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Mattia Feltri per “la Stampa”
berlusconi alfano brunetta verdini santanch nella nuova sede di forza italia
Lo schema di gioco è questo: Renato Brunetta vuole salvare Forza Italia, Denis Verdini vuole salvare Silvio Berlusconi; Brunetta, però, vuole salvare Forza Italia perché ritiene sia il modo migliore per salvare anche Berlusconi, e Verdini vuole salvare Berlusconi perché ritiene sia il modo migliore per salvare anche Forza Italia; tuttavia Brunetta è persuaso che Verdini non voglia salvare un bel niente e finirà col distruggere Berlusconi e Forza Italia, almeno quanto Verdini è persuaso che Brunetta non voglia salvare un bel niente e finirà col distruggere Forza Italia e Berlusconi.
La conseguenza è che, quando parla con Brunetta, Berlusconi ne trova i ragionamenti ineccepibili e li avalla, così come trova ineccepibili, e li avalla, i ragionamenti opposti di Verdini. Infatti, sabato sera, Berlusconi aveva sostenuto - se non su suggerimento, in sintonia con Verdini - di non essere «d’accordo sui giudizi espressi da Brunetta e neppure sulla sua abitudine di attaccare personalmente gli avversari politici. Chiedo a Brunetta di cambiare atteggiamento». E Brunetta ha allargato le braccia: «Tutte le mie analisi e tutte le mie dichiarazioni sono sempre state concordate con il presidente Berlusconi, anche quando cambiava parere». Come dire: mi sia concesso il tempo di adeguarmi.
Comunque, Brunetta fa opposizione a Renzi per salvare Forza Italia intanto che Verdini tratta con Renzi per salvare Berlusconi. Ma non è che Brunetta sia contro il patto del Nazareno, anzi favorevolissimo, dice, ma vorrebbe sapere di che patto del Nazareno si parla, visto che cambia ogni venti minuti; e favorevolissimo al patto del Nazareno è Verdini, del quale patto però non parla, specialmente perché ogni venti minuti cambia. Ne consegue la battaglia: Brunetta pensa che Verdini si stia facendo un patto tutto suo, Verdini pensa che Brunetta sia tutto contro il suo patto. Una gran fatica.
SILVIO BERLUSCONI DENIS VERDINI
E in mezzo i poveri parlamentari che sembrano spettatori di una partita di tennis, a guardare ora di qua ora di là, ma soprattutto specializzati nell’interpretazione dell’ultima sillaba per individuare la posizione momentaneamente ortodossa. A esempio: qualche giorno fa il premier ha definito Brunetta il «re dei fannulloni»; e siccome lo aveva detto in direzione del Pd, cioè nella sede dell’ufficialità, ognuno ha dedotto che dietro ci fosse una Triplice (Renzi-Verdini-Berlusconi) e nessuno ha speso verbo in difesa dell’ingiuriato.
Brunetta, perfido com’è, si diverte come un matto. L’altro giorno era pronto a firmare il documento promosso dal capogruppo al Senato, Paolo Romani, in omaggio all’anniversario del patto del Nazareno: un’abile mossa (diciamo così) per contare i nemici di Brunetta, fra i quali lo stesso Brunetta si sarebbe però iscritto, secondo la linearità degli ultimi eventi forzisti.
Del resto già l’estate scorsa ci fu una prima timida raccolta di firme per levare a Brunetta la carica più importante in un partito privo di gerarchie ufficiali: la presidenza del gruppo alla Camera. Il dramma dei deputati berlusconiani è di obbedire a un capo il cui feeling con Arcore è sempre un’ipotesi; e poi, siccome sono permalosi, non gli va di essere continuamente umiliati da un principale molto più sprezzante di loro perché di loro molto più preparato. E però, per quieto vivere, Berlusconi infine si decise a far fuori Brunetta e a metterne un altro al suo posto. Scorse la lista dei deputati e sospirò: «Oh signùr...». Tutti cari ragazzi, per carità, ma un pochino vaporosi: «Lasciamoci Renato, va...».
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