UN FINALE (DI LEGISLATURA) THRILLING - ADESSO NON E' CERTO NULLA, NEMMENO CHE MONTI SI DIMETTA SABATO (E INFATTI HA ANNULLATO LA CONFERENZA STAMPA DI VENERDI') - MENTRE IL PROF TENTENNA, IL CAV E' CONVINTO DI AVERLO "BRUCIATO, INSIEME A CASINI E A FINI" – MORTIMER RISCHIA DI VEDERSI SOFFIARE IL COLLE DA GIULIANO AMATO. CHE PRIMA DEL 5 DICEMBRE, VENNE "SONDATO" IN GRAN SEGRETO PER GUIDARE IL GOVERNO FINO ALLE ELEZIONI (MA PREVALSE LA MERKEL CON MONTI)...

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Tommaso Labate per pubblico giornale.it

«Scusate, ma che fretta c'è? La legge di stabilità si può approvare anche dopo Natale. Qua nessuno ha sfiduciato il governo». Dal momento esatto in cui Fabrizio Cicchitto sorprende i colleghi della conferenza dei capigruppo di Montecitorio, e siamo a ieri pomeriggio, non c'è più nulla di certo. Nulla. Non la data del voto, che adesso il Pdl vuol far slittare a inizio marzo.

Non i candidati in campo, visto che Mario Monti non ha sciolto la riserva. «E nemmeno le dimissioni del Professore», si mormora nei tanti capannelli bipartisan che si formano nel Transatlantico della Camera a ventiquattr'ore esatte dal discorso con cui Giorgio Napolitano ha reso palesi le sue "divergenze istituzionali" dal premier.

Sempre nel primo pomeriggio, quando prepara la registrazione di Porta a Porta andata in onda ieri sera, di fronte alle pochissime persone che riescono a parlargli, Silvio Berlusconi recita la parte di quello che «ancora una volta è riuscito a fregare sia Casini che Fini».

Perché, è l'analisi che il Cavaliere svolge di fronte ai berlusconiani ortodossi, «adesso Monti è bruciato. Non ha più la sponda del Quirinale e nemmeno quella di Bersani. È rimasto praticamente solo alla mercé di Pier, Gianfranco e forse anche di Montezemolo. Anche perché, vedrete, soltanto i deputati del Pdl che io non ricandiderei potrebbero tentare l'avventura centrista. Peccato che a quella coalizione, sempre se si farà, mancheranno i voti...».

Se la lista montiana avrà o meno i voti, a dispetto dei sondaggi del Cavaliere che la danno «neanche al 10 per cento», non è dato saperlo. Ma di certo c'è che al Centro, dove fino all'altro giorno Casini si spellava le mani dando per scontata la discesa in campo del Professore come sponsor unico della coalizione, l'euforia è passata. La maggior parte dei maggiorenti di Udc e Fli sta cominciando a perdere le speranze e a temere che, alla fine, Monti non si lascerà tentare.

E persino alcuni esponenti della società civile chiamati in campo da Montezemolo , come Andrea Olivero, adesso sono impegnati in una sfida all'ok corral contro i possibili compagni di squadra. Tipo il presidente della Camera, a cui il numero uno delle Acli ha provato a sbarrare la strada mettendo a verbale che «ha una cultura diversa dalla nostra».

C'è un motivo, infatti, se Pier Luigi Bersani, all'indomani del discorso di Napolitano alle alte cariche dello Stato, continua a ripetere ai suoi «che per me è davvero ininfluente la scelta di Monti». Ed è lo stesso motivo per cui Silvio Berlusconi, sapendo di aver dato a Supermario il bacio della morte, ribadisce che il premier sarebbe il candidato perfetto per il centrodestra («Se scioglie i dubbi e dice di essere disponibile a essere il candidato di tutti i moderati io sarei felicissimo e avrebbe sotto di sé il Pdl»).

Perché, in realtà, né «Pier Luigi» né «Silvio» temono più la discesa in campo di «Mario». Che infatti, almeno a sentire gli ultimi rumors che arrivano da Palazzo Chigi, appare sempre più propenso a ingranare la retromarcia e chiamarsi fuori dalla contesa elettorale.

Perché è isolato, adesso, Monti. Almeno è quello che pensano anche gli esponenti del Pd che fino a qualche settimana fa l'hanno sostenuto più molti loro colleghi. «Ha sbagliato qualche mossa», commentano alla buvette di Montecitorio i deputati Francesco Boccia e Dario Ginefra, che non sono certo della sinistra del partito.

E anche un lucido veterano della politica come Francesco Tempestini, uno dei parlamentari meglio sintonizzati con le antenne di Radio Quirinale, arriva a teorizzare che «il presidente del Consiglio è rimasto vittima della mossa del cavallo di Berlusconi, che prima gli ha tolto il consenso e poi lo ha lanciato come candidato premier».

In una platea che sembra aspettare soltanto il prossimo coup de théâtre - Monti non si candida? Monti forse nemmeno si dimette? Le camere saranno ancora in vita dopo Natale? - più d'uno arriva a dire che, per capire quello che potrà succedere nelle prossime ore, bisogna fare un passo indietro al 5 dicembre. Sembrava una giornata come le altre, il 5 dicembre. E invece, all'improvviso, Pasquale Laurito - che da quarant'anni distribuisce alla Camera la Velina Rossa - scrive nella sua nota politica di giornata che «il Colle non esclude alcuna ipotesi pur di arrivare alla scadenza naturale della legislatura».

E che Napolitano ha un piano B: «Affidare il mandato all'ex presidente del Senato Marini di formare un nuovo governo che sicuramente verrebbe bocciato dalle Camere nel voto di fiducia, ma che guiderebbe comunque il paese alle elezioni appunto in aprile». Insomma, «un governo di pochi mesi che avrebbe il compito di gestire il voto», conclude Laurito.

Sembra un tema campato in aria. Ma a sorpresa, nel giro di qualche giorno, succede di tutto. Il discorso di Alfano alla Camera e, dopo la prima della Scala, l'annuncio delle dimissioni di Monti, arrivate a seguito di un confronto molto serrato tra il premier e il capo dello Stato al Quirinale.

Ma qualcosa, nella notte prima del 5 dicembre, era successo davvero. Qualcuno, in ambiti parlamentari, s'era fatto carico di «sondare» un possibile sostituto di Monti a Palazzo Chigi che potesse far terminare la legislatura e magari tentare di approvare la riforma elettorale. Ma non era il Franco Marini citato da Laurito. Bensì Giuliano Amato. Il presidente della Treccani, di fronte a quel «sondaggio», si sarebbe chiamato fuori. Ma c'è un motivo se adesso, nel momento in cui Monti potrebbe cedere alla tentazione di non essere più «super partes», il nome del Dottor Sottile torna prepotentemente a circolare come possibile candidato al Quirinale.

Perché se è vero che sarà Napolitano a nominare il prossimo premier, è altrettanto vero che quest'ultimo (e cioè il prossimo premier) avrà le mani libere per lanciare al Colle un candidato senza temere ripercussioni sulla sua maggioranza (che a quel punto sarebbe fatta e formata). Tenuto conto del gelo tra Bersani e Monti, c'è da considerare che un eventuale discesa in campo del Professore lo tolga dalla short list del Pd per il Quirinale.

Un motivo in più per accelerare i tempi della scelta di candidarsi o meno. E per svelare l'ultimo mistero di una fine legislatura che, ormai, ha pochissimi punti certi. Uno di questi è Berlusconi, smentito dal capo del Ppe Martens subito dopo aver detto a Bruno Vespa che «ho convinto io i popolari europei a invitarlo». Poco male per un Cavaliere che, adesso, ha un solo obiettivo: «Rinviare il voto». Per ottenerlo, potrebbe mettere nei guai Monti ancora una volta. Magari chiedendogli di non dimettersi. Magari ricordandogli che, alle Camere, una maggioranza ce l'ha ancora.

 

 

BERLUSCONI MONTI berlu e monti BERLUSCONI MASAI CON LA TESTA DI MONTIFABRIZIO CICCHITTO Luca Cordero di Montezemolo BERSANI Martens