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Paolo Colonnello per La Stampa
L'azzeramento della giunta e la nascita, nel giro di qualche settimana, di un governo "light" con l'obiettivo di arrivare entro dicembre ad un nuova legge elettorale senza più il listino del presidente. Roberto Formigoni riprende l'aereo per Milano con in tasca un nuovo accordo che porta la firma decisiva, oltre a quelle di Silvio Berlusconi ed Angelino Alfano, di Roberto Maroni.
Dopo giorni di tensione, le manette al Pirellone e la decisione, ieri sera, di dimissioni in blocco da parte degli assessori del Carroccio, al termine di una giornata trascorsa interamente a via dell'Umiltà , il leader del Carroccio ha confermato la fiducia al governatore lombardo che può quindi proseguire nel suo mandato. Un salvataggio quello di Maroni (che in conferenza stampa smentisce di aver chiesto le elezioni in Lombardia ad aprile 2013) condizionato però ad una serie di richieste, prima fra tutte quella di modificare la legge elettorale della regione ed eliminare il listino bloccato.
Richiesta che in realtà lo stesso Formigoni avanzava già da diverso tempo. Parlare oggi di accordo che consenta al governo del Pirellone di andare avanti fino alla scadenza naturale è però difficile. A pesare sono diversi elementi, primo fra tutti, lo scandalo legato alle inchieste giudiziarie. Con il rischio, secondo i lumbard, di un effetto domino che potrebbe coinvolgere la giunta piemontese e quella veneta, guidate dai leghisti Cota e Zaia, favorendo così la sinistra.
Quello del Carroccio è dunque come un sì «politicamente condizionato» - viene spiegato dai lumbard - per evitare strumentalizzazioni e ulteriori problemi in questo momento non facile nemmeno per il partito di Maroni. Dal Pdl sottolineano però che nemmeno ai lumbard conveniva staccare la spina. Soprattutto pensando di poter in futuro andare all'incasso chiedendo che la candidatura al Pirellone vada alla Lega.
La tregua arriva però solo a sera, dopo un vorticoso giro di incontri. Prima insieme, nella mattinata a via dell'Umiltà , dove il segretario del Carroccio ed il Pdl hanno avviato le trattative, e poi con una serie di incontri separati ognuno con i propri dirigenti.
Il governatore lombardo con il segretario del Pdl si è poi recato a palazzo Grazioli per incontrare Berlusconi. Era stato proprio il Cavaliere nell'ultima telefonata ieri sera a dirgli di raggiungerlo a via del Plebiscito per discutere approfonditamente la vicenda lombarda. L'ex premier tra l'altro si era fatto mediatore anche con Maroni affinché si riuscisse a siglare una tregua. La decisione di azzerare la giunta ha avuto l'ok dell'ex capo del governo che non avrebbe nascosto la preoccupazione per l'ennesimo `attacco´ delle procure che cercano in ogni modo di minare la credibilità del partito e dei suoi uomini chiave.
La trattativa è poi ripresa a via dell'Umiltà con una serie di stop and go. Prima di nuovo insieme, poi riunioni separate con il segretario leghista che ha sottoposto l'intesa per un sì formale dei suoi dirigenti in attesa del via libera al consiglio federale di sabato.
Una tregua alla fine è stata raggiunta ed i tre per rafforzarla "ufficialmente" decidono di presentarsi insieme in conferenza stampa. Obiettivo, appunto, l'annuncio dell'azzeramento della giunta: «apprezzo il loro gesto di responsabilità » mette in chiaro il governatore lombardo. I nuovi assessori saranno resi noti tra qualche giorno, top secret i nomi, diverse le opzioni come quella di ipotizzare la presenza di tecnici di area, uomini cioè non direttamente legati ai due partiti.
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