DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Mattia Feltri per "la Stampa"
Alla fine è stato un funerale collettivo: quel che rimane della destra italiana - di quella destra italiana lì - è finito sotto terra lunedì a Bergamo insieme con Mirko Tremaglia. Si erano ritrovati tutti, ex aennini, pidiellini, neofuturisti, attorno al vecchio e commovente fascista che partendo per Salò a diciassette anni era stato quello che tutti loro hanno soltanto sognato di essere.
Sembrava il preludio di un film romantico, il giorno in cui per la prima volta, dopo la nascita del Popolo della Libertà e la scissione finiana, tutti si ritrovavano, finalmente, in memoria di ciò che li aveva uniti, e che forse ancora li univa, nonostante tutto. La pietra tombale è stato un ceffone che il deputato del Fli, Aldo Di Biagio, ha mollato a Raffaele Fantetti, senatore berlusconiano, e mentre, con un infinito carico di enfasi involontariamente ironica, la fanfara dei bersaglieri suonava sotto la pioggia "Allarmi siam fascisti".
Come è andata, lo riassume il sito di Futuro e Libertà (spiegando che dunque Gianfranco Fini avrebbe fatto bene a eclissarsi): «La cerimonia è stata gestita più o meno come una manifestazione politica del Pdl». Dicono le cronache e confermano i presenti che sono stati chiamati alle orazioni soltanto uomini del Popolo della libertà - partito di cui, in disprezzo a Silvio Berlusconi, Mirko non aveva mai preso la tessera - e in una sequenza in cui è complicato entrare per le implicazioni sentimentali di una intera e sfortunata famiglia.
Comunque, hanno parlato il sindaco di Bergamo, Franco Tentorio, e i parlamentari Giorgio Jannone e Alessandra Gallone. Ha parlato Andrea Tremaglia (figlio di Marzio, il ragazzo di Mirko morto quarantenne nel 2000 per un cancro al cervello), giovanotto politicamente impegnato con il Pdl.
Ha parlato, sollevando qualche muta perplessità , il vicecapogruppo del Pdl alla Camera, Massimo Corsaro, da tempo compagno della moglie di Marzio. Corsaro ha letto, assecondando una scelta non facilmente comprensibile, la straziante lettera che Marzio scrisse a Mirko il giorno prima di essere vanamente operato alla testa, una lettera in cui diceva - lui - di essere certo e di essere orgoglioso di non avere mai deluso il padre. A questo punto, nella chiesa di San Bartolomeo, all'estremità orientale del Sentierone, qualcuno ha preso a borbottare.
A girare i siti dei futuristi - che alla morte di Tremaglia erano però apparsi un po' freddini, loro così ansiosi di sfuggire al ghetto del fascismo fieramente rivendicato dal ragazzo di Salò - oggi si legge il rancore ormai irrimediabile. C'è chi scrive che sarebbe stato meglio se non avesse parlato nessuno, a parte i familiari. Chi scrive che qualcuno del Fli aveva ben il diritto di aggiungersi all'elenco (un diritto che a Fini, fosse stato presente, non sarebbe stato negato).
Il sospetto che il Pdl intendesse appropriarsi di Tremaglia morto - dopo che alcuni leader lo hanno trascurato e qualche volta deriso da vivo - si è consolidato quando in chiesa ha preso il microfono Fantetti, senatore eletto all'estero, uno ignoto come amico di Tremaglia e che rifiutò di aderire al Fli, così che a Palazzo Madama il gruppo non nacque. Lì Di Biagio non ci ha più visto. Finito l'intervento, Di Biagio si è avvicinato a Fantetti e gli ha detto: «Hai perso un'altra occasione per essere un uomo». Fantetti se ne è rimasto zitto.
Poi, terminata la funzione, i due si sono ritrovati sul sagrato dove Di Biagio - uno che ha la triste fama di quello che alza spesso le mani - è ripartito all'attacco. Ha detto a Fantetti di vergognarsi e, quando ha provato a replicare, Fantetti si è preso lo schiaffo. Un gesto tutto sommato banale, e fra due personaggi probabilmente secondari e che però, mentre si dà l'addio a Tremaglia, rende lo stato della destra, il disfacimento in una nuova e piccolissima guerra civile, in cui ognuno vede Badoglio nell'avversario.
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