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GETTATE L’ANKARA! LA SCONFITTA DI ERDOGAN E’ LA CONSEGUENZA DI UNA FRENATA DELL’ECONOMIA, DELLA CRISI SIRIANA E DELLA GESTIONE SEMI-DITTATORIALE DEL PAESE - ORA CAMBIERÀ IL RUOLO DELLA TURCHIA IN MEDIO ORIENTE

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1 - ERDOGAN RESTA SENZA MAGGIORANZA

Il Gran Mufti Mehmet Gormez e ErdoganIl Gran Mufti Mehmet Gormez e Erdogan

Marta Ottaviani per “la Stampa”

 

Il presidente turco Erdogan paga le conseguenze della crisi siriana e l’economia che inizia a traballare e perde la maggioranza assoluta, trovandosi con il suo partito Akp (islamico-moderato) per la prima volta in 13 anni davanti a un’opposizione degna di questo nome, cosa alla quale non era abituato.

 

I curdi hanno fatto un miracolo e con il 12% entrano per la prima volta in forza in Parlamento. I repubblicani del Chp hanno tenuto i consensi e si confermano il primo partito della minoranza. Eppure nei prossimi giorni i giochi potrebbero essere decisi dai nazionalisti del Mhp, il vecchio partito a cui facevano riferimento i Lupi Grigi di Ali Agca, che si è preso parte dei voti di Erdogan.

ERDOGAN E LA FIGLIA SUMEYYE  ERDOGAN E LA FIGLIA SUMEYYE

 

ADDIO PRESIDENZIALISMO

Il Presidente della Repubblica, che in queste elezioni ci ha messo come non mai la faccia, ne esce sconfitto, con 8 punti in meno rispetto alle politiche del 2011. Non solo non ha i seggi per formare il governo da solo (a spoglio ultimato ne ha 259 su 276 necessari), ma è lontano anni luce dai 330 che gli servono per cambiare la Costituzione e sottoporla al referendum.

 

SUMEYYE ERDOGAN E SUO PADRESUMEYYE ERDOGAN E SUO PADRE

Bahceli, vecchio e scaltro segretario del Mhp, con il suo 16,5% porta in dote 81 seggi molto preziosi, che però è pronto a fare pagare a caro prezzo. Per il momento, il partito, che si distingue per il suo programma decisamente conservatore, non ha ancora fatto sapere se scenderà a patti con il Capo di Stato, tanto che nel Paese c’è già chi pensa che potrebbe finire con le elezioni anticipate. Di certo, però, se lo dovesse fare, per i curdi sarebbero tutto fuorché buone notizie, visto il carattere fortemente veteronazionalista e le posizioni in materia di identità nazionale.

 

IL «SULTANO»

il palazzo di erdogan ad  ankarail palazzo di erdogan ad ankara

Il Presidente della Repubblica è apparso infastidito dal risultato elettorale. Un governo di coalizione, forse gli farebbe ottenere le riforme costituzionali per il presidenzialismo forte, ma dall’altra parte limiterebbe la sua azione non solo nella politica internazionale, ma anche nel tentativo di controllo di istituzioni come la magistratura e la Banca Centrale. Ci sono poi due altri particolari e non sono particolari di poco conto. Il primo è rappresentato dalla straordinaria affermazione curda, che porta in parlamento 79 deputati su 550, che non possono essere ignorati, se si conta che l’Hdp, il Partito curdo, ha già detto di essere pronto a portare l’opposizione nelle strade.

 

il  palazzo di erdogan ad ankarail palazzo di erdogan ad ankara

C’è poi il regolamento di conti all’interno dello stesso Akp, con una parte del partito stanca del commissariamento a cui lo ha sottoposto Erdogan e che adesso potrebbe approfittare del momento di debolezza del Presidente e del suo primo ministro Ahmet Davutoglu.

Tutti gli scenari sono aperti, di certo, da ieri, la Turchia non è più il monolite di Erdogan. Ma per la tenuta democratica, non è detto che sia un male.

 

2 - LA SUA LEADERSHIP PERDE SMALTO ANCHE SUL FRONTE MEDIORIENTALE

Maurizio Molinari per “la Stampa”

 

erdogan in versione imperatore ottomanoerdogan in versione imperatore ottomano

L’esito delle elezioni politiche turche segna l’inizio della fine dell’era di Recep Tayyp Erdogan come leader indiscusso in Turchia, innescando un effetto-domino in Medio Oriente dalle imprevedibili conseguenze. Perdere la maggioranza assoluta, che aveva dal 2002, significa per il partito di Erdogan doversi affidare ad un precario governo di coalizione con gli ultranazionalisti oppure, fra 45 giorni, affrontare una nuova campagna elettorale tentando di presentarsi come unica alternativa all’instabilità.

 

erdoganerdogan

In entrambi gli scenari significa affrontare incognite a cui Erdogan non è abituato: trattative parlamentari con alleati ed avversari oppure un tentativo di rivincita che potrebbe ulteriormente indebolirlo. Ciò implica aver perso, anzitutto ad Ankara, l’aureola di leader invincibile perché portatore di una ricetta che voleva essere rivoluzionaria: l’Islam politico come forma di governo, basato sul sostegno dei ceti più poveri.

 

PERSA L’INVINCIBILITÀ

Dopo 13 anni di leggi, decreti e regolamenti tesi a smantellare l’identità nazionale laica voluta da Ataturk - dalle norme per spingere le giovani donne a non andare all’università al ripristino della scrittura ottomana fino all’indebolimento delle forze armate - Erdogan si trova a fare i conti con un Paese che chiede novità, in termini di leadership, e riforme interne, dalla lotta alla corruzione alla libertà del web.

 

A prescindere dalle risposte che tenterà di dare ad un simile terremoto politico interno, ciò che conta per il Medio Oriente è la perdita del manto dell’invincibilità che aveva consentito ad Erdogan di perseguire, su scala regionale, il disegno di una sfera d’influenza neo-ottomana da Aleppo a Tripoli.

TURCHIA - PROTESTE CONTRO IL GOVERNO ERDOGAN.TURCHIA - PROTESTE CONTRO IL GOVERNO ERDOGAN.

 

Aiuti militari alle milizie islamiche siriane per deporre Bashar Assad, finanziamenti a grappolo alla Striscia di Gaza in mano a Hamas, invio di armi e rifornimenti ai gruppi islamici che controllano Tripoli in Libia e il duello a viso aperto con l’Egitto per difendere i Fratelli Musulmani del deposto presidente Mahmud Morsi sono mosse che, dal 2011, hanno svelato l’ambizione di Erdogan di sfruttare l’implosione del mondo arabo per trasformarsi in una sorta di nuovo Sultano.

 

Alleandosi con l’Emiro del Qatar, con cui ha creato un consiglio strategico bilaterale, per puntare su gruppi e partiti islamici al fine di imporsi nei diversi scenari di crisi. Anche al prezzo di consentire a Isis di sfruttare la Turchia per rifornirsi di volontari ed armi.

 

PROTESTE ANTI ERDOGAN A BERLINO PROTESTE ANTI ERDOGAN A BERLINO

IL RUOLO IN MEDIORIENTE

Il risultato più importante di questa strategia è stato l’accordo con l’avversario dichiarato, l’Arabia Saudita di re Salman, per spingere il Siria le milizie finanziate dai due Stati ad unirsi dell’«Esercito della Conquista» per accelerare il rovesciamento di Assad. Ma questo edificio neo-ottomano - fondato su ideologia islamista, un esercito formidabile e ingenti risorse - si è basato sulla percezione dell’invincibilità del Sultano, che ora viene meno.

 

Ciò significa che alleati più o meno vassalli di Erdogan - da Hamas ad Al Nusra - percepiscono la vulnerabilità del protettore e cercheranno nuovi riferimenti. È un processo destinato a scompaginare lo schieramento islamista sunnita filo-turco. Saranno le prossime settimane a suggerire se le potenze regionali rivali riusciranno a fare veloci acquisti fra i vulnerabili alleati del Sultano indebolito. Oppure se Erdogan sceglierà di alzare il tiro e riaffermare con autorità l’obiettivo neo-ottomano al fine di riguadagnare terreno in patria.

 

erdogan merkel erdogan merkel proteste in turchia contro il governo erdogan proteste in turchia contro il governo erdogan ERDOGAN E OBAMA IN COREA DEL SUD ERDOGAN E OBAMA IN COREA DEL SUD Sumeyye ErdoganSumeyye Erdogan