
DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA…
1- DA FORZA GNOCCA A FORZA PASSERA?
Giuliano Zulin per Libero
Roberto Maroni è stato lucido e chiaro nel colloquio con Franco Bechis, pubblicato ieri da Libero: «Corrado Passera ha un futuro politico, non Monti. Sarà sempre più popolare perché trascorrerà i mesi a tagliare nastri e inaugurare opere pubbliche, magari sfruttando anche quello che abbiamo lasciato in eredità noi. Il progetto politico dei poteri veri è quello di affidare a lui la guida di un solo polo Lib-lab che avrà fuori certamente noi, la sinistra allargata ma sempre più radicale e vendoliana e forse Antonio Di Pietro e i grillini. Avranno in mano anche lo strumento micidiale della legge elettorale, che potrebbe essere usata proprio per rendere insignificante il peso di Lega Nord e sinistra non parlamentare».
Questo è lo scenario: prima il Professore taglierà e tasserà , poi il super ministro dello Sviluppo - cioè l'ex numero uno di Intesa Sanpaolo - passerà a mietere consensi, magari accompagnato da una sforbiciata a costo del lavoro e aliquote fiscali.
Con l'obiettivo di creare una grande coalizione capace di vincere alle elezioni del 2013. Forse non sarà un partito vero e proprio. Più probabile che sia una federazione di interessi, così come nell'attuale esecutivo sono rappresentate l'anima cattolica e quella più laica. E così dopo Forza Italia, potremmo assistere a Forza Passera.
La gestazione sarà lunga... ma l'ex banchiere ha due armi in più di tutti gli altri: 1) l'età , a 57 anni è ancora giovane per la carriera politica; 2) non ha nemici dichiarati. Per dire, lui era una delle colombe ai tempi del lodo Mondadori tra la famiglia Berlusconi e il gruppo De Benedetti. In più come padri nobili vanta due mostri sacri: Romano Prodi, già dai tempi della Sme, e Carlo Azeglio Ciampi, che lo nominò a Poste Italiane.
Al di là del complottismo è vero comunque che, per realizzare il grande movimento Lib-Lab, l'azione di Passera dovrà mirare alla distruzione di Pd e Pdl e addirittura della Lega, come teme l'ex ministro dell'Interno. Per abbattere il bipolarismo bisognerà dunque attrarre gli scontenti o le voci critiche da tutti i partiti, con un occhio di riguardo a età e seguito elettorale.
Tenendo comunque presente che, in Italia, non esiste solo il presidente del Consiglio: anche il Quirinale scade nel 2013, per cui la campagna elettorale per il Colle s'intreccerà con quella per Palazzo Chigi. Dunque, prima di pensare al governo, Passera dovrà sistemare la partita per la presidenza della Repubblica.
Dalle parole di Pier Ferdinando Casini, non ultime quelle pronunciate nella leghista Verona, è evidente che il leader dell'Udc punti a succedere a Giorgio Napolitano: forse per questo potrebbe sostenere Forza Passera, in funzione anti-Monti. Eh sì, perché se il Professore sarà troppo incensato, diventerà difficile escluderlo dal toto-Quirinale: un percorso che ricorda molto quello di Ciampi...
Con Casini in campo per l'ex manager di Intesa, automaticamente anche Gianfranco Fini e Francesco Rutelli - il Terzo Polo - porteranno i loro (pochi) voti alla corte di Corrado. Ma un 10-15% non basterà . Ecco allora l'amo lanciato nei due poli: a sinistra potrebbero abboccare Matteo Colaninno, Enrico Letta e Matteo Renzi (l'enfant prodige del Pd), desiderosi di stare in un movimento meno succube dei ricatti della Cgil.
Con Marco Follini come segretario politico forte del nucleo centrista. L'amo a destra potrebbe invece attirare l'ala formigoniana, da tempo critica con la gestione del Pdl. Con il governatore lombardo potrebbero starci Maurizio Lupi (domani presenterà il suo libro con Enrico Letta e il neo ministro Ornaghi a Milano) e, dalla corrente «Liberamente», anche Franco Frattini (cresciuto col governo Dini).
E la Lega? Resterà sulla linea del Po? «à quello a cui dobbiamo pensare ora», sosteneva Maroni, «perché certo non possiamo andare avanti una vita a urlare, dire no e portare la gente in piazza. Bisognerà inventarsi qualcosa per la seconda fase e soprattutto evitare che ci facciano fuori con le regole elettorali».
Una soluzione ci sarebbe: se Formigoni va a Roma si libera la poltrona di presidente della Lombardia, per cui lo stesso Maroni potrebbe candidarsi al Pirellone in modo da arrivare alla Padania (con gli altri due governatori di Piemonte e Veneto).
Il Carroccio sarà così finalmente in grado di diventare la Csu bavarese, con appoggio esterno al governo Passera di Roma e - perché no? - Flavio Tosi "ambasciatore" leghista a Roma: gli scambi d'affetto di ieri tra il sindaco di Verona e i leader del Terzo Polo fanno pensare...
Il grande partitone centrista ovviamente avrà anche il sostegno di parecchi imprenditori, pronti a scendere in campo. Qualche nome? Luca di Montezemolo, Diego Della Valle, Emma Marcegaglia o Patrizio Bertelli (mister Prada) e i Benetton. La strada è tracciata e la macchina c'è: vediamo quanto accelera Passera... la Fenice è pronta a volare.
2- UN CONFLITTO DA 10 MILIONI PER PASSERA: IL SUO PACCHETTO DI AZIONI INTESA CREA IMBARAZZO
Vittorio Malagutti per Il Fatto
C'è chi sostiene che dovrebbe vendere. Altri suggeriscono di affidare in gestione a una fiduciaria il suo patrimonio personale. Alla fine però non è neppure da escludere che Corrado Passera decida di tenersi tutto, anche a costo di nuove critiche e qualche imbarazzo. In effetti, la questione è parecchio delicata. Vale svariati milioni di euro e potrebbe rivelarsi decisiva per comprendere fino a che punto il ministro dello Sviluppo ha rotto una volta per tutte con il suo ingombrante passato da numero uno della banca più grande d'Italia.
Vediamo di che si tratta. I documenti ufficiali confermano che Passera possiede un cospicuo pacchetto di azioni Intesa. Fanno circa 8,6 milioni di titoli che in base alle quotazioni di venerdì scorso valgono 10,5 milioni euro. Di per sé, ovviamente, non sono numeri che pesano sugli assetti azionari dell'istituto di credito milanese. Anche dopo il crollo delle quotazioni degli ultimi mesi, Intesa vale pur sempre in Borsa oltre 18 miliardi.
VISTA dalla parte di Passera, però, quelle azioni rappresentano un legame importante con la banca da cui si è congedato solo pochi giorni fa. D'ora in avanti il manager-ministro sarà chiamato a prendere decisioni che riguardano gli affari dei clienti di Intesa, una banca coinvolta praticamente in tutte le operazioni rilevanti per il sistema Paese.
Telecomunicazioni, trasporti, infrastrutture: la ragnatela degli affari targati Intesa copre tutta la Penisola e coinvolge i grandi gruppi pubblici e privati. Come azionista, Passera avrebbe quindi tutto l'interesse a veder crescere i profitti di Intesa. E non è solo una questione di bilanci e prezzi di Borsa. Se gli utili aumentano, anche i dividendi crescono. Nel 2007, nell'anno d'oro della bolla finanziaria, l'allora numero di Intesa incassò una cedola del valore di oltre 2,5 milioni, a cui andava sommato uno stipendio di circa 3 milioni.
I tempi cambiano, la bolla si sgonfia e pochi mesi fa Passera ha incassato dividendi per circa 500 mila euro. Niente male comunque, anche perché si accompagnano a un compenso per la carica di amministratore delegato pari (al lordo delle tasse) a circa 3,5 milioni.
E se l'anno prossimo, nonostante la crisi, Intesa decidesse di remunerare gli azionisti allo stesso modo del 2011, il ministro finirebbe per ricevere quasi 700 mila euro dalla sua ex banca, una somma ben superiore al suo stipendio da membro del governo. Ecco perché quel pacchetto di 8 milioni e passa di azioni sembra destinato a creare imbarazzi e sospetti di potenziali conflitti d'interessi.
Per chiudere la questione, il nuovo ministro potrebbe vendere i titoli. Sarebbe una scelta radicale, che però gli costerebbe alcuni milioni di perdite. Le quotazioni di Intesa, come quelle di tutte le banche sono ai minimi storici. Nell'ultimo anno la banca ha perso il 44 per cento del suo valore borsistico. E dai massimi del 2007 il ribasso supera il 60 per cento. Non c'è scampo, quindi. Se Passera decidesse di liquidare il suo investimento dovrebbe rassegnarsi a una perdita cospicua.
Alternative? Sulla carta ci sarebbe l'opzione del cosiddetto blind trust, in passato proposta (inutilmente) anche per rendere meno appariscente il ben più rilevante conflitto d'interessi di Silvio Berlusconi. In pratica azioni e altri cespiti patrimoniali politicamente sensibili vengono affidati a una fiduciaria con un gestore che provvede ad amministrarli autonomamente.
A ben guardare, però anche il blind trust serve a poco. Nel caso di Berlusconi, il controllo di Mediaset sarebbe comunque rimasto a lui e alla sua famiglia anche se le azioni del gruppo televisivo fossero state trasferite in amministrazione a una fiduciaria. E quindi il Cavaliere avrebbe continuato ad avvantaggiarsi di eventuali provvedimenti di legge favorevoli alle sue tv.
Fatte le debite proporzioni, lo stesso discorso vale anche nel caso di Passera. Le azioni Intesa parcheggiate nel blind trust resterebbero comunque di proprietà del banchiere diventato ministro. Il quale sarà chiamato a prendere decisioni nel-l'interesse pubblico che però potrebbero avere effetti anche sul suo rilevante patrimonio personale investito in azioni Intesa.
Come se ne esce? La situazione appare a dir poco complicata. Di certo per il manager sarà tutt'altro che facile tagliare i ponti con il passato. "Giudicatemi da quello che farò", ha chiesto Passera nel tentativo di sgombrare il campo dal conflitto d'interessi. Mica facile. Soprattutto quando si tratta di rinunciare a un teso-retto da 10 milioni.
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