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Filippo Facci per “Libero Quotidiano”
Due pesi e due opinioni. Dài, l' avete già capito l' espediente retorico che vogliamo utilizzare dopo la condanna di Umberto Bossi - ieri - a 18 mesi per vilipendio del capo dello Stato e del capo del governo: vogliamo mettere in parallelo questo «reato di opinione» accolto nel silenzio, cioè, con l' altro «reato di opinione» che invece ha sollevato uno scandalizzato baccano: quello per cui stanno processando Erri De Luca per istigazione a delinquere. Questo è il nostro espediente retorico: non vi resta che dimostrare che sia un espediente e che sia retorico.
Prima però l' aggiornamento. Umberto Bossi è stato condannato dal tribunale di Bergamo per una sua uscita del 29 dicembre 2011, quando, durante un comizio, attaccò Giorgio Napolitano e Mario Monti facendo il gesto delle corna: «Mandiamo un saluto al presidente della Repubblica...» «Napolitano, nomen omen, terùn». Poi il pubblico aveva scandito dei «vaffanculo» indirizzati a Monti, e Bossi aveva ridacchiato: «Magari gli piace anche».
Nota: il punto è che è circolato - e circola ancora - un video della scena, ed eccoti allora le denunce. Fanno un anno e sei mesi in primo grado, ed già tanto che i giudici abbiano respinto la richiesta del pm di «aggravante con fini di discriminazione etnica». Sarebbe il «terùn».
Ora: siamo di fronte, formalmente, a due reati di opinione. Quello di Bossi, già condannato, è «offesa all' onore e al prestigio del presidente della Repubblica» nonché «vilipendio alle istituzioni». Quello di De Luca è «istigazione a delinquere» e riguarda chiunque pubblicamente istighi a commettere reati, anche se poi nessuno li commettesse.
Ora mettiamo in parallelo i due reati. Il vilipendio affibbiato a Bossi deriva addirittura dal Codice Zanardelli del 1889 (mica il Codice Rocco evocato per De Luca) ed esiste ancora perché non è stato possibile abrogarlo: la Corte Costituzionale infatti lo giudicò pienamente costituzionale e il Parlamento riuscì soltanto (2006) a sostituire il carcere con pene pecuniarie per alcuni dei vilipendi: ma per quelli al capo dello Stato e alle istituzioni, come visto, il carcere rimane.
Umberto Bossi e Giorgio Napolitano
Resta il fatto che questo reato antidiluviano non comporta alcun pericolo sociale (di massima) e, giurisprudenza alla mano, è quanto di più indefinibile ci sia in giro: non è semplice, infatti, stabilire quale e quanto grave debba essere un' offesa verbale affinché il fatto sia ritenuto compiuto. Aggiungiamoci, poi, il contesto squisitamente politico in cui Bossi avrebbe compiuto il suo reato: il Berlusconi premier era appena stato sostituito da Monti - ricorderete il clima - ed ecco che un leader storico, Bossi, arringa il suo popolo ad una festa di partito: non in una scuola materna. E fa, più che altro, due palesi battute. La gente rise - contenti loro - ma Bossi non soffiò su nessun fuoco. Finita lì.
NAPOLITANO - BOSSI - CALDEROLI
Ora vediamo il supposto reato di Erri De Luca. Da militante No Tav, gli fanno delle interviste - siamo nell' autunno 2013, periodo incandescente per le violenze in Valsusa - e lui, De Luca, a un certo punto risponde a una domanda specifica sulle molotov. Dice: «Sabotaggi e vandalismi sono necessari per comprendere che la Tav è nociva... la Tav va sabotata... le cesoie sono utili perché servono a tagliare le reti».
È una chiara legittimazione di sabotaggi e vandalismi e cesoie eccetera: dopodiché le violenze e i sabotaggi, attorno ai cantieri della Tav, riesplodono. Serve altro - domanda - per ipotizzare un pericolo di causa-effetto tra parole e gesti? Per meritarsi l' accusa di aver soffiato sul fuoco? La differenza è questa, appunto: nel caso di De Luca, il fuoco vi fu; andarono in fiamme quattro imprese che lavoravano per il cantiere, tra l' altro. Nel caso di Bossi, il popolo vetero-leghista si fece una risata, fine. Però Umberto Bossi, leader politico, è stato condannato a 18 mesi e tutti zitti. Per Erri De Luca hanno semplicemente chiesto il minimo della pena (otto mesi) e però ecco, sollevazioni intellettuali, citazioni di Voltaire, tutto il circo che sapete. Coi pagliacci di sempre.
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