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1 - USA: ALMENO 92 I MORTI PER SANDY, IN 4,5 MLN ANCORA SENZA LUCE
(TMNews) - Il bilancio delle vittime continua ad aggravarsi, mentre la East Coast americana cerca di tornare alla normalità dopo il passaggio dell'uragano Sandy: sono almeno 92 le persone rimaste uccise, di cui 40 nella sola città di New York. E si teme che il numero dei morti possa continuare a salire, a fronte delle ricerche ancora in corso delle persone che risultano disperse.
Sono circa 4,5 milioni le persone che risultano ancora senza elettricità in 12 Stati del Paese e si registra anche una grave carenza di carburante.
Complessivamente, Sandy potrebbe costare agli Stati Uniti 50 miliardi di dollari, stando alla stima fatta dalla società di ricerca specializzata Eqecat, che ha raddoppiato la sua precedente valutazione.
2 - BLOOMBERG SI SCHIERA, APPOGGIO A OBAMA
(ANSA) - Il presidente americano Barack Obama incassa l'appoggio del sindaco di New York, Michael Bloomberg, alle elezioni presidenziali. L'annuncio di Bloomberg arriva a sorpresa: in un editoriale il sindaco di New York spiega di aver maturato la decisione negli ultimi giorni. Bloomberg nel 2004 aveva appoggiato George W. Bush, nel 2008 non aveva appoggiato alcun candidato.
3 - BLOOMBERG,APPOGGIO A OBAMA PER CLIMA E DIRITTI GAY
(ANSA) - Nell'annunciare il suo sostegno al presidente Barack Obama, Michael Bloomberg cita il cambiamento climatico come motivazione principale, insieme ai diritti delle donne e dei gay. Il presidente è - secondo il sindaco di New York - il miglior candidato per poter affrontare la sfida del cambiamento climatico, uno dei fattori che hanno contribuito al violento uragano Sandy.
4 - NOI, DANNATI DEL COMFORT NEL MEDIOEVO DI SOHO"
Francesco Guerrera per "La Stampa"
Caporedattore finanziario del Wall Street Journal a New York
à incominciato tutto durante i tortellini, lunedì a cena, una serata non qualunque in una New York assediata dall' uragano Sandy. Stavo quasi per scolarli, mentre mia moglie apparecchiava, quando la luce se n'è andata, all'improvviso. Il nostro appartamento di Soho, nel cuore meridionale di Manhattan, è passato da dimora confortevole di una coppia in carriera a caverna buia e fredda in cui ogni angolo e scalino diventa nemico.
Col vento che ulula e la pioggia che scroscia, accendere le candele per mangiarsi la pasta, che feci scuocere per lo choc del tifone, non è nemmeno tanto romantico. Soprattutto quando sai che l'elettricità non tornerà per giorni.
Per un paio di ore, il Blackberry e l'iPhone ci hanno tenuti informati della rovina portata da questo uragano violento ed inaspettato ri-battezzato «Frankenstorm» dai media. Il ciclone-Frankenstein, dicevano i beniniformati su Twitter e Facebook, aveva messo al buio centinaia di migliaia di persone. Dopo scoprimmo che erano molto di più, circa 8 milioni, più o meno la popolazione dell' Austria, sparpagliate sulla costa Est degli Stati Uniti. Dal centro di Manhattan al New Jersey di Bruce Springsteen, dal Connecticut dei ricchi manager di hedge fund alla Pennsylvania rurale e povera. Già lunedì sera si parlava di morti, di centrali elettriche esplose e di palazzi mezzi crollati.
Poi nulla. Le torri delle telecomunicazioni nel Sud di Manhattan si sono spente, ammutolendo il traffico Internet e lasciandoci soli con i nostri pensieri e le paure di chi solo non ci sta mai e, forse, non ci sa più stare.
Dopo quattro giorni senza luce, trasporti e telecomunicazioni, una fetta enorme e importante degli Stati Uniti - la costa Est dei media, della finanza e delle politica, ancorata da città di rango quali come New York, Washington e Philadelphia - si sente sempre più sola. Chi a New York ci vive da tempo ti racconta come i disastri naturali o umani - i grandi blackout del 1977 o 2003, gli attacchi dell'11 settembre - tendano ad unire gli abitanti di una città che di solito è fierissma del suo individualismo selvaggio. Ma l'attacco di Sandy sembra essere stato diverso.
Certo, ci sono stati esempi ammirabili di solidarietà e carità umana - le tante persone che ospitano amici e parenti disastrati dall' uragano (tra cui l'amico dalla cui casa scrivo queste righe), i pompieri e poliziotti che hanno rischiato la vita per salvare mamme e bambini, gli impiegati della metropolitana e delle imprese elettriche che lavorano con l'acqua quasi alla gola per ripristinare i servizi.
E nella New York di Broadway, sappiamo tutti che lo show deve continuare. La gente lavora dove può, gli uffici si stanno riempiendo di nuovo e noi giornalisti abbiamo fatto l'impossibile per informare nel momento del bisogno. Gli atti di colleghi che hanno camminato per ore per arrivare in redazione, guidato per chilometri per riuscire a ottenere campo e mandare una storia, o lasciato moglie e bambini piccoli al buio per andare in giro a raccontare la storia di Sandy, vanno ben al di là del dovere professionale.
Ma il copione di questo disastro naturale non è composto da Hollywood, con il lieto fine assicurato. L'attacco di Sandy ha svelato una verità che gli Usa si ostinavano a non vedere nonostante fosse sotto gli occhi di tutti: il Paese non è invincibile, anzi. L'infrastruttura è cadente - la metro di New York non trova pezzi di ricambio perché alcuni binari hanno più di un secolo; i servizi sociali pressoché inesistenti -, chiedetelo alla moglie del mio amico, lei che sta per partorire e e si trova con ospedale chiuso e medici irreperibili; e il governo della più grande superpotenza del mondo si scopre spesso impotente di fronte alla forza della natura.
Il presidente Barack Obama e Michael Bloomberg, l'amato sindaco di New York, hanno fatto dei bei discorsi (Obama meglio di Bloomberg) ma hanno poco da offrire al di là delle esortazioni alla pazienza. Ed è difficile essere pazienti quando la casa è mezza sommersa, il telefono non ha campo e il riscaldamento non funziona.
A quattro giorni da un'elezione presidenziale in cui i due candidati tentano di presentarsi come il leader che riporterà l'America all'apice della sua potenza, vale la pena farsi un giro dopo il tramonto per downtown Manhattan - i quartieri dove Sandy ha spadroneggiato. Prendere la Quinta avenue dalle parti di Central Park e andando verso Sud è un rito di passaggio: da un Paese ultramoderno al terzo mondo. Si incomincia con le luci accecanti delle vetrine già pre-natalizie - il consumismo di lusso di Louis Vuitton, Dolce e Gabbana e Tiffany's - e i neon di Times Square sullo sfondo.
Ma quando si arriva verso la 25esima strada - più o meno a metà dell'isola di Manhattan - si entra nel lato oscuro della luna, come cantavano i Pink Floyd. Non c'è una luce e per strada non si vede nessuno. Si sentono solo cani che abbaiano e i passi di gente che si muove più velocemente del solito per paura di scippatori o peggio. Una città fantasma ha eretto mura invisibili dove prima c'erano ristoranti, e cocktails, belle ragazze in minigonna e yuppies con le cravatte smilze.
«Questa non è New York, è Mogadiscio», mi ha detto l'amico che mi ha accompagnato in questo viaggio quasi dantesco nelle tenebre urbane. Ha sbagliato. Questa è New York. Non la New York di Woody Allen o Robert Redford. E nemmeno quella dei signori del denaro di Wall Street o degli intellettuali mediatici con la passione per lo champagne. Questa è la New York del 2012. Rappezzata e fatiscente. Vulnerabile e ferita. La città -guida di un'America segnata dall'incuria e dal tempo.
5 - ISOLA DEI FAMOSI
Andrea Salvadore per www.americanatvblog.com
L'isola di Manhattan è spaccata in due. Upper East Side e Upper West stanno bene (il nord). Dalla quarantesima strada fino a tutta downtown (il sud) è nero pece.
Senza corrente a cui è appiccicata tutta la nostra vita (non solo luce e quindi tv, connessioni varie, frigorifero, gas, riscaldamento ma da ieri anche senza acqua per chi come noi abita al decimo piano). Ferme la consegna posta e la raccolta della spazzatura, nella metà dell'isola bladerunnerizzata. Il deli coreano sotto casa resiste impavido aperto 24 ore e mi assicura che tutto quello che vende è fresco mentre il supemercato una strada sotto è chiuso.
Nulla di drammatico. Si sopravvive, passando più tempo nell'altra parte della città , quella illuminata. Certo non facciamo salti di gioia. Intorno a me, nel palazzo, nelle strade vedo solo gente paziente che attende il ritorno della città delle mille luci. Io ho più un'abitudine a prendermela con qualcuno, in questi casi. Il sindaco, la corporation che ci dà la luce, ecc. Il sindaco, soprattutto, che bulleggia ogni cinque minuti in televisione e ha detto a Obama di stare a casa che lui ha troppo da fare e intralcerebbe i lavori in corso. Al contrario del governatore del New Jersey, Chris Christie che, probabilmente per altri calcoli politici futuri, ha detto che Obama fa bene ad andare nelle zone colpite.
Gli americani in genere convivono audacemente con i disastri naturali e New York ha capito in un recente passato di non essere inattaccabile.
Due, quattro, cinque giorni al buio ancora, non si sa. Sta cambiando anche il corso della campagna elettorale e si discute se sia un bene o un male per il presidente in carica che, nella illuminatissima Casa Bianca, segue la catastrofe meglio del sindaco Bloomberg. Non scherzo.
Ha stupito moltissimi con cui ho parlato qua a New York come non fossero state approntate difese fisiche superiori alle centrali elettriche e agli ingressi delle metropolitane. E, soprattutto, non si vedono piani di riserva.
Vedo poi che anche i sondaggisti brancolano nel buio dando versioni diverse di questa emergenza. Obama potrebbe godere di questa disattenzione dalle campagne e attenzione sulla catastrofe. Ma non è detto perché Romney viaggia con il vento che soffia alle sue spalle con modalità piu' confortevoli di Sandy (importanti endorsement di giornali favorevoli a Obama nel 2008).
La televisione generalista ha allungato le ore di news, conservando nei palinsesti molte delle serie che la tengono in piedi. L'altra, quella allnews, vive il suo classico momento di massima esposizione e vampireggia il disastro.
Questa era una settimana fondamentale per tante cose. Vi risparmio quelle private. Mio figlio, a casa da scuola, senza più una vita iperconnessa, mi appare incredulo. Materiali per riflettere. In questa notte lunga 24 ore in cui l'isola dei famosi ha perso, per sempre, il suo "eccezionalismo". O, forse, con quello che si avvia ad essere il blackout piu' lungo della storia delle metropoli moderne, lo ha ancora una volta riaffermato.
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