DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Anais Ginori per "La Repubblica"
«Sono pronta a governare, a prendermi responsabilità nazionali». Marine, semplicemente. Tutti la chiamano per nome e già questo è un segnale, neppure piccolo, del fatto che il passato e la sua eredità sono ormai alle spalle, o almeno così si vuole far credere. La mutazione genetica e politica dei Le Pen pare compiuta se è vero, come dice l'ultimo sondaggio Ifop per il Nouvel Observateur, che il Front National potrebbe essere il primo partito francese alle prossime elezioni Europee.
Marine Le Pen risponde al telefono con il solito piglio. Il padre Jean-Marie sarà candidato, ma lei ormai vive di luce propria. La sua abilità di sdoganatrice su quello che un tempo era il "partito del Diavolo" è stata a lungo sottovalutata. «Non mi stupisco del nuovo sondaggio. Ho già detto che tra qualche anno saremo al governo, e io punto a fare la Presidente di questo paese che altrimenti rischia di finire in miseria».
Fino a dove vuole arrivare, Madame Le Pen?
«Sono pronta per l'Eliseo. Voglio governare la Francia. Non sopporto chi dice che non abbiamo le competenze necessarie, che siamo solo un partito di protesta. Abbiamo molti esperti, tra economisti e giuristi, che prima lavoravano per l'Ump e il Ps e che ora invece stanno con noi».
La sua ascesa è anche lo specchio della debolezza degli altri partiti tradizionali?
«I francesi sono stufi di questa casta Umps (l'acronimo di Ump e Ps, slogan di Le Pen,
ndr). Abbiamo una classe politica ridicolizzata. I cittadini sono stufi di essere rappresentati da governanti incapaci, aggrappati ai loro privilegi e pure accusati di corruzione».
Nel suo programma ci sono molti nemici: gli immigrati, l'Europa, la globalizzazione. E le soluzioni?
«Quando saremo rappresentati in massa al parlamento europeo, proporremo un programma in quattro punti: la fine dello spazio di Schengen, l'addio all'euro, il patriottismo economico e la superiorità del diritto nazionale sulle direttive europee».
Non le sembrano semplici slogan?
«Tutt'altro. Se entro un anno non otterremo soddisfazione su questi punti allora promuoveremo in Francia un referendum per chiedere l'uscita dall'Unione europea. Sono convinta che i cittadini saranno d'accordo con me: la maggioranza dei miei compatrioti non vuole morire in questo magma informe chiamato Europa».
Sul voto europeo lei è favorita perché si basa su un sistema proporzionale. Ma con il maggioritario a doppio turno?
«Per le prossime elezioni municipali (a marzo, ndr) abbiamo schierato centinaia di candidati giovani, preparati. Siamo noi la vera forza di rinnovamento della politica francese. Secondo tutti i sondaggi, passeremo il primo turno in moltissime città . Siamo già il primo partito del paese. L'Umps può vincere contro di noi al secondo turno solo alleandosi nel cosiddetto "fronte repubblicano"».
Perché non vuole riconoscere che il Front National è di estrema destra?
«Non accetto questa definizione. à un modo di chiuderci in un angolo. Siamo un partito patriottico, gollista».
Proprio sicura di ispirarsi al Generale De Gaulle?
«Certo perché come lui ha fatto in un'altra epoca anche noi difendiamo una Francia sovrana e che sappia difendere nel mondo la sua grandeur».
Si è accorta che i tempi sono cambiati?
«Infatti oggi la nostra sovranità si difende combattendo le derive del neoliberismo, gli abusi dell'economia di mercato, l'ingerenza di Bruxelles».
Non mancano gli anatemi contro rom e islamici.
«Il multiculturalismo ha fallito. Chi vuole vivere in Francia lo deve fare alle nostre condizioni, rispettando la République».
Il Presidente Hollande dice che l'Europa deve trarre un insegnamento dalla tragedia di Lampedusa. Qual è il suo?
«Sono andata a Lampedusa un anno e mezzo fa, mentre molti politici francesi facevano finta di niente. Purtroppo già allora avevo previsto queste tragedie. Anzi, avevo avvertito che i politici europei sarebbero stati moralmente responsabili delle prossime vittime. Quindi, non ho nulla da imparare ».
Come evitare che succeda ancora?
«L'Europa deve scoraggiare i viaggi della disperazione. Dobbiamo dire a questi poveretti che non abbiamo più niente da offrire ».
Neanche un briciolo di solidarietà per queste vittime?
«La solidarietà non si esercita quando si hanno già milioni di disoccupati, un sistema di protezione sociale che sta andando in rovina. Piuttosto dovrebbero essere solidali le monarchie dei petrodollari, vicine geograficamente a queste popolazioni povere. Noi pensiamo solo ai francesi».
2. L'ONDA LE PEN CHE SPAVENTA L'EUROPA
Cesare Martinetti per "La Stampa"
Da undici anni, nel lessico politico francese, la parola «choc» viene associata alla data del 21 aprile, giorno in cui l'impresentabile uomo nero Jean-Marie Le Pen, ruppe il tabù delle presidenziali, umiliando il socialista Jospin e guadagnando il ballottaggio contro il gollista Chirac.
Correva l'anno 2002. L'82 per cento dei francesi disse poi no a Monsieur Le Pen, ma intanto quello choc è ora diventato un vento costante che colloca il Front National al primo posto tra i partiti di Francia con il 24 per cento e spazza l'Europa non in forma di fantasma ma di realtà . Piccoli e grandi «front» si sono aperti ovunque e promettono sfracelli per le prossime elezioni del Parlamento europeo.
In Austria, tanto per dire l'ultimo paese Ue in cui si è votato, l'ultradestra di Heinz-Christian Strache, l'erede di Haider alla guida del Fpoe, si può serenamente definire l'unico vincitore delle elezioni con il 21,4. Socialdemocratici e Popolari restano alla guida del paese confermati in Grande Coalizione, ma entrambi ne escono con le ossa rotte. Avranno contro in Parlamento anche un nuovo partito anti-euro.
Piccoli Le Pen crescono, in Olanda, in Norvegia, in Gran Bretagna persino, dove la ministra dell'Interno Theresa May ha promesso di cancellare la legge sui diritti umani che armonizza il Regno Unito alla legislazione europea. La motivazione è che queste norme - ha detto May - ci impediscono «di cacciare gli immigrati criminali». In Grecia la crisi ha prodotto Alba Dorata che non si vergogna di definirsi nazista.
Tutti questi partiti e partitini hanno naturalmente sullo sfondo un'origine e un'ispirazione che contiene antisemitismo, xenofobia, islamofobia, ultranazionalismo etc. La miscela che compone quella «lepenizzazione» degli spiriti, come si diceva in Francia dopo lo choc, era il vero rischio derivante dall'affermazione di Le Pen.
Il quale, sia chiaro, rappresentava allora rievocazione aperta e allusione sottile ai più cupi fantasmi della storia francese: il governo antisemita e collaborazionista di Vichy, il terrorismo filo coloniale dell'Oas, la difesa dei bastonatori anti immigrati delle banlieues povere. Un mix che si condensava nella battuta del vecchio duce secondo cui le camere a gas di Auschwitz non erano state che «un incidente» della storia.
Naturalmente tutto questo sopravvive, ma non basta a spiegare quel che sta succedendo. Prendiamo proprio la Francia che in questo caso è all'avanguardia. Alla guida del Front non c'è più il vecchio Le Pen con la benda nera da pirata sull'occhio, ma sua figlia, una signora bionda nata dopo la guerra e quindi anagraficamente estranea al nazismo e ai suoi alleati. Finché il discorso politico del Front era il vecchio ritornello xenofobo e razzista, era facile tracciare intorno ad esso un cordone sanitario di galateo politico democratico o, come si dice in Francia, «repubblicano».
Ora che invece il discorso di Madame Le Pen è empirico e pragmatico, quasi una constatazione del malessere e della povertà diffusa, è difficile denunciare l'ideologia antidemocratica. I partiti tradizionali, socialisti e gollisti per semplificare, sinistra e destra «repubblicane» si ostinano nel vecchio schema rivelando così l'incapacità di adattare l'azione politica alle disillusioni dell'elettorato sui cui gioca il Front.
Il partito, per usare un'altra espressione francese, si è ormai «banalizzato», è diventato come gli altri, ha rotto il tabù, il cordone sanitario non ha più ragion d'essere. E Madame Le Pen ci va a nozze. Quando l'inviato de La Stampa che la seguiva in campagna elettorale le ha chiesto perché andava a fare il «porta a porta» nei quartieri popolari all'ora di pranzo, la signora ha risposto: «Perché sono sicura di trovare i miei elettori: casalinghe, pensionati, disoccupati».
Ciò che rende europeo, trasmissibile e contagioso lo choc del Front è un mix composto di: sfiducia e ostilità verso l'entità Ue in tutte le sue declinazioni, dall'euro ai grandi progetti transnazionali, alle regole, alle aperture. à un sentimento antiglobalizzazione di ripiegamento economico, ma anche politico ed etico. Un orizzonte che si stringe, la difesa del confine, la rinuncia alla prospettiva che rivela qualcosa di più profondo che non è soltanto una legittima reazione alla crisi. à una reazione che colpisce sinistre e destre di governo, tutti i soggetti della politica tradizionale. Un sentimento che in Italia hanno espresso in parte prima la Lega ora i Cinque Stelle.
Un mix che unisce destra e sinistra e che si condensa nell'ideologia No Tav (non nell'opposizione locale all'opera, comprensibile) che costituisce da noi il punto più simbolico di tutto questo: il grande progetto visto soltanto come un gorgo di spreco, mafia, corruzione, affarismo. E che si esprime con paradossale autolesionismo esultando ad ogni notizia di ritardo ed esitazione francese nel finanziamento dell'opera quando invece dovrebbe preoccupare la marginalizzazione dell'Italia.
In Germania, il partito antieuro ha preso da destra e sinistra arrivando al 4,7 per cento pur in un paese di benessere diffuso e quasi di piena occupazione. E la signora Merkel ha vinto anche perché ha saputo convincere gli elettori di aver messo gli interessi dei tedeschi davanti all'Europa. Sembra questa l'unica ricetta contro scetticismi e qualunquismi: la buona politica, affidabile, trasparente ed efficace.
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