DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL…
1. ISRAELE SIGILLA I QUARTIERI ARABI DI GERUSALEMME
Maurizio Molinari per www.lastampa.it
Israele teme un’intensificazione degli attacchi terroristici ed a Gerusalemme arrivano i soldati per rafforzare la prevenzione. Si tratta di oltre mille militari che l’esercito si schiera «a corona» attorno ai quartieri arabi di Gerusalemme Est, da dove sono arrivati finora l’80 per cento degli autori degli attacchi compiuti nelle ultime quattro settimane. Si tratta dei quartieri di Beit Hanina, Shuafat, Issawya, Silwan, Jabel Mukaber e Zur Bacher.
Posti di controllo esterni e pattuglie si sommano alle attività già in corso da parte di polizia e guardia di frontiera. Le misure anti-terrorismo si concentrano su Gerusalemme, dopo i 3 morti e 20 feriti di ieri, ma riguardano anche le altre maggiori città. Il governo Netanyahu inoltre autorizza la polizia a «chiudere aree a rischio» e «imporre coprifuoco» nei quartieri arabi di Gerusalemme se sarà necessario. Il ronzio dei droni si sente sopra più quartieri della città.
Il Comune inaugura un “call center” per denunciare attacchi: il numero da digitare è 9215*. Gli insediamenti ebraici in Cisgiordania temono attentati e bloccano l’ingresso a tutti i lavoratori arabi nelle prossime 48 ore. Arruolate dal governo 300 guardie private per difendere i luoghi pubblici nelle maggiori città.
L’opposizione laburista, guidata da Isaac Herzog, condivide le misure adottate dal premier Benjamin Netanyahu mentre è l’opposizione di destra guidata da Avigdor Lieberman a chiedere di più rigide: «Bisogna imporre la legge militare nei quartieri arabi di Gerusalemme e nei villaggi arabo-israeliani della Galilea». Il Segretario di Stato Usa, John Kerry, annuncia l’imminente arrivo nella regione per «spingere il Medio Oriente lontano dal precipizio».
2. ISRAELE, ATTACCHI IN SERIE CON PISTOLE E PUGNALI TRE MORTI E VENTI FERITI
Davide Frattini per il “Corriere della Sera”
Nella «giornata della rabbia» proclamata da Hamas e dalla Jihad Islamica i primi attentati, quelli più gravi, sono quasi simultanei. A Gerusalemme due palestinesi assaltano un autobus di linea, sono armati di pistola e coltelli, sparano ai passeggeri, ne uccidono due, i feriti sono almeno venti. A Raanana, sobborgo elegante a nord di Tel Aviv, due attacchi con il coltello nel giro di poche ore. Di nuovo a Gerusalemme un arabo investe i passanti, ammazza un ebreo israeliano, scende dall’auto e insegue chiunque possa colpire con una mannaia.
In dodici giorni sono stati uccisi sette israeliani. Il premier Benjamin Netanyahu ha convocato d’urgenza il consiglio di sicurezza e ha discusso con il capo di Stato maggiore le nuove misure. Prima della riunione annuncia in tv «non esiterò a usare tutti i mezzi più aggressivi nel nostro arsenale per riportare la calma» e avverte Abu Mazen, il presidente palestinese: «Basta mentire e istigare, un leader deve agire con responsabilità. Non trasformate gli assassini in eroi». Gli attacchi contro i civili sono stati condannati dagli Usa, che invocano la fine delle violenze.
Il governo israeliano valuta se dispiegare l’esercito per le strade di Gerusalemme, circondare i quartieri arabi, togliere la residenza alle famiglie degli attentatori. Anche Isaac Herzog, leader laburista all’opposizione, appoggia l’idea di una «chiusura» dei Territori e di Gerusalemme Est: è da quelle zone – spiega lo Shin Bet, il servizio segreto interno – che è arrivato l’80% degli assalitori.
Gli scontri sono andati avanti anche Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, dove ancora una volta gli abitanti hanno marciato verso la barriera che li separa da Israele cercando di sfondare il reticolato. A Betlemme un giovane è stato ucciso dall’esercito. I palestinesi morti sono oltre 20 dal primo ottobre, tra loro anche gli attentatori colpiti dalla polizia dopo l’attacco.
Saeb Erekat, consigliere di Abu Mazen e segretario generale dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, dice di considerare «Israele responsabile delle violenze» e annuncia di voler chiedere all’Onu «un’inchiesta sulle esecuzioni sommarie ed extragiudiziarie della polizia»: «Alcuni adolescenti sono morti solo perché la gente attorno urlava di sparare perché avevano tirato fuori il coltello».
Sui siti Internet arabi sono circolati le foto e il video del ragazzino palestinese investito lunedì da un’auto a Pisgat Zeev, insediamento nella parte est di Gerusalemme: le immagini lo mostrano a terra sanguinante, circondato da israeliani che lo insultano. Quello che non fanno vedere e non raccontano sono i momenti precedenti, quando assieme al cugino ha pugnalato un israeliano di 13 anni, la sua stessa età.
netanyahu visita una ragazza vittima di accoltellamenti
@dafrattini
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