DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E…
Renato Farina per “Libero Quotidiano”
Parce sepulto, dice la saggezza latina: perdonare ai morti. Ma ai vivi no. Non si può. Cos' è questa faccenda di dichiarare il lutto nazionale per Ciampi, facendo una differenza grave e offensiva con Francesco Cossiga? Per il meraviglioso Gatto Mammone sardo ci fu solo il lutto cittadino di Roma, credo anche quello di Sassari e di Varese.
Furono imbandierati gli autobus per lui. Ciampi è stato invece equiparato a un terremoto, e per venire a una personalità defunta in questo millennio a Giovanni Paolo II. Il quale era polacco, ma forse si è speso per l' umanità e non per la lira, facendole pure del male (alla moneta).
Ed ecco invece questa immensa pletora di titoloni di giornale, una parata senza il minimo spunto critico. Ricordo qualcosa di simile solo per Marcello Mastroianni e Lucio Battisti, che se non altro fecero sognare molta gente. Furono elevati in alto dal consenso popolare. Ciampi invece come politico non ha avuto nessuna patante dall' unico autorizzato a concederne, cioè il popolo. Ma siamo ingenui: questo è quanto insegnano a scuola, poi la realtà è un' altra: chi innalza e butta giù è un clan di ottimati che si è spartito il potere in Italia senza bisogno di accedere al giudizio dei cittadini comuni (si chiamano elezioni).
L' OMERTÀ DI TUTTI Ieri abbiamo ricordato Carlo Azeglio Ciampi con rispetto, non ha mai esagerato in esibizione, e si perdona alla moglie Franca la mobilitazione dei corazzieri quando si recava a fare la permanente. Prevedendo lo sventolio dei gonfaloni trionfali, abbiamo banalmente documentando la verità, che eravamo certi sarebbe stata evitata con cura. Infatti. E poi dicono che l' omertà è siciliana. È pure milanese, leggi il Corriere della Sera. E romana, vedi la Repubblica. E confindustriale, guarda il Sole 24 ore.
È triste citarci, ma repetita iuvant: il banchiere livornese non è mai stato eletto da nessuno, gli è bastato vincere in gioventù un concorso per entrare in Banca d' Italia, che non è precisamente un commando spericolato di eroi. Se gli va male, se gli va male, non subiscono fucilazioni ma una pensione da trentamila euro, salvo non facciano l' errore di Fazio (Antonio, non Fabio) che osò turbare l' equilibrio dei salotti foderati di pelle umana e imbottiti di derivati.
La carriera è venuta da sé, dopo che Francesco Cossiga - e se ne rammaricò spesso - lo ebbe scelto come governatore della citata istituzione sita a Palazzo Koch. Lì Ciampi fece il suo capolavoro all' incontrario, un' autorete del tipo di cui era specialista Comunardo Niccolai, ma con questo sciagurato difensore del Cagliari ci rimetteva solo la sua squadra di calcio, con Carlo Azeglio andò a fondo l' Italia isole comprese.
Con Amato e Scalfaro infatti nel 1992 giocò con i nostri soldi a difendere la lira, una scommessa tragica, per cui buttò nella fornace 70 mila miliardi di lire, perfettamente consapevole dell' inutilità del tentativo. Coloro che sapevano (amici di Ciampi?) parteciparono all' operazione, pagando il marco 750 lire, e si ritrovarono poco dopo con utili immensi, perché dopo pochi mesi ne valeva mille!
Questo "pasticciaccio brutto" fu il padre di tutte le corruzioni, altro che Tangentopoli, la quale fu al confronto una faccenda di pitocchi. Ciampi e Scalfaro credettero sul serio che quella manovra di Bankitalia potesse avere successo? Peggio mi sento.
Questo permise alla Germania di ingrassare e di foraggiare coi nostri soldi la dissoluzione della Jugoslavia, finanziando la guerra della Croazia. Di Ciampi si ricorda con enfasi dai laudatores il momento in cui negoziò l' entrata dell' Italia nel serpente monetario, premessa dell' ingresso nell' euro. Si dice ora, e si disse allora, sia stata una vittoria.
Ma è stata la premessa della parità con l' euro a quasi duemila lire, un affare disastroso, una condanna alla deflazione. L' episodio glorioso è indicato dai memorialisti odierni nel fatto che Carlo Azeglio, dopo la notte di trattative, negò sdegnosamente la mano al sottosegretario alle finanze tedesco Stark che gliela tendeva. Forse fu un attimo di tardiva consapevolezza. Ciampi, dopo tutto quello che aveva fatto per Berlino nel 1992, constatava che la Germania insaziabile ci aveva fregato ancora.
In compenso, per tornare al 1992, dopo quella oscena manovra che ci spennò fu scelto come presidente del Consiglio dando il cambio a Giuliano Amato. Il neo premier non aveva avuto un voto popolare, non lo ebbe mai.
Eppure anche oggi Forza Italia lo celebra senza riserve, e lo fa pure Stefano Parisi. Cosa si fa per non mettersi contro gli Alti Papaveri. E dire che oggi, con qualche ragione, si rinfaccia a Renzi di non essere stato eletto, ma almeno ha infilato nel carniere una presidenza di provincia e l' elezione a sindaco di Firenze, nonché le primarie del suo partito. E ha vinto come capo del Pd le elezioni europee. Ciampi? Zero. Come Mario Monti. Bell' esempio di virtù repubblicana. In America e in Gran Bretagna, ma anche in Francia, Spagna, persino in Unione Sovietica, sarebbe stato inconcepibile. Da noi, sì. Ma c' è dell' altro, e più grave.
IL COMPLOTTO Ciampi non denunciò il tentativo di Oscar Luigi Scalfaro, il suo predecessore, di costituire nel 1994 un Comitato di liberazione nazionale per decollare (nel senso di tagliare la testa, ma anche di spedire con un razzo in galera) Silvio Berlusconi, individuato come nuovo Mussolini.
E Berlusconi era stato eletto. Forse proprio questo era il problema. Lo ha confessato candidamente Ciampi nel suo diario, da qualche anno trascritto in un libro: «...una cena dal segretario generale del Quirinale, Gaetano Gifuni, è l' occasione per annotare i giudizi del presidente della Repubblica che appare preoccupato del fenomeno Berlusconi fino ad "auspicare un fronte tipo Comitato di Liberazione Nazionale"» (Diario Ciampi, 22 gennaio 1994, citato da U. Gentiloni Silveri, Contro scettici e disfattisti - Gli anni di Ciampi 1992-2006 pag.63).
Amore alla democrazia, se ci fosse stato, avrebbe voluto che rovesciasse il tavolo. Trasparenza sarebbe stata esprimersi in pubblico contro questo attentato alla Costituzione il cui primo articolo dice «La sovranità appartiene al popolo». Figuriamoci, appartiene a Lorsignori. Lo perdoniamo ai morti. Ma a quelli vivi no. Ci inchiniamo dinanzi a un antico e decoroso signore. Ma la gloria, per favore, diamola a Gesù Cristo, non a un banchiere.
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