DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto dell’articolo di Gian Antonio Stella per “il Corriere della Sera”
sagra del Pecorino di Farindola
Ma come vengono scelti gli assessori regionali alla Cultura? La «scuola» salernitana di Vincenzo De Luca è sancita da anni: «Non proporremo mostre d’arte contemporanea che vi strizzano i perpendicoli. Tantomeno eventi di altissima cultura destinati a dodici pinguini riuniti in un salotto. Costoro, questi intellettuali di peso, considerino che esiste anche una cultura popolare non meno dignitosa di altre forme ed espressioni artistiche». Quella è la sua rotta, quella segue.
Assegnato quindi l’assessorato a chi più stima, cioè sé stesso, il presidente delega da anni a «istruire le pratiche culturali» un consigliere. Partito col filosofo Sebastiano Maffettone, ha poi optato per Patrizia Boldoni, la terza (ex) moglie di Corrado Ferlaino, dama dei salotti, curriculum zeppo di immobiliari e un «infortunio» (la condanna in primo grado per evasione d’un paio di milioni) pagato con un breve purgatorio prima del rientro...
Se una delle accuse al governatore campano è d’accentrare tutto tenendosi stretto lo scettro luccicante di assessore alla Cultura, libero di tagliare i fondi al San Carlo o al Mercadante, salvando Verdi e le Luci d’artista a Salerno, va detto che non è il solo. Si è tenuto la Cultura, dopo l’iniziale investitura a Massimo Bray, il governatore pugliese Michele Emiliano.
sagra del radicchio zero branco
Se l’è tenuta quello toscano Eugenio Giani, che sul sito ufficiale ricorda d’essere «autore di numerosi saggi e libri su vari argomenti di carattere sportivo e culturale», da Firenze e la Fiorentina a Festività fiorentine... Se l’è tenuta quello della Basilicata Vito Bardi, un militare della Finanza salito dalla Nunziatella al grado di generale di Corpo d’Armata. […]
Non solo sulle Dolomiti, ovvio. La bottega politica calabrese, per dire, più che alla cultura come potevano intenderla Alberto Ronchey o Giovanni Spadolini, è interessata agli «attrattori culturali». Pezzi d’arte o paesaggio per acchiappar turisti. Dopo i Bronzi di Riace, già esaltati come «feticci del nostro “marketing culturale”» (copyright Salvatore Settis), sfruttati via via per gli spot più demenziali, dalla pubblicità delle uova reggine («uova grandissime!») alle feste della birra («Gli sbronzi di Riace») fino alle «bambole gonfiabili erotiche di tipo giapponese con le sembianze dei Bronzi». […]
È una fissa quella dei «marcatori» o «attrattori» culturali. E la tutela? Il recupero dei tesori in degrado? La salvaguardia dei patrimoni a rischio? Boh... In un Paese che si pavoneggia d’avere un fantastilione di siti Unesco e li affida ad assessori geometri o odontotecnici, col massimo rispetto per i loro lavori, la nostra ricchezza storica e culturale è troppo spesso svilita a un recupero di generiche tradizioni identitarie legate in larga maggioranza alle sagre.
«Val più una salsiccia di un libro, verrebbe da pensare», ha scritto mesi fa Francesco Jori sul «Mattino di Padova», «a scorrere l’elenco dei contributi ad hoc erogati dalla Regione per finanziare la “divulgazione e valorizzazione del patrimonio culturale su cui trova fondamento l’identità veneta”». […]
bronzi di riace il ritrovamento
Ma l’assessorato alla Cultura della regione italiana più ricca di «bollini» Unesco (dieci, propri o condivisi) e cioè la Lombardia, è andato alcune settimane fa a Francesca Caruso. Meriti? Aver fatto parte dello studio legale di Ignazio La Russa? No, ha rassicurato: «Affronterò questo mio nuovo ruolo con umiltà, ma la cultura l’ho respirata un bel po’. Mia nonna era la sorella di Fausto Papetti». Un fenomeno, con la tromba.
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