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Cecilia Zecchinelli per il "Corriere della Sera"
Migliaia per le strade di Rabat, Tangeri, Agadir, Tetouan. Massicce proteste, iniziate venerdì, contro il partito islamico al governo e soprattutto contro il re. Le autorità che hanno reagito prima con decine di arresti e feriti, poi cedendo alla piazza con la promessa di un'inchiesta. Infine, ieri notte, l'annuncio del sovrano che in «via eccezionale» ha fatto dietrofront.
Quello che sta avvenendo in Marocco pare richiamare gli eventi in corso in altri Paesi dell'area. Ma è un caso a parte: a scatenare la rabbia popolare è stata la grazia concessa mercoledì, anniversario dell'incoronazione di Mohammad VI, a un detenuto spagnolo. Ultimo nella lista di 48 sudditi di re Juan Carlos (che il mese scorso a Rabat aveva perorato di persona la loro liberazione), Daniel Galván Viña, 64 anni, era stato condannato nel 2011 a trent'anni di carcere per pedofilia.
Aveva abusato di 11 bambini tra i tre e i 15 anni nella città di Kanitra, dove era arrivato nel 2005 presentandosi come un professore in pensione e un generoso organizzatore di feste per i piccoli. Né l'uno né l'altro: non solo violentava i bimbi, ma nome e professione sarebbero falsi. Secondo fonti marocchine, il pedofilo sarebbe nato e vissuto in Iraq, ottenuto poi il passaporto spagnolo avrebbe lavorato in Medio Oriente per i servizi di Madrid che avrebbero quindi premuto su Rabat per rilasciarlo.
Notizie smentite dall'intelligence iberica, ma il caso sta creando scalpore in Spagna. In Marocco, il governo e il Palazzo reale si sono rimproverati a vicenda il rilascio del pedofilo. Poi, ieri notte, Mohammad VI ha annunciato di aver ritirato la grazia. «Studieremo con Madrid come risolvere il caso», ha precisato il suo staff.
«Il rilascio di Galván favorisce l'impunità di cui godono ancora molti criminali provenienti da Paesi "sviluppati"», ripeteva da giorni Ahmed Alhajj, capo dell'Ong per i diritti umani Amdh,tra gli organizzatori delle proteste insieme all'associazione «Touche pas à mon enfant», che stima in 26 mila all'anno (71 al giorno) i bambini marocchini vittime di abusi sessuali.
Prima sui social network, poi sui media tradizionali, il caso era da giorni in primo piano e altri cortei erano previsti mentre si diffondeva la notizia che Galván era intanto rientrato in Spagna. Ora che il re si è rimangiato la grazia sarà comunque difficile ottenere da Madrid la restituzione del suo cittadino. Ma già il fatto che il sovrano che si proclama discendente diretto di Maometto abbia ceduto è un'enorme vittoria per gli «indignati» marocchini.
La Primavera araba ha infatti solo sfiorato il Regno guidato dal 1999 da un re che, pur mantenendo un immenso potere (anche economico), ha accettato la vittoria del partito islamico moderato Giustizia e sviluppo e concesso aperture costituzionali che hanno attenuato il dissenso. Ma il Risveglio arabo ha portato anche qui al rafforzarsi della società civile, che ora è insorta contro una piaga considerata a lungo endemica e inevitabile come la pedofilia.
I tempi di Tangeri città libera, con i suoi frequentatori liberissimi (anche sessualmente) come Paul Bowles e William Burroughs, sono lontani. E se Marrakesh è ancora definita la Bangkok africana per il turismo sessuale esteso ai bambini (vedi tra l'altro lo scandalo che coinvolse un ex ministro francese), sempre più spesso l'omertà viene infranta, l'indignazione prevale sulla tolleranza. Il caso Galván, sempre che questo sia il suo nome, è un segno che i tempi sono cambiati .
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