DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER…
Vittorio Zucconi per la Repubblica
C’è una serpe velenosa nella corona di alloro che ieri la Costituzione americana ha deposto sul capo di re Trump e il suo nome è Cia. Ora che il Collegio Elettorale dei 538 rappresentanti dei 50 Stati e della capitale Washington ha ufficializzato la vittoria del marito di Melania Trump, egli è divenuto formalmente il president elect e la serpe che avvelenerà la sua presidenza si è scossa.
Ha cominciato a insinuarsi in Senato, verso una possibile Commissione speciale d’inchiesta volta a chiarire quanto, e perché, il Cremlino lo abbia aiutato a vincere, come l’agenzia di spionaggio sostiene. E dunque stabilire se Trump sia il Siberian Candidate, il presidente americano manovrato da Mosca sulla traccia del romanzesco Manchurian Candidate.
Falliti i disperati assalti degli irriducibili al fortilizio del Collegio Elettorale dove la maggioranza dei 306 delegati su 538 creata dalla vittoria di Trump in 30 dei 50 Stati Uniti in novembre era a prova di infedeltà e ripensamenti, spenta l’ultima fiammata di rabbia in manifestazioni nelle capitali dove i Grandi Elettori si erano riuniti per certificare la scelta, è nel grande gioco sotterraneo fra centrali di spionaggio, hacker, fughe di notizie, disinformazione, petrolio e sanzioni micidiali per l’economia putiniana che si sposta la partita per sabotare il Presidente Eletto.
Le possibili o certe infiltrazioni degli “gnomi di Mosca” appoggiati dai disponibili server di Julian Assange promette di essere quello che gli affari immobiliari e gli affari di sesso furono per la presidenza Clinton: un tormentone di inchieste, scoop, bufale, fughe di notizie, deposizioni, dirette tv e streaming in grado di insinuare tutto per mesi e non provare niente.
A Washington si muovono i grandi incantatori di serpenti per organizzare lo show. Nel Senato, che dovrà eventualmente formare la Commissione d’inchiesta, il boss della minoranza democratica, il newyorchese Chuck Schumer, il senatore repubblicano John McCain, ancora potentissimo e consumato dall’odio per colui che gli aveva dato del “vigliacco”, il giovane collega Marco Rubio, sconfitto da Trump che lo aveva deriso per la statura chiamandolo “Little Marco” premono pubblicamente.
Spediscono lettere aperte e richieste formali al boss della maggioranza, Mitch McConnell, perché autorizzi l’inchiesta e formi un comitato bipartisan per esplorare la Russian Connection del futuro Presidente.
Si muove la “ditta” di Langley, la Cia, che Trump disprezza ignorandone i briefing e licenziandola come quella che aveva garantito a George W. Bush la presenza di arsenali chimici e nucleari in Iraq, per denunciare la mano del vecchio rivale del Kgb, l’ex colonnello Vladimir Putin nell’attacco ai computer dei democratici in campagna elettorale. Traccheggia l’Fbi, che detesta la Cia, simpatizza per il nuovo sceriffo Trump e alla vigilia del voto aveva sferrato una stilettata a Hillary con nuove insinuazioni sulle sue email.
Tace, come sempre, la Nsa, la centrale di spionaggio elettronico dalla lunga coda di paglia tessuta di intercettazioni anche ad alleati come Angela Merkel che difficilmente può indignarsi con gli altri per quello che fa anch’essa. E, ciliegina sulla schiumosa torta dei sospetti, Trump mette alla guida della politica estera Usa un ex presidente della Exxon, Rex Tillerson, pizzicato ad avere società e affari alle Bahamas proprio con il padrone del gigante russo dell’energia Rosneft, Igor Sechin. Anche lui, come Putin, figlio e alunno della confraternita della Lubjanka, il Kgb.
All’intrigo internazionale, che gronda petrolio, servizi segreti, dollari, paradisi fiscali, si mescola l’intrigo interno, l’odio e la rivalità fra le venti agenzie governative di spionaggio e di sicurezza che sgomitano a Washington per avere fondi e voce in capitolo, risse oscure che esplosero già nel duello fra Cia e Fbi nell’affare Watergate Anni ’70 usando i giornali per demolire Nixon e oggi manovrano per posizionarsi pro o contro Trump.
Non saranno i conflitti di interesse fra pubblico e privato, i tweet sparati nel cuore della notte, il prepotente dilettantismo, i “muri” promessi e mai costruiti, il temperamento da impresario da circo a far tremare Donald o a creare ipotesi di “impeachment” di incriminazione. Ma il sospetto di un Siberian President, di un sovrano manipolato ed eletto dalla Piazza Rossa, potrebbe essere troppo anche per il suo “popolo” e per le serpi di Washington.
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