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DAGOREPORT
Cronache dalla finanza che non c'e' piu', e che rischia di inabissarsi ancora di piu' se i rarissimi collocamenti in borsa che ci sono oggi dovessero poggiare soltanto sulle spalle dei pochi, e ignari, piccoli investitori che si ostinano a credere alla possibilità di guadagnare con le azioni. Prendiamo il caso Sea, la quotazione della società che gestisce gli Aeroporti di Milano, perché è esemplificativa dello stato dell'arte.
Qualche giorno fa un lunghissimo consiglio di amministrazione della società (dalle 16 circa a ben oltre le 22) ha approvato con tre voti a favore e due contro la cosiddetta "forchetta" del prezzo del collocamento al pubblico, collocandola tra 800 e 1170 milioni di euro di raccolta complessiva. Sin qui nulla da eccepire, salvo la fortissima opposizione del Fondo F2i guidato da Vito Gamberale, il quale vorrebbe rinviare a tempi migliori la quotazione avendo pagato ben di più il suo attuale 29,7 per cento.
Il punto infatti è un altro: il 13 novembre, due giorni prima del cda, si erano riuniti presso Mediobanca i global coordinator dell' operazione (la stessa Mediobanca, Banca Imi, Morgan Stanley, UniCredit, Paribas e Deutsche Bank) e gli investitori istituzionali, con il risultato che le manifestazioni di interesse erano state così espresse:
- la maggioranza nella parte inferiore della forchetta poi decisa, cioè intorno o al di sotto degli 800 milioni;
- poche tra 800 e 900 milioni;
- solo due oltre i 900 milioni.
Che significa: che l'operazione graverà tutta sulle spalle dei piccoli investitori, quelli che una volta venivano chiamati "parco buoi" e che oggi non si sa più come definire, sia perché non sono rimasti in molti, sia perché vengono trattati anche peggio dei buoi. Il tutto anche per garantire risorse al Comune e alla Provincia di Milano, che non ce la fanno, poveretti, ad andare avanti con le tasse locali e le multe che applicano a più non posso (come del resto tutti i grandi comuni d'Italia).
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