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Tommaso Cerno per “la Repubblica”
Gli omosessuali non paghino le tasse finché lo Stato non riconoscerà loro il diritto di esistere. La Costituzione afferma che ogni cittadino è uguale davanti alla legge, ma senza una legge del Parlamento milioni di omosessuali non sono veri cittadini. Quindi non esistono. Siamo zombie del diritto.
Non pagare le tasse si chiama democrazia resistente, esiste dai tempi di Aristotele, attraversa tutta la storia dell’Occidente, vede uomini soli sfidare carri armati per affermare un diritto. E oggi impone ai gay di dire no allo Stato nel solo momento in cui li considera uguali agli altri: quando si tratta di prelevare danaro dalle loro tasche. Mi metteranno in prigione? Ci vado, pensando che c’è gente che è morta per le sue idee.
emiliano fittipaldi gianfrancesco turano alberto cistarna e tommaso cerno
bruno tommassini e tommaso cerno
Il grande girotondo per un’Italia di “esistenti” è nato con un tweet. Un tweet in cui ho utilizzato la parola “frocio” e non la parola “omosessuale” proprio per sgombrare il campo da quel politicamente corretto che, nel nostro Paese, serve solo a rimuovere i problemi, mai a risolverli. La sensazione che ho è che quando chiamiamo un cieco “non vedente” ci sembra di avergli ridato la vista.
La mia protesta è autentica: non è una protesta fiscale perché le tasse sono alte, questione che riguarda tutto il Paese e che si affronta in altro modo. È una protesta umana, come quella di Martin Luther King e di Mandela, contro uno Stato che afferma con atti, leggi e omissioni la nostra “non esistenza”.
Chiedo quindi a tutti i “non esistenti” e a tutti i democratici d’Italia che vogliono vivere in un Paese di “esistenti” di aderire alla protesta. Con me ci sono migliaia di donne, uomini, giovani e anziani, gay ed eterosessuali, intellettuali e operai, avvocati e giornalisti, giudici e casalinghe.
Tommaso Cerno
Tommaso Cerno Goffredo Bettini e Pippo Orlando
C’è il Gay Center di Roma e ci sono intellettuali come Aldo Busi, musicisti come Saturnino, attori come Ricky Tognazzi. Il mio appello ora è al premier Matteo Renzi, che ha rispettato su questi temi ciò che aveva promesso. Spetta alla maggioranza trovare la soluzione più praticabile, i gay devono potersi sentire parte del loro Paese, con pragmatismo e con sogno, secondo un progetto politico chiaro. Dare la colpa ai Cinque stelle non è una soluzione. Almeno non da leader.
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