DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Filippo Ceccarelli per "la Repubblica"
Dal "plico" di Giolitti al video di Marrazzo, si fa, ma non si dice; però in compenso la praticaccia lascia attorno a sé un tale sentore che ogni rispettabile compilatore di "ricatteidi all´italiana" dura fatica nel distinguere fra ricattatori e ricattati.
O almeno, le due condizioni non paiono così incompatibili. Ha detto una volta un esperto, l´ex spione Francesco Pazienza: «Non ha senso tentare di stabilire chi ricatta chi. A certi livelli si mettono i pesi sulla bilancia e quando sono equivalenti si capisce al volo cosa bisogna fare».
E se pure questo del che fare è tutto un altro discorso, già l´antico scandalo della Banca Romana (1893) dimostra che Giolitti disponeva sì di documenti che potevano «gettare non bella luce - come disse con piemontese ritrosia - sopra qualche uomo politico», ma poi lui stesso ebbe i suoi guai perché anche il suo nemico Crispi aveva carte altrettanto malevoli.
E lo stesso più o meno poteva accadere perfino a Mussolini, che gelosamente custodiva i "rilievi a carico" di gerarchi e coronati - gli affari di Farinacci, i pettegolezzi su Ciano, i sospetti su Balbo, certe debolezze del principe Umberto - sapendo però benissimo che prima o dopo l´Ovra o qualche altro potente malintenzionato avrebbe potuto minacciarlo - come si capisce dal secondo volume dei diari della Petacci - per la relazione con Claretta.
Sesso, quattrini, passato da nascondere: nel serraglio del potere le faccende sensibili sono le solite e «per nulla che è perso, nulla è mai perso - come si legge in Tutti gli uomini del re: - C´è sempre qualcosa, c´è sempre l´indizio, l´assegno a vuoto, la macchia di rossetto, l´impronta del piede nel letto, il preservativo sul sentiero del parco, la scarpina del neonato...». Almeno in questo, con l´avvio della democrazia e la moltiplicazione dei giacimenti di immondizia poliziesca, i ricatti hanno accompagnato le svolte politiche delineandone spesso il lato oscuro.
Per cui la successione di De Gasperi si alimentò intorno agli "scavi di Pompei", dal cognome di un colonnello dei carabinieri del caso Montesi; mentre l´avvio del centrosinistra passa anche attraverso gli avvertimenti a Mario Scelba, che era contrario, ma aveva una giovane amante; e se le velleità di Mattei trovarono un contenimento nello scandalo delle "squillo da un milione" di Mary Fiore, più in generale gli equilibri di governo furono saldamente vincolati da un numero impressionante di fascicoli, ben 157 mila, che il Sifar aveva raccolto sulle umane debolezze della nomenklatura repubblicana.
Fogli per lo più anonimi che dalle pattumiere del controspionaggio e/o dalle scrivanie di qualche ufficiale infedele potevano prendere il volo: «Come una farfalla» disse immaginifico il generale De Lorenzo.
Si fece poi finta di bruciarli, ma diversi è provato che finirono ad accrescere la dotazione del Venerabile Gelli, non per caso civettuolamente auto-definitosi "cartofilo" e quindi depositario di segreti da somministrare o tacitare con cura, incendiario e pompiere ad un tempo.
Nel corso degli anni l´inconfondibile olezzo si è avvertito alla Rai, in Vaticano, nelle spire di Tangentopoli, da Milano ad Hammamet, così come tra i molteplici "corvi" svolazzanti sui penultimi affari siciliani. Il ricatto come arma di offesa e strumento di sopravvivenza. Per approdare infine nelle agenzie fotografiche lanzichenecche (vedi l´inchiesta "Scatti & Ricatti") e nelle redazioni dei rotocalchi ex rosa trasformati nella Gazzetta ufficiale di un potere che vive, ma forse anche muore di spettacoli e schifezze da consumare e dimenticare in fretta.
FRANCESCO CRISPIGIOVANNI GIOLITTIDE LORENZO DOSSIER PIANO SOLOMario ScelbaPIERO MARRAZZO lavitola
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