BARACK E BURATTINI - COSA FARÀ OBAMA SUL MAXI OLEODOTTO TRA CANADA E USA: SI METTERÀ CONTRO GLI AMBIENTALISTI PER COMPIACERE LA LOBBY PETROLIFERA?

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Federico Rampini per "la Repubblica"

Il maxi-oleodotto tra Canada e Stati Uniti fa un passo avanti verso il via libera della Casa Bianca. Un rapporto di esperti sentenzia: non è dannoso per l'ambiente. Ora la palla è sul tavolo del presidente. Barack Obama spaccherà la sua base, scontenterà i verdi per piacere ai sindacati? È il dilemma politico che Obama affronta, nel decidere il futuro del progetto grandioso che lui stesso ha già bloccato per quattro anni.

Keystone XL (come "extralarge"), si chiama questo gigantesco tubo che già parte dallo Stato dell'Alberta (nel centro del Canada), attraversa la frontiera all'altezza del Montana, quindi dovrà tagliare da Nord a Sud il Midwest degli Stati Uniti fino al punto di arrivo in Texas, nel terminale marittimo di Port Arthur vicino a quella "capitale del petrolio" che è Houston.

Un'infrastruttura faraonica, con una capacità di trasporto di 830.000 barili al giorno, gestita da TransCanada. Secondo i suoi fautori, incluso il governo canadese che è uno storico alleato di Washington, questo "pipeline" è indispensabile per il flusso crescente di esportazioni: legato al boom dell'estrazione di greggio dalle "sabbie bituminose" del Canada. Una manna energetica, divenuta competitiva grazie a tecnologie nuove, che altera i rapporti di forze mondiali: il Nordamerica (Usa più Canada più Messico) si avvia a grandi passi verso il primato di petrolio e gas scalzando Arabia e Russia.

Una parte di questo oleodotto in realtà già esiste. Il sì di Obama è necessario per un tracciato nuovo, più veloce, che taglia in diagonale attraversando il South Dakota e il Nebraska. È dal 2008 che TransCanada attende il permesso per costruire. Keystone XL è diventato un tema incandescente, al centro di polemiche furiose.

Per gli ambientalisti, ben rappresentati nel partito democratico e ispirati da leader come il premio Nobel Al Gore, quell'oleodotto sarebbe una sciagura, accelerando l'estrazione di idrocarburi fossili che contribuiscono al cambiamento climatico. Per la destra repubblicana, al contrario, frenare quel progetto significa perdere ricchezza e posti di lavoro. I sindacati, sensibili al tema occupazione, pur essendo un serbatoio di voti democratici sono per il sì all'oleodotto. Ieri l'attesissimo rapporto degli esperti ha reso molto più probabile una decisione favorevole.

Lo studio, commissionato dal Dipartimento di Stato (per via delle implicazioni di politica estera), conclude che la costruzione del pipe-line non avrebbe conseguenze negative sulle emissioni di CO2. Riassumendo 11 volumi di perizie di esperti, il documento osserva che «autorizzare o vietare il progetto, con ogni probabilità non avrà un impatto significativo sul ritmo di estrazione dalle sabbie bituminose».

In un certo senso questa è la constatazione di quanto sta già avvenendo. Nell'attesa di una decisione politica sempre rinviata a Washington, i canadesi hanno comunque esportato petrolio in quantità crescenti, usando altri mezzi: prevalentemente le ferrovie. Il trasporto su treni merci ha raggiunto 280 milioni di barili nei primi nove mesi del 2013, raddoppiando rispetto al 2012 e sestuplicando rispetto al 2011.

Come osservano i fautori dell'oleodotto, i treni non sono privi di rischi ambientali: gli incidenti sono numerosi, il più grave l'estate scorsa nel Québec fece 47 morti. L'export di petrolio canadese verso gli Stati Uniti è cresciuto del 5% a quota 2,6 milioni di barili al giorno, l'anno scorso. Solo dallo Stato dell'Alberta è previsto un raddoppio dell'estrazione entro vent'anni.

Obama è sotto pressione, anche nel suo partito, dalla lobby petrolifera. Spesso su basi localistiche: non appena è stato reso noto il verdetto degli esperti, la senatrice democratica della Louisiana Mary Landrieu ha invocato «una rapida approvazione di questo progetto che porterà miliardi di dollari di investimenti nell'economia della Louisiana e ridurrà la nostra dipendenza energetica da nazioni ostili».

Sul versante opposto, la senatrice californiana Barbara Boxer, vicina agli ambientalisti, ha chiesto «uno studio più esaustivo, che ci dica cosa accade davvero sul terreno, durante l'estrazione, il trasporto, la raffinazione, di questo petrolio sporchissimo e inquinante ». Dan Weiss del Center for American Progress rincara la dose: «Dire che non serve opporsi perché il Canada esporterà comunque il suo greggio, è come legalizzare la cocaina perché tanto i narcos la smerciano lo stesso».

 

Obama infastidito dalla mosca durante il discorso alla Casa Bianca L'OLEODOTTO KEYSTONEPROTESTE CONTRO L'OLEODOTTO KEYSTONEMANIFESTAZIONE A FAVORE DELL'OLEODOTTO KEYSTONEPROTESTE CONTRO L'OLEODOTTO KEYSTONEPROTESTE CONTRO L'OLEODOTTO KEYSTONE