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1. FLOP A SINISTRA, GENTILONI TIENE: ORA LA SFIDA AI BERSANIANI
Alberto Gentili per ‘Il Messaggero’
lotti e giachetti festa unita roma
Roberto Giachetti, il minotauro del Pd per metà renziano e per metà gentiloniano, non è uno che le manda a dire. Così, poco dopo che il tabellone del Senato ha finito di lampeggiare 181 sì (20 in più del necessario) allo scostamento dal pareggio di bilancio inserito nel Documento di economia e finanza (Def) e 164 sì alla nota di aggiornamento (la maggioranza assoluta era a quota 161), Giachetti twitta: «I voti sul Def dimostrano in modo definitivo l'irrilevanza non solo politica, ma anche numerica, di Mdp».
Non è il veleno di un tifoso. E' la matematica a dirlo. Nonostante lo strappo di Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema, in barba alla decisione dei 16 senatori di Articolo 1-Mdp di uscire dalla maggioranza e di passare all'appoggio esterno, il governo non boccheggia. Non arranca. «I numeri ci sono, la manovra economica verrà approvata senza patemi. Sono state appena fatte le prove generali», certificano soddisfatti a palazzo Chigi.
A rendere Mdp irrilevante, permettendo a Paolo Gentiloni di celebrare «responsabilità» e «stabilità», è il ritorno in campo di Denis Verdini. Per qualche tempo, dopo l'addio di Matteo Renzi a palazzo Chigi, si era eclissato. Ma nel giorno in cui i numeri contano (e tanto) Verdini e i suoi tornano a calcare la scena: più dodici sul tabellone alla voce Ala, il partitino di Denis. Più 6 voti dei senatori vicini a Giuliano Pisapia (Stefano, Uras, Orellana, Bencini, Molinari, Romani) e 3 di Gal (Naccarato, Villari, D'Onghia).
LA STRATEGIA DEL PREMIER
Gentiloni incassa, sorride (alla Camera ha perfino lanciato un bacio ai cronisti) e non si scompone. Nel suo entourage non c'è imbarazzo per il sostegno di Ala: «Per oltre due anni ha votato per il governo. Semmai c'era da imbarazzarsi prima. In ogni caso quei voti non li abbiamo chiesti e non è stata aggiunta una sola parola al Def per avere il sì di Verdini, dunque...».
Dunque, voti gratis e benvenuti. In più, Gentiloni non ha intenzione di cambiare linea dopo lo spostamento al centro del baricentro della maggioranza. Anzi, la strategia del premier (concordata con Renzi) è quella di mettere in difficoltà Bersani e D'Alema. L'obiettivo: dimostrare che la decisione di passare all'appoggio esterno «è strumentale». «Se tagliamo, com'è probabile e come chiede anche il Pd, i ticket della sanità diventerà dura per Mdp votare contro...».
A palazzo Chigi nessuno nasconde la «delusione» e l'«irritazione» per la mossa di Bersani e D'Alema: «Gentiloni aveva ricevuto Pisapia e i capigruppo di Mdp lunedì. Era stato avviato un percorso. Avevamo promesso ascolto e misure nella direzione da loro indicata. Invece, hanno deciso di strappare». Segue una vagonata di perplessità mista a ironia: «Bisogna capire cosa intendono fare. Non si capisce se sono usciti davvero o se hanno ancora un piede in maggioranza: dicono che valuteranno dopo aver letto la legge di bilancio. Noi restiamo disponibili al confronto, ma ora è tutto più difficile. Certo, però c'è Pisapia che è decisamente più ragionevole». Ecco la chiave: strappare l'ex sindaco all'abbraccio con Mdp. Operazione ormai in discesa.
VISTO DAL NAZARENO
Nell'operazione si cimenta anche Renzi. Il segretario del Pd viene descritto «euforico». Perché «Bersani e D'Alema hanno fatto la fine di Turigliatto e Bertinotti, senza neanche riuscire a far cadere il governo». Perché, come dice il renzianissimo Andrea Marcucci, «Mdp è partito per suonarle ed è finito suonato». «Ed è stato dimostrato, a dispetto di D'Alema, che non serve il soccorso di Forza Italia per far passare la manovra». E perché una politica «fatta di solo rancore ci porterà tra le braccia Pisapia e perfino Pippo Civati, con Mdp solo e solitario nella ridotta di estrema sinistra con Fratoianni, Fassina e quelli del Brancaccio».
2. DENIS VERDINI - «NOI RIMANIAMO I GUARDIANI DELLE RIFORME NON POTEVAMO LASCIARE CHE SALTASSE TUTTO»
Emilio Pucci per il Messaggero
«Noi siamo responsabili, non potevamo certo far mancare il nostro appoggio in un momento così delicato». Ecco il ritorno in campo di Verdini. Mancava dall'Aula del Senato da diversi mesi, dall'ultima lettura della riforma costituzionale.
Esce da palazzo Madama soddisfatto dopo il voto sulla risoluzione del Def che ha toccato quota 164. La maggioranza tiene, Ala ha di fatto sostituito Mdp. «E' andata bene, anzi benissimo. Noi siamo coerenti, siamo per le riforme e lo abbiamo dimostrato ancora una volta», sorride. Con l'atteggiamento di chi sta operando anche in prospettiva. «Si lavora per far andare in porto il Rosatellum, è un ottimo sistema», confida.
Da tempo si tiene lontano da taccuini e telecamere. Ma non si tira indietro quando gli si chiede il perché del sostegno all'esecutivo sui provvedimenti economici: «Questa è una fase in cui ci vuole responsabilità, non si scherza su queste cose. E' in gioco in destino del Paese». Il concetto, avverte il senatore, è sempre lo stesso: «Noi rimaniamo i guardiani delle riforme. Non potevamo certo consentire che si buttasse all'aria quanto fatto finora per il ricatto di qualcuno».
Qualche tempo fa ai più sembrava in difficoltà, c'era addirittura chi prefigurava un suo ritiro dalla scena politica. Ma Verdini non ha perso affatto potere contrattuale: nei giorni scorsi ha incontrato Lotti, sente di continuo sia Renzi che Berlusconi, tornando a indossare i panni che gli sono più congeniali, quelli del pontiere. Al Senato si ferma a parlare con Romani, scambia battute con i ministri, si muove tra i banchi con la solita sicurezza. E detta la linea al gruppo. Nessuno si smarca. Perfino chi è tornato in FI come Auricchio continua a pensarla allo stesso modo: «Io confida il senatore pugliese l'ho detto a Gotor: voto al posto tuo. Nessuno vuole andare a casa».
Peccato che qualcuno di FI gli abbia tolto la scheda all'ultimo secondo, tanto da farlo risultare assente. In ogni caso da qui alla fine della legislatura i verdiniani saranno il paracadute, il salvagente del governo. «Gli stabilizzatori», si definiscono. Mdp fa un passo indietro? Denis ne fa due avanti. Il soccorso di Ala può arrivare anche sullo ius soli e su altri provvedimenti in agenda. «In questo ultimo semestre dice Barani ci siamo noi. Lo abbiamo detto al governo: nel giorno di San Francesco noi facciamo i francescani. Supporto gratis. E' una scelta ponderata fatta dal capitano». Ma intanto Verdini si dedica al ruolo che predilige, quello di regista.
GENTILONI TRA GLI ATTIVISTI PD
LA MISSION
La mission è sminare il campo da gioco, ovvero far sì che il Rosatellum bis veda la luce: «E' un'ottima legge, sarebbe un bene per l'Italia», sottolinea. «Le due forze riformiste devono portare insieme il Paese fuori dalla palude», ripete, riferendosi (senza nominarli) a Renzi e Berlusconi. «Io continuo nella mia battaglia contro la sinistra. Mdp sarà ininfluente», taglia corto Verdini. E ora con il Rosatellum bis l'ex coordinatore azzurro si giocherà tutte le sue carte, per contare ancora di più dopo le politiche.
«Saremo centrali», prevede. Del resto il Cavaliere sulla legge elettorale si fida ancora del suo ex braccio destro. «Sui numeri non sbaglia mai», ha raccontato l'ex presidente del Consiglio riferendo ai suoi dirigenti della telefonata con Denis. Ma fino alle elezioni non è previsto alcun asse con il partito azzurro. I pretoriani di Ala, ammette Verdini, potranno anche votare la fiducia «ma per assicurare il cammino delle riforme, non per ottenere poltrone».
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