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Arturo Zampaglione per "la Repubblica"
L´operazione militare della Nato in Libia si è chiusa alla mezzanotte di ieri tra dichiarazioni entusiaste sul successo della missione, che in sette mesi ha messo fine alla dittatura di Gheddafi, ma anche tra nuove polemiche.
Secondo una ricostruzione del Washington Post, infatti, i primi attacchi dei Rafale francesi cominciarono alle 17 e 45 del 19 marzo, tre ore prima dell´inizio ufficiale della campagna aerea. E Silvio Berlusconi, irritato per il comportamento del presidente Nicolas Sarkozy, minacciò nei due giorni successivi di negare l´uso delle basi italiane, che erano invece essenziali agli aerei dell´alleanza.
«A quel punto la coalizione rischiava di frantumarsi», ha confidato un alto diplomatico europeo al quotidiano americano. E solo le doti negoziali del segretario di Stato Usa Hillary Clinton, che rimase a telefono per ore con Berlusconi e con il ministro degli Esteri Frattini, andando poi ad incontrarli di persona, permisero di superare l´impasse.
Erano veramente così tesi i rapporti tra Roma e Parigi? E perché l´Italia era tenuta in disparte in alcune trattative sul comando delle operazioni, come ha riferito il Washington Post? «Non commentiamo interpretazioni giornalistiche», ha tagliato corto la Farnesina, ricordando che «l´Italia ha partecipato sin dall´inizio con la massima convinzione all´operazione».
Del resto anche nel prossimo futuro è probabile che l´Italia continui a dare un contributo alla sicurezza della Libia: conclusasi la missione della Nato, si ipotizza ora un nuovo aiuto internazionale per l´addestramento delle forze libiche, i controlli dei confini e il sequestro delle armi. E il ministro della difesa Ignazio La Russa ha promesso che Roma è pronta a fare la sua parte.
Mentre ieri il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, compiva la prima visita ufficiale e simbolica a Tripoli, l´alleanza ha fornito il bilancio dell´operazione autorizzata dal consiglio di sicurezza dell´Onu e chiamata in codice Unified Protector: 36mila raid aerei in sette mesi, di cui 9650 con scopo «offensivo».
Tra i problemi della nuova Libia, il cui governo di transizione è guidato dal neo eletto Abdul Al Raheem Al Qeeb, è la probabile presenza sul suo territorio di armi «proibite» che facevano parte dell´arsenale di Gheddafi. Per il momento sembra smentito l´allarme su armi nucleari: si tratterebbe solo di scorie radioattive legate al programma di arricchimento dell´uranio smantellato da Tripoli nel 2003 su pressione internazionale.
Anche la Nato e la Iaea, l´agenzia per l´energia atomica di Vienna, hanno detto di non avere alcuna informazioni al riguardo. Ma il premier dimissionario del Cnt Jibril ha denunciato ieri anche l´esistenza di armi chimiche, annunciando l´arrivo di ispettori internazionali alla fine di questa settimana.
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