TODOS RENZIANOS - FALLIMENTO SEL, LASCIA ANCHE IL TESORIERE: VENDOLA HA PERSO SU TUTTA LA LINEA: DOPO SCELTA CIVICA DI MONTI, ANCHE LA SINISTRA RADICALE FINISCE NELLE BRACCIA DEL PREMIER

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Riccardo Barenghi per ‘La Stampa’

 

vendolavendola

Si presenta dimissionario insieme al suo gruppo dirigente (o a quel che ne resta) ma poi ovviamente la Direzione del suo partito lo incorona di nuovo leader. E lui rilancia l’azione politica di Sel, spiega che una sinistra radicale ma di governo è necessaria in Italia, che loro sono all’opposizione e non saliranno sul carro del vincitore ma con Renzi vogliono dialogare sui contenuti: insomma. Sel ha ancora parecchie ragioni per esistere.
 

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Non poteva fare altro, Nichi Vendola, se non decretare la fine politica della sua creatura e intonare il “tutti a casa”. Ma nonostante la tenacia nel resistere, la sua scommessa l’ha persa, così come l’aveva persa qualche anno fa Fausto Bertinotti. La scommessa era quella di riuscire a costruire in Italia una sinistra che restasse fuori dal grande calderone (ormai enorme con Renzi) rappresentato dal Pd ma che non fosse residuale e minoritaria. Che insomma si ponesse il problema di stare al mondo, ovvero di governare il Paese, pur mantenendo le sue posizioni critiche nei confronti di un’epoca che va in una direzione diversa rispetto a quella sognata dalla sinistra radicale.
 

La fuoriuscita di Gennaro Migliore, Claudio Fava, addirittura del tesoriere Sergio Boccadutri e di altri parlamentari e dirigenti di Sel non è che l’ultimo episodio di una parabola che nel corso degli ultimi tre anni ha preso una curva discendente, un declino che appare inesorabile.
 

gennaro miglioregennaro migliore

Eppure Vendola ci aveva provato. E contro tutte le aspettative era riuscito, dopo aver lasciato la casa madre di Rifondazione finita nella mani di un leader come Paolo Ferrero (così radicale da non essere spendibile sul mercato politico), a costruire un nuovo partito. Sempre di sinistra ma non settario, con in testa l’idea che il governo non è un tabù dal quale rifuggire. Tutt’altro.

 

Con la sua Sel, Vendola ha lavorato per costruire un partito di sinistra pronto ad assumersi responsabilità di governo, pronto a scommettere sull’alleanza col Pd diretto da Pier Luigi Bersani, pronto infine a giocare la partita in prima persona mettendo in campo propri ministri in quel governo “del cambiamento” che poco più di un anno fa sembrava cosa fatta. Non è andata così. Bersani è arrivato primo ma ha perso, Vendola si è fermato al 3.2 per cento, e i suoi compagni sono entrati in Parlamento solo grazie al premio di maggioranza garantito dal Porcellum.
 

E pensare che solo una paio di anni prima i sondaggi attribuivano al suo partito addirittura il 7 per cento. Se allora, ossia all’epoca della caduta di Berlusconi e dell’avvento del governo Monti, fosse passato il treno delle elezioni, oggi forse avremmo un governo di centrosinistra legittimato dalle elezioni. Invece quel treno non è passato e Sel è stata costretta ad aspettare. In Parlamento ma contro il governo di larghe intese di Letta. In Parlamento ma contro il governo di piccole intese di Renzi. In Parlamento ma aspettando che il governo cadesse e che Renzi all’improvviso guardasse alla sua sinistra. Finora nulla di tutto questo è accaduto e nulla fa pensare che possa accadere un domani.
 

Claudio FavaClaudio Fava

Tanto più che ormai il presidente del Consiglio non ha alcun interesse a rincorrere quei pochi voti di Sel, può permettersi di guardare dall’alto del suo 40,8 per cento le convulsioni dei piccoli partitini alla sua sinistra o alla sua destra (quel che resta di Scelta civica). Aspettando che uno dopo l’altro i transfughi vengano a lui. I primi stanno già arrivando, altri seguiranno. Lui ovviamente li accoglierà a braccia aperte.