FREQUENZE & MAZZETTE - GIACOLONE PROVA A FARE IL FURBO (“NON HO MAI INCASSATO TANGENTI”) MA TRAVAGLIO NON SOFFRE DI ALZHEIMER E LO MASSACRA - “È VERO CHE LA SENTENZA LO ASSOLSE DALLE ACCUSE DI CORRUZIONE E CONCUSSIONE PER AVER FAVORITO LA FININVEST COL PIANO FREQUENZE DEL1991. ANCHE SE ACCERTÒ CHE, APPENA USCITO DAL MINISTERO, GIACALONE DIVENNE CONSULENTE DI FININVEST (460 MILIONI DI LIRE)”…

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1- FREQUENZE & MAZZETTE...
Lettera di Davide Giacalone a "il Fatto Quotidiano"

Ringrazio, di cuore, il Fatto Quotidiano per avere ricordato l'ottimo lavoro svolto, nel lontano 1991, per l'assegnazione delle frequenze televisive. Purtroppo quel piano non fu mai applicato. Ove lo fosse stato il mercato televisivo sarebbe divenuto migliore e aperto a più concorrenza, nonché la nostra vita politica meno opaca. (...)

A onor del vero, però, quel piano non lo feci io, non avendone le competenze. Era così bello, però, che non mi dolgo dell'errore. La legge 223 del 1991, alias Mammì, non fu fatta con la Polaroid, semmai con Photoshop, nel senso che la foto era dimagrante. Anche di questo potremmo parlare, intanto ricordo a tutti Tele+. Come ricordo Telemontecarlo. Non solo la memoria talora falla, ma questa storia è colma di presunti avversari di Berlusconi che si fanno in quattro per favorirne gli affari (...).

Un dettaglio: non ho mai incassato tangenti da alcuna azienda, né l'ho mai ammesso. Quell'accusa, che mi fu rivolta, non è caduta in prescrizione, è stata ritirata dalla procura. La riformulazione (di natura giuridica totalmente diversa) cadde in prescrizione. Feci ricorso, purtroppo rigettato. Mentre sulle frequenze incassai l'assoluzione. Sono cose che ci siamo già scritti, ma che fa sempre piacere rinfrescare. Serve anche a mantenersi giovani.


RISPONDE MARCO TRAVAGLIO...
Da "il Fatto Quotidiano"

Davide Giacalone si mantiene giovane, infatti scrive su Libero. Ma la sua memoria perde colpi. L'"ottimo lavoro svolto" era talmente ottimo che nel '94 la Consulta dichiarò incostituzionale la legge Mammì proprio perché fotografava e consacrava lo status quo delle tre reti Fininvest e ordinò di spegnerne almeno una.

È vero che la sentenza del gup romano Fabrizio Gentili (3 aprile 2001) - come lui correttamente ci scrive come anche noi abbiamo scritto - assolse Giacalone con Letta, Galliani e i dirigenti di Videomusic e Telecampione dalle accuse di corruzione e concussione per aver favorito la Fininvest e le altre due emittenti col piano frequenze del 1991. Anche se accertò che, appena uscito dal ministero, Giacalone divenne consulente di Fininvest (460 milioni di lire), Videomusic e Telecampione. Congratulazioni .

Quanto alle tangenti che Giacalone incassava dalle imprese appaltatrici quand'era il braccio destro del ministro Mammì, invece, ricorda male. L'accusa di aver "ricevuto la somma di lire 1.500.000.000" versatagli dall'imprenditore Remo Toigo tramite Giuseppe Parrella (ispettore generale delle PPTT), è stata riformulata dal gup da ricettazione a corruzione. Cioè il giudice ha confermato che le tangenti c'erano eccome: per sbloccare gli appalti al ministero, Parrella andò da Giacalone.

E questi, "evidenziato che (...) le dazioni di denaro dovevano esser versate a esso quale rappresentante del Pri, si informò sull'entità complessiva delle tangenti in questione, rappresentando l'esigenza di soddisfare anche la Dc e il Psi". Parrella obbedì ed "elaborò un piano di ripartizione sulle somme derivanti dalle tangenti che per il 50% dovevano esser destinate al Giacalone e per il restante 50% dovevano esser divise" tra Dc e Psi. "Nell'interrogatorio reso il 23.5.1993 il Giacalone ha fornito una versione dei fatti sostanzialmente identica, essendosi esso limitato a sostenere di aver sempre operato su istruzioni del ministro".

Insomma, c'era una "prassi in uso presso il ministero delle Poste consistente nel versamento di tangenti da parte degli imprenditori che dal ministero stesso ricevevano appalti e in ordine al ruolo che nella riscossione di tali tangenti aveva il Giacalone... Il quale disse a Parrella ‘che doveva esser ben chiaro che l'impresa che avrebbe avuto l'appalto (per il piano frequenze, cioè la FTM di Toigo, ndr) doveva pagare a lui quale rappresentante del Pri una percentuale'".

Parrella riferì a Toigo e racconta di aver versato a Giacalone "circa 1 miliardo e mezzo a suo beneficio personale su un conto corrente estero dallo stesso fornitomi". E - nota il giudice - "la circostanza, del resto, è ammessa dallo stesso imputato (Giacalone, ndr) che, interrogato il 4.6.1993, ha ammesso di aver ricevuto la somma in questione versatagli su un conto corrente acceso presso la Banca Schroeder J.H.Bank di Ginevra, precisando, peraltro, di aver utilizzato la somma stessa, una volta rientrata in Italia, ‘per esigenze politico elettorali dell'on. Mammì'".

Dunque "Giacalone era consapevole del fatto che le somme di denaro che riceveva e, perciò, anche quella proveniente dal Toigo, erano connesse all'affidamento di appalti e, quindi, a un sistema di corruttela". E "lo stesso si inseriva in tale sistema in maniera determinante, provvedendo a riscuotere, sia pure per vie traverse, le somme in questione".

Dunque Giacalone, anche se ora ha rimosso, confessò di aver incassato tangenti sul suo conto svizzero. E non riuscì a dimostrare di aver girato quei soldi al partito: "L'assenza di prove - scrive il gup - in ordine alla destinazione della tangente alle esigenze del Pri e l'esistenza, piuttosto, della prova del versamento della tangente stessa su un conto riferibile al Giacalone, impedisce di qualificare il fatto, come prospettato dalla difesa, come finanziamento illecito.

Va quindi affermata la responsabilità del Giacalone per il delitto di concorso nella corruzione connessa al conferimento alla FTM dell'appalto riguardante l'elaborazione dei dati occorrenti per la predisposizione del Piano di assegnazione delle frequenze". Ma, grazie alle attenuanti generiche prevalenti, "il maturare della prescrizione ha determinato l'estinzione del reato".

Vivissimi complimenti a Giacalone per l'"ottimo lavoro svolto".

 

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