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Carlo Antonio Biscotto per il "Fatto quotidiano"
Non c'è pace per Silvio Berlusconi affannosamente impegnato a difendere l'indifendibile a Bruxelles e bruscamente richiamato alla realtà dai partner europei che lo aspettano al varco mercoledì prossimo. Con un certo sarcasmo è sceso in campo anche Paul Krugman sulle pagine del New York Times. L'incipit è tagliente: "Se non fosse tragica, l'attuale crisi economica europea sarebbe comica. Mentre crollano come carte, uno dietro l'altro, i piani di salvataggio, i pomposi e autoreferenziali leader europei appaiono sempre più ridicoli".
Krugman - evidentemente in vena di scherzi - ha ricordato il ritornello della canzoncina popolare "C'è un buco nel secchio". La canzone parla di un contadino pigro che si lamenta di avere il secchio bucato. La moglie gli suggerisce una serie di rimedi che si rivelano tutti inattuabili. Alla fine, spazientita, intima al consorte di andare a prendere l'acqua al pozzo.
Senza tanti giri di parole Krugman punta il dito sull'Italia, il cui debito rappresenta al momento il maggiore pericolo per il vecchio continente.
Gli investitori per paura di un default chiedono interessi più alti e, così facendo, aumentano le probabilità che un default si verifichi realmente. Il classico serpente che si mangia la coda. La profezia che si autoavvera. Come scongiurare il pericolo? Creando un fondo che, in caso di necessità , presti all'Italia grosse somme di denaro a tassi meno esosi. Ma qui si profila un altro rompicapo. Per creare un fondo del genere è necessario il "credibile" impegno dei principali governi europei. Quello italiano è uno dei governi principali. Si può essere credibili prestando denaro a se stessi?
Ma per quale ragione Gran Bretagna, Giappone e Stati Uniti - gravati da debiti sovrani e deficit non inferiori a quelli dei paesi dell'Eurozona - continuano a rastrellare denaro a tassi bassissimi? Perché le loro Banche centrali, a differenza della Bce, dispongono di riserve monetarie e della possibilità di stampare carta moneta. L'aspetto, al contempo buffo e tragico della vicenda, è che l'euro è nato per sventare la minaccia di un ripetersi di quanto accaduto negli anni '70 e, di conseguenza, questa Linea Maginot si è rivelata di cartapesta dinanzi al rischio di un nuovo '29.
La diagnosi di Krugman è impietosa: quanto di buono hanno fatto i Paesi europei nel secondo dopoguerra rischia di essere vanificato dall'arroganza e insipienza di un ceto politico che ha legato le sorti dell'economia a un sistema rigido come quello del "gold standard" degli anni '30 rivelatosi una trappola mortale.
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