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Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
hillary e bill clinton a 60 minutes nel 1992 a parlare di corna e amanti
La campagna presidenziale dei candidati democratici entra nel vivo col primo dibattito tv, stasera a Las Vegas, e rispunta, come per incanto, Gennifer Flowers: l’attricetta ed ex amante di Bill Clinton che rivelò la relazione durante la campagna elettorale del 1992. La celebre «mistress» è tornata a farsi sentire ora che in pista c’è la moglie, Hillary. E non ha usato il fioretto: è una candidatura ridicola, lei è un’incapace. E io ho altre telefonate con Bill che ho registrato e non ho ancora reso pubbliche.
Più una ricerca di qualche ulteriore brandello di pubblicità che una minaccia reale. Ma la sortita della Flowers rende bene il clima della campagna elettorale dell’ex first lady : favoritissima ma costretta a una corsa a ostacoli in una foresta piena di fantasmi. Hillary non è tipo da spaventarsi, anzi le difficoltà la galvanizzano. Ma si è fatta cogliere più volte di sorpresa. Ad esempio da Bernie Sanders, candidato di estrema sinistra in teoria marginale, che a un certo punto nei sondaggi in alcuni Stati l’ha raggiunta e addirittura superata. Mentre lo stesso partito democratico si è messo a cercare un’alternativa da mettere in pista nel caso di un improvviso collasso di Hillary.
L’ha, probabilmente, trovato nel vicepresidente Joe Biden che annuncerà le sue intenzioni dopo il dibattito televisivo. Solo qualche mese fa una sua discesa in campo veniva esclusa da tutti gli analisti: una scelta temeraria, una mossa destinata a sicuro fallimento. Ora, invece, Joe pensa di potercela fare.
Probabilmente sovrastima i sondaggi: negli ultimi, pubblicati ieri, supera un Sanders nel frattempo ridimensionato (gli altri, Webb e O’Malley, sono in pista solo per onor di firma), pur restando lontano da Hillary. Biden non si è ancora candidato, è vero. Ma quando lo farà rischia di perdere una parte delle simpatie delle quali gode oggi. E la stampa comincerà a tirare fuori tutti gli errori politici e le gaffe che hanno costellato la sua lunghissima carriera politica.
Insomma, la forza di Hillary continua a risiedere soprattutto nella debolezza dei suoi avversari. E, siccome con la sua freddezza e la sua arroganza del potere (emersa anche nella vicenda delle email scambiate quando era Segretario di Stato e trasferite su un server privato), non è riuscita a «scaldare i cuori», oggi gli elettori democratici «più che sostenerla con entusiasmo, la subiscono con rassegnazione». Il giudizio è di David Axelrod, lo stratega delle campagne elettorali di Obama. Quindi può essere interessato. Ma l’atmosfera nella sinistra Usa è quella.
Oltre che dagli umori interni, Hillary deve guardarsi dalle minacce esterne: i possibili ulteriori sviluppi dell’inchiesta sulle email che è nelle mani dell’FBI (i repubblicani soffiano sul fuoco e parlano di responsabilità penali che stanno per emergere) e l’inchiesta del Congresso sulla gestione della crisi libica e l’uccisione dell’ambasciatore Stevens a Bengasi. Lei dovrà testimoniare su questo il 22 ottobre davanti al Congresso, un altro passaggio molto delicato.
La Clinton ha la grinta per spuntarla nel dibattito di stasera e anche per rintuzzare le prevedibili accuse di un Congresso dove la maggioranza conservatrice ha trasformato l’inchiesta sugli errori commessi dagli Usa in Libia in un processo all’ex segretario di Stato.
Hillary rimane di gran lunga la favorita, ma quella che doveva essere una marcia trionfale è diventata una via crucis.
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