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Da "L'Unità .it"
Vincenzo Maruccio e il suo vizio. Il vizio del gioco. Videopoker, per l'esattezza. Maledette macchinette: in questi ultimi anni lo hanno fatto indebitare molto. Ecco perché, sospetta la Finanza, l'ex capogruppo dell'Italia dei Valori alla Regione Lazio indagato dalla procura di Roma per peculato aveva bisogno spasmodico di contanti, nonostante il lauto stipendio e le collaborazioni da avvocato.
Gli uomini del nucleo di polizia valutaria che hanno messo al setaccio tutti i suoi movimenti bancari degli ultimi due anni hanno trovato, al momento, una serie di assegni i cui beneficiari sono appunto gestori di sale gioco e bar con le slot-machine, tutti nella capitale: al momento si parla di un totale di 50mila euro che però si immagina sia una cifra arrotondata per difetto, visto che ancora sono in corso accertamenti senza considerare i probabili, anche se più difficili da verificare, pagamenti in contanti dei debiti di gioco.
Questo se non altro perché non si capisce dove siano andati a finire i soldi che Maruccio, come lui stesso dichiarato in sede di interrogatorio, si faceva prestare, ogni volta per importi di tre-quattromila euro, da amici d'infanzia calabresi e anche da qualche esercente romano, come il titolare di un bar tabaccheria in zona Prati.
Gli assegni post-datati. A fronte dei prestiti, come verificato dalla Finanza, Maruccio consegnava assegni post-datati. Quasi tutti, allo stato, ritornati nelle tasche di Maruccio che dunque risulta abbia saldato i debiti, anche se qualcuno dei suoi generosi amici, a quanto emerso, sarebbe ancora in paziente attesa. Con quali soldi il politico abbia coperto gli importi di quegli assegni è una domanda alla quale la Finanza sta cercando risposta sulla base dell'ipotesi di reato formulata contro l'ex capogruppo, che gli è costata com'è noto il suo posto alla Pisana. Maruccio, dal canto suo, ha dichiarato che i soldi che chiedeva in prestito erano per spese di natura politica, ma ora che si sa quale fosse il suo vizio c'è un motivo in più per non credergli.
D'altra parte, questa sua versione cozzava fin dall'inizio con l'esame dei conti dell'Idv alla Regione: il politico ha sostenuto di aver anticipato di tasca sua denaro nell'interesse pubblico (781mila euro la cifra totale di cui, secondo la procura, si sarebbe impossessato illegittimamente) in momenti in cui in realtà non ci sarebbe stata alcuna necessità di tali manovre finanziarie, posto che i soldi necessari per le spese politiche in questione erano già sui conti del gruppo alla Pisana. Ora, se saranno confermati i sospetti dei finanzieri sulla reale destinazione dei soldi sottratti dai conti dell'Idv nonché presi in prestito da Vincenzo Maruccio, ciò potrebbe chiudere una serie di scenari se si vuole più inquietanti ma nello stesso tempo ne apre altri.
Questi ultimi potrebbero agganciarsi a doppio filo all'inchiesta antimafia della Dda di Catanzaro che ha soltanto lambito, al momento, il politico calabrese, nato a Vibo Valentia 54 anni fa. Da Catanzaro si sta lavorando all'ipotesi di una joint-venture tra Maruccio - al momento non indagato - la cosca della ndrangheta dei Mancuso-Tripodi di Vibo e ambienti massonici, nel momento in cui il clan stava tessendo la sua tela per infiltrarsi in un giro di appalti disseminati tra il Lazio, la Lombardia e il Veneto.
All'epoca Maruccio era assessore regionale ai lavori pubblici nella giunta Marrazzo e c'è un'intercettazione telefonica che ha mandato gli investigatori in fibrillazione: uno degli imprenditori indagati per associazione mafiosa in Calabria, Francesco Comerci, parlava con Rosario Lo Presti, imprenditore con la fedina penale pulita, sostenendo che l'assessore regionale ai Lavori pubblici, «un calabrese come loro», garantiva appalti in cambio di voti.
Comerci, interrogato sul punto, ha ammesso davanti ai magistrati solo di avere cercato un abboccamento con Maruccio attraverso una massaggiatrice, frequentata da entrambi, ma di non essere riuscito nell'intento. I magistrati di Catanzaro stanno però andando avanti nell'indagine e da piazzale Clodio si attendono di conoscere le loro decisioni, mentre anche nell'ambito dell'inchiesta romana si intravede l'ombra di frequentazioni pericolose dell'ex capogruppo.
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