluppo degno di questo nome», confidava ieri alla Camera un ministro che in serata ha partecipato al vertice convocato a Palazzo Grazioli per discutere delle misure economiche. Tremonti era assente.
Il Cavaliere inoltre ha il problema di trovare una poltrona di rango a Bini Smaghi, che per sloggiare dall'Eurotower non contempla altro che la carica di governatore di Bankitalia. E se alla fine la scelta non dovesse cadere su Saccomanni, a rimanerci molto male sarebbero il Capo dello Stato e Draghi, il futuro numero uno della Bce. Berlusconi è proprio stretto tra l'incudine e il martello.
Quanto al decreto sviluppo, il presidente del Consiglio ha messo le mani avanti, dicendo che «non ci sono soldi, dobbiamo inventarci qualcosa». Rinvia, dicendo che «non c'è fretta», dopo che il provvedimento era stato annunciato per il 15 ottobre e poi per il 20. E ancora non ce n'è traccia. Ci sono alcune ipotesi sul tavolo, anche quella di un accordo con la Svizzera sulla tassazione dei capitali depositati nei conti elvetici. «E' la strada che ha seguito Berlino e ha fruttato alla Germania 180 miliardi», spiega il ministro degli Esteri Frattini.
La fiducia ottenuta la scorsa settimana non ha risolto i problemi di fondo. I ministri sono costretti a stare a Montecitorio: solo la loro presenza garantisce quei 316 voti di maggioranza. La legge sulle intercettazioni è ferma, rinviata sine die; sulla legge elettorale «ognuno ha una sua idea», osserva La Russa. E intanto il tempo stringe sulla nomina del nuovo governatore della Banca d'Italia.
SILVIO BERLUSCONI Bini Smaghi SARKOZY E BERLUSCONIsaccomanni-draghi Da sinistra Carlo Baldocci Giulio Tremonti e Vittorio Grilligiorgio-napolitano-mario draghiMARA CARFAGNA E FABRIZIO SACCOMANNI
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