GALEOTTO FU IL PIZZINO – EPIFANI VEDE BERSANI AL PUB E PRENDE APPUNTI SULLA LOTTIZZAZIONE DELLE NOMINE PUBBLICHE (COSÌ FAN TUTTI!)

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1. SUL PIZZINO DEL SEGRETARIO LE GRANDI MANOVRE SULLE NOMINE
Giorgio Meletti per "Il Fatto Quotidiano"

Un giorno gli storici saranno grati all'imprudenza di Guglielmo Epifani. Uscito dal pub di riferimento di Pier Luigi Bersani, dove ha chiesto lumi al predecessore, il segretario del Pd si è tenuto in mano il foglietto con gli appunti. Offrendo così ai fotografi uno squarcio di realtà migliore dello streaming: con l'imminente tornata di nomine pubbliche ci sarà un terremoto.

Subito il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri ha fulminato Epifani come "aspirante lottizzatore", ma il suo commento ha rivelato che la posto in gioco non è l'etica ma l'equa spartizione. "C'è un problema di equilibrio politico e di trasparenza", ha chiarito l'esponente del Pdl. Come dire che si lottizza tutti insieme.

Le vie della spartizione sono sempre state trasversali. Ma stavolta la regola classica ("chi vince fa le nomine ma lascia all'opposizione gli strapuntini") è superata dalla filosofia delle larghe intese. I manager di area non sono più sicuri di niente.

Prima sapevano in quale anticamera accamparsi in attesa della benedizione. Adesso siamo alle nomine bipartisan, su cui non a caso si lavora a palazzo Chigi, sotto la regia bicefala del premier Enrico Letta e del suo vice Angelino Alfano.

Ed ecco che Epifani e Bersani sorseggiano la birra facendo i conti con il nuovo scenario. Bersani spiega, Epifani prende appunti. Scrive "scelte radicali". È il primo comandamento di Letta-Alfano, e del ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni al quale appartiene il potere di nomina: voltare pagina rispetto all'immobilismo del governo Monti che ha lasciato marcire per oltre un anno il problema Finmeccanica. Scade il 14 giugno il vertice della Sace, potente società che sostiene con le sue polizze le esportazioni. Il 29 tocca alle Fs. Il 4 luglio alla Finmeccanica. "Scelte radicali" significa che un governo che soffre di essere considerato debole potrebbe volersi riscattare con nomine tutte nuove.

L'ampia maggioranza parlamentare consente, almeno in teoria, di concordare una sorta di disarmo bilanciato, in cui nessuno dei manager uscenti potrebbe più contare sugli antichi appoggi, e potrebbe anzi lasciare il posto al risultato di nuovi equilibri. Nelle larghe intese torna la spartizione modello Prima Repubblica: i miei (Pd), i tuoi (Pdl), i suoi (Scelta civica) e i bravi. Il governo Letta-Alfano, quando varerà il "comitato nomine" per garantire trasparenza e meritocrazia, dovrà indicare quante poltrone toccheranno a ciascuna delle quattro categorie.

Chi trema più di tutti è il numero uno di Finmeccanica Alessandro Pansa, omonimo del nuovo capo della Polizia. È stato nominato lo scorso febbraio dopo l'arresto di Giuseppe Orsi. Nel foglietto di Epifani c'è il nome di Giuseppe Zampini, attualmente al vertice di Ansaldo Energia. Stava per farcela nel 2010, ma all'ultimo momento la Lega impose a Giulio Tremonti il nome di Orsi. Zampini non è uomo di sinistra, ma gode della stima del Pd oltre che di uomini chiave del centro-destra come Letta Gianni. Bersani pensa che sia la persona giusta per rimettere in carreggiata Finmeccanica, anche a costo di vederlo messo "in quota Pd", cosicché il Pdl rivendichi l'indicazione di poltrona equipollente.

Epifani scrive anche "Cdp", che sta per Cassa Depositi e Prestiti. Strano, perché il consiglio è stato rinnovato lo scorso 17 aprile. Ma è anche vero che l'ex ministro dell'Economia Vittorio Grilli ha inserito nel vertice solo funzionari del ministero, pronti a lasciare il passo a indicazioni più "politiche" del nuovo governo. Qualcuno ipotizza addirittura un azzeramento di tutto il consiglio, che potrebbe mettere in discussione la presidenza di Franco Bassanini, poco amato dal Pd. Non è detto però, e infatti Epifani annota uno sgorbio che potrebbe essere letto "freschi", cioè appena nominati (il segretario del Pd non ha però fornito una decrittazione dei suoi appunti).

Infine la Sogin, la società per lo smantellamento delle centrali nucleari spente nel 1987 dopo il primo referendum. Il vertice è scaduto. Epifani appunta: "Cambiamento / Mino-poli". Umberto Minopoli è legato a Bersani del quale è stato consigliere economico al ministero dell'Industria. Ma è anche un manager esperto, direttore commerciale di Ansaldo Nucleare di cui è da poche settimane presidente.

Non sappiamo se Bersani lo ha consigliato per la guida della Sogin o solo come un competente a cui chiedere un'indicazione. Perché poi ai politici toccherebbe anche il compito di trovare quelli bravi da nominare.

2. EPIFANI E QUEL BIGLIETTO SULLE NOMINE IL NODO DEI VERTICI DI FINMECCANICA E SOGIN IL SEGRETARIO: I NOMI NON CI INTERESSANO CON BERSANI HO DISCUSSO DI POLITICA INDUSTRIALE
Sergio Rizzo per "Il Corriere della Sera"

Monopoli o Minopoli? Questo è il dilemma da sciogliere per risolvere l'ultimo rebus regalatoci dallo scatto malandrino del fotografo che giovedì ha immortalato il segretario del Pd Guglielmo Epifani che usciva dal pub dove si era incontrato con il suo predecessore Pier Luigi Bersani con un foglio bianco piegato in quattro fra le mani. Sopra c'erano nomi, situazioni, suggestioni. Compreso un passaggio inequivocabile sulle aziende pubbliche.

Dunque la parolina scritta in fondo all'appunto si deve leggere «Monopoli», come sembra, o non piuttosto «Minopoli»? Ex funzionario del Partito comunista transitato successivamente nello staff ministeriale di Bersani al tempo del primo centrosinistra,

Umberto Minopoli è atterrato come dirigente nel gruppo Finmeccanica. Da poco è stato nominato presidente dell'Ansaldo nucleare: ragion per cui, a guardare meglio quell'appunto, il suo nome sembra da accostare più alla parola «Sogin», la società del Tesoro che ha il compito di smantellare le vecchie centrali atomiche, anch'essa in attesa di rinnovo.

Al vertice dell'Ansaldo nucleare l'ha collocato il capo dell'Ansaldo energia Giuseppe Zampini. Altro nome che compare su quel foglio. Dove campeggia un concetto minaccioso: «scelta radicale».

Inevitabile, con quei nomi e quelle parole, pensare a un possibile terremoto in Finmeccanica, dove all'inizio di luglio è prevista una tornata di nomine. Appuntamento delicatissimo, tanto per la situazione in cui versa il gruppo quanto per le differenti visioni sulle strategia di quello che è ormai il principale gruppo italiano nei settori tecnologici.

Epifani però dice che con Bersani, ex ministro dell'Industria per ben due volte, non ha parlato di nomine, ma soltanto di politica industriale. Quindi della Sogin. Ma anche della Cassa depositi e prestiti, la banca del Tesoro nella quale si concentrano partecipazioni industriali quali quella nell'Eni, attività infrastrutturali (il fondo strategico F2i) e finanziarie. Per arrivare alla Finmeccanica. Per cui l'ex segretario della Cgil ha una convinzione: che il timone debba essere affidato a persone competenti in materia industriale. Chi? «I nomi non ci interessano, l'importante è che siano i manager migliori», ripete Epifani. Rivendicando di essere sempre stato refrattario alle pratiche previste dal manuale Cencelli.

Ma non c'è alcun dubbio che anche quello sia un nodo cruciale. Sappiamo che il Tesoro ha rinviato le nomine alla Finmeccanica in attesa di mettere a punto criteri di professionalità e merito da applicare a tutte le nomine pubbliche. L'interrogativo di fondo è se davvero c'è il coraggio di imboccare una strada mai percorsa, e senza che i politici ci mettano bocca.

La difficile scelta spetta oggi soprattutto al Partito democratico. Che ha il boccino in mano e da 12 anni non tocca palla nelle nomine che contano: dal 2001 i vertici di Eni, Enel, Finmeccanica, Poste e di tutte le altre grandi aziende di Stato sono sempre stati scelti dal centrodestra. La sola volta che poteva andare diversamente si era a ridosso delle elezioni del 2008 e il ministro del Tesoro Tommaso Padoa-Schioppa decise di far slittare le assemblee per consegnare il dossier al governo entrante. Di nuovo guidato da Berlusconi. Perciò non sorprenderebbe, adesso, che qualcuno possa meditare una clamorosa rivincita. Vedremo se i criteri fissati dal Tesoro funzioneranno come foglia di fico delle decisioni politiche o saranno una svolta autentica.

Sulla Finmeccanica, poi, le partite dei nomi e delle strategie sono strettamente intrecciate. E anche qui, nel Partito democratico, si confrontano due scuole di pensiero. C'è quella vicina a Epifani e Bersani, che punta evidentemente alla «scelta radicale». I due ne avrebbero discusso solo in termini di politica industriale, condividendo l'idea di rilanciare le attività civili. Una inversione di rotta di 180 gradi rispetto ai disegni strategici perseguiti nell'ultimo decennio, tutti protesi a valorizzare il settore militare. Questo cambio di direzione potrebbe però avere conseguenze «radicali» anche sui vertici, se l'idea è quella di puntare su manager con una solida esperienza industriale.

Per esempio facendo decadere l'intero consiglio di amministrazione per mettere alla testa del gruppo pubblico, ora amministrato dall'ex espertissimo direttore finanziario Alessandro Pansa, un team nuovo di zecca. Con la missione di concentrarsi su settori quali energia e trasporti.

Idea opposta rispetto a quella di chi invece è convinto che nella situazione attuale non servano scossoni e punta a mantenere lo status quo almeno fino alla scadenza naturale del consiglio di amministrazione, limitandosi ad affiancare Pansa con un presidente. Chi? Il nome più gettonato è quello dell'ex sottosegretario alla presidenza Giovanni De Gennaro, che fu nominato capo della Polizia nel 2000 dal governo di centrosinistra.

 

 

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