FLASH! - IL DAZISTA TRUMP, PER SPACCARE L'UNIONE EUROPEA A COLPI DI TARIFFE SUI PRODOTTI ESPORTATI…
Marco Alfieri per "la Stampa"
Che beffa, per un ciellino, sentirsi dire che se ne deve andare per non insistere nell'accanimento terapeutico...». La battuta buona sul mesto tramonto di Roberto Formigoni è copyright del direttore di Europa, Stefano Menichini. Mollato dal segretario Alfano e dal suo partito; mollato dal mondo ciellino che tanto ha prosperato con lui al Pirellone; e mollato dai mondi della borghesia e delle professioni a lungo sedotti dal suo modello di governo regionale.
In fondo la dura intervista del sindaco di Milano Pisapia su Repubblica ("La Lombardia si ribelli"), più che l'interferenza di un alter ego istituzionale con cui non si è mai preso, segnala il distacco da una vasta maggioranza ben oltre il berlusconismo, che per anni lo ha sostenuto: imprenditori, artigiani, studenti, salotti chic, quel che resta delle grandi famiglie industriali, terzo settore e la rete del sociale. Un blocco che a Milano l'anno scorso aveva già mollato il centrodestra per il borghese di sinistra Pisapia. E che adesso gli scandali e la protervia allontanano anche dal Celeste.
Il capolinea di Formigoni è dunque l'ultimo anello di un gigantesco blocco di potere e consensi che si spappola nella culla del centrodestra. Nella primavera 2011 cade Milano. A novembre il Cavaliere deve dimettersi sotto i colpi dello spread. Ad aprile 2012 tocca a Umberto Bossi, travolto dagli scandali del clan di Gemonio. Due mesi dopo alle amministrative cadono i fortini di Monza, Como, la Brianza. Si scavalla l'estate e Formigoni è messo alle corde dagli scandali. Tutto si tiene ed è la fine di un mondo.
Eppure per 15 anni il governatore è stato il pendant dell'antipolitica berlusconiana più greve. In molti salgono sul carro. "Formigoni è un'altra cosa dal Cavaliere, è un politico vero...", è la frase passepartout che ripetevano tutti in Lombardia. L'apogeo nel 2005 quando progetta (invano) di mettersi in proprio: correre per il Pirellone con una lista allargata al riformismo e al mondo delle professioni. Un laboratorio da esportare nel resto del Paese in chiave post Berlusconi.
Nella sua rete finiscono ex sindaci socialisti come Borghini e Tognoli, intellettuali come De Maio. Sono gli anni del Comitato strategico per il welfare in cui siede la creme: Umberto Veronesi, Lorenzo Ornaghi, Livia Pomodoro, Luigi Verzè e Girolamo Sirchia. Formigoni è talmente egemone da vincere nei momenti più bui del centrodestra, incorporando tutto e tutti: dai commercianti alla Compagnia delle Opere, dalle Coop rosse ai grandi costruttori, dall'Assolombarda ai signori della sanità privata che dipendono dai fondi regionali.
Ma il tempo passa e il potere usura e si usura. In Regione partono gli scandali, il presidente ne è lambito e in alcuni casi coinvolto. Prima le cave, poi le bonifiche, poi ancora i fondi europei nei corsi di formazione, fino alla Sanità e la 'ndrangheta.
Già , e adesso? «Roberto sa di aver perso ma non vuole uscire dal Pirellone sotto il tiro delle monetine, come quello che si faceva pagare le vacanze ai Caraibi, mandato a casa dalla Lega e da Alfano», spiega un fedelissimo. Non farà strappi né potrebbe farli. «Ma vuol provare a costruire un percorso che sganci il voto regionale dal diktat leghista, magari già a febbraio dopo aver cambiato legge elettorale e abolito il listino che sa tanto di Nicole Minetti, e votato il bilancio», continua la fonte. Lo scoglio più grosso è però immaginarsi un futuro possibile, partendo da posizioni di isolamento e debolezza. Ovviamente punta su Roma, il sogno di una vita trasformatosi in ultima scialuppa.
Se prevalesse l'idea del Pdl con intorno una serie di liste satellite, Formigoni potrebbe tentare la via di una Lista moderati del nord, con focus sulla macroregione Alpina, per garantirsi un posto in Parlamento. «Sta già provando a riattivare personalità riformiste e delle professioni da coinvolgere nella Giunta regionale a tempo e poi, eventualmente, nell'avventura romana». Sempre che dalla Procura non arrivino rinvii a giudizio sulla vicenda Maugeri.
Da escludere un supplemento in Regione, dove si è aperta la partita della successione. Si parla di Gabriele Albertini nel caso di una riunione di tutti i moderati; dei leghisti Maroni, Castelli o Fontana nella logica di un nuovo accordo elettorale Carroccio-Pdl; di Bruno Tabacci (proiezione del modello Pisapia da Milano alla regione); di Umberto Ambrosoli o Alessandra Kustermann (centrosinistra con forte connotazione civica); o di Pippo Civati e Maurizio Martina (centrosinistra largo a trazione Pd). Siamo ancora ai primi assaggi. In attesa di capire come uscirà di scena Formigoni.
ROBERTO FORMIGONI IN CONFERENZA STAMPAROBERTO FORMIGONI ROBERTO FORMIGONI MANI ALZATE IL POLLICE VERSO DI ROBERTO FORMIGONI LOGO FONDAZIONE MAUGERIGIULIANO PISAPIA Don Luigi Verze'GABRIELE ALBERTINI
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