FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
Tommaso Ciriaco e Alberto D' Argenio per “la Repubblica”
Impossibile non replicare, di fronte a un attacco che con i suoi Matteo Renzi giudica «a freddo». E infatti il premier ribatte pubblicamente ad Erdogan, ricordando gli ingranaggi di uno Stato di diritto. Quel che invece resta per ora dietro le quinte, ma che rischia di esplodere nelle prossime settimane, allarma ancora di più Palazzo Chigi. E chiama in causa la gestione dei flussi migratori da parte di Ankara.
Un'informazione, consegnata pochi giorni fa dal governo greco alle Cancellerie europee, riferisce che il flusso dei migranti dalla Turchia ha ripreso ad aumentare. O meglio, si è impennato per un solo giorno, fatto che viene interpretato come un segnale politico di Erdogan. E visto che la rotta balcanica è ormai blindata, il timore è che questa spinta possa trovare "sfogo" nell' area adriatica. Dunque, in Italia.
Per Palazzo Chigi l'affondo del presidente turco è semplicemente fuori bersaglio. Certo, le indagini sul figlio di Erdogan mal si conciliano con il clima elettrico che si respira a Istanbul, alle prese con i postumi del golpe. Eppure, per Renzi resta la sproporzione, come ha spiegato al capogruppo dei socialisti europei: «Era sorpreso e amareggiato - racconta Gianni Pittella - perché il nostro governo ha condannato subito il colpo di Stato».
Il figlio di Erdogan, dunque, e i possibili sviluppi che le indagini italiane a suo carico potrebbero prendere. Ma il groviglio si presenta, se possibile, ancora più intricato. E coinvolge un dossier decisivo come quello della liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi che transitano in Europa, oggetto di un braccio di ferro tra Bruxelles e Ankara.
Senza dimenticare il ruolo del "ministro degli Esteri Ue" Federica Mogherini, voluta proprio da Renzi in cima alla diplomazia europea, e trasformata da Erdogan nell' altro bersaglio dell' invettiva. «Il problema non è italo-turco - sottolinea Sandro Gozi, sottosegretario agli Affari comunitari - piuttosto euro-turco».
Ma Erdogan lega i visti all'immigrazione e, per frenare gli arrivi, l'Unione ha bisogno della Turchia. Il problema interessa innanzitutto Angela Merkel, e adesso occupa anche i pensieri del governo di Roma. Se il presidente turco riprenderà a far partire i barconi verso la Grecia violando il patto con l'Unione, a rischiare sarebbe l'Italia, destinazione naturale dei rifugiati dopo la chiusura della strada dei Balcani. Anche perché Atene ha già fatto sapere di essere allo stremo.
Un drammatica partita a scacchi in cui a guidare è Erdogan. Non a caso, Paolo Gentiloni si espone: «Sui migranti - spiega il ministro degli Esteri - siamo interessati a mantenere questo accordo, ma non a tutti i costi». Ciononostante, fonti diplomatiche vicine al dossier scommettono che alla fine la Commissione chiuderà un occhio sulla repressione e darà il via ai visti per salvare il patto sui rifugiati.
La partita è delicata, la lista degli interessi bilaterali ancora più lunga. Si è consolidata nel tempo, resistendo anche al caso Öcalan. Imprese italiane strategiche sono impegnate da tempo in Turchia, e dopo le tensioni con l'Egitto per il caso Regeni l' esecutivo preferirebbe non aprire un nuovo fronte. Forse anche per questo Pierferdinando Casini consiglia prudenza al premier: «Le parole di Erdogan sono inaccettabili, e la replica di Matteo doverosa, ma dobbiamo fare di tutto per tenere aperta le porte alla Turchia».
germania arrivo dei profughi siriani 8
L' obiettivo del governo resta quello di normalizzare i rapporti. Anche se in Parlamento c' è chi ricorda che la situazione di Istanbul fatichi a normalizzarsi. «Nei pressi di una base militare vicino all' aeroporto - riferisce Erasmo Palazzotto (Sel), con Arturo Scotto in missione in Turchia - abbiamo visto gli accessi sbarrati dai camion della nettezza urbana. Li ha usati il sindaco di Istanbul durante il golpe contro i blindati dell' esercito. E ora li usano per non far uscire i soldati».
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