RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
LUIGI BRUGNARO - PRIMA PAGINA DEL FATTO QUOTIDIANO
1. PM VENEZIA, SUI PILI 'LUNGO ACCORDO BRUGNARO E ACQUIRENTE'
(ANSA) - La tentata vendita dell'area dei Pili, sulla gronda della Laguna di Venezia, non è stata "una semplice trattativa" ma "un lungo percorso non portato a conclusione, in cui le parti hanno condiviso e co-deciso pure i dettagli del progetto", intervento "che sarebbe stato autorizzato dall'amministrazione comunale".
Lo scrivono i pm veneziani Roberto Terzo e Federica Baccaglini, ricostruendo la vicenda che fa parte delle accuse di corruzione nei confronti del sindaco Luigi Brugnaro e dei suoi collaboratori. La trattativa di vendita ricostruita dalla Guardia di Finanza è proseguita per oltre un anno "in parallelo allo sviluppo del progetto e al suo adeguamento alle crescenti richieste economiche di Brugnaro - sostengono i magistrati - che prevedevano nel prezzo anche la costruzione di un palazzo dello sport dapprima da 10.000 spettatori poi elevato a 16.000".
Brugnaro , il magnate singaporiano Ching e i propri collaboratori "si sono impegnati a fondo in una serrata trattativa per vendere i terreni su cui realizzare un intervento edilizio mastodontico, inizialmente di 168.000 metri quadri poi elevati a 430.000, volto alla costruzione di edifici a destinazione residenziale, servizi e financo casa di riposo, la cui consistenza è stata decisa assieme fin nei dettagli, con la garanzia che il venditore l'avrebbe fatto approvare nella sua veste di amministratore comunale".
Il progetto immobiliare, a detta della Procura, "avrebbe portato nelle casse dell'imprenditore Brugnaro 150 milioni dalla vendita dei terreni, sotto forma di denaro e di un grande palasport di 16.000 posti costruito dalla parte acquirente, che realizzava l'intervento immobiliare, e che sarebbe stato dato in dote alla società pallacanestro Reyer".
Lo stop nella primavera 2018, non fu dovuto alla "desistenza delle parti" ma per la scoperta, da parte dell'imprenditore singaporese Ching e dei suoi collaboratori - tutti indagati - che il terreno era pesantemente inquinato e "subito dopo il clamore derivato da articoli di stampa che svelavano la trattativa e denunciavano la commistione di interessi nella persona del venditore dei terreni e detentore dei poteri autorizzativi".
2. INCHIESTA VENEZIA, LA SOFFIATA DELLA “TALPA” ALL’ASSESSORE: «ATTENZIONE AI TROJAN NEL TELEFONINO»
Estratto dell’articolo di Angela Pederiva per “il Gazzettino”
L’inchiesta sulla corruzione a Venezia è andata avanti per due anni malgrado una “talpa” tra gli investigatori. Si tratta di «un militare infedele», che ha avvisato l’allora assessore Renato Boraso degli accertamenti compiuti dalla Guardia di finanza sotto il coordinamento della Procura, al punto da indurlo a dotarsi di un nuovo cellulare: un apparecchio «di ultimissima generazione», quindi a prova di trojan, come quelli del capo di gabinetto Morris Ceron e del suo vice Derek Donadini, secondo gli inquirenti però ugualmente attenti ad evitare anche le intercettazioni ambientali. Il retroscena spunta dal fascicolo, messo a disposizione degli avvocati delle 32 persone e delle 14 aziende indagate, affinché possano predisporre le loro difese.
Inizialmente sono state effettuate le tradizionali intercettazioni telefoniche, il cui esito è stato però «non decisivo», ammettono i pubblici ministeri Federica Baccaglini e Roberto Terzo, poiché gli indagati e i loro interlocutori si sono limitati «ad accordarsi per incontri di persona ovvero rinviando la prosecuzione delle comunicazioni su piattaforme quali WhatsApp», che richiedono l’installazione di un captatore informatico.
Gli inquirenti hanno provato a installare il trojan nei telefoni di quattro soggetti: Ceron, Donadini, Boraso e Alessandra Bolognin, direttrice generale dell’azienda pubblica Immobiliare Veneziana. Tuttavia l’operazione è riuscita solo per questi ultimi, in quanto gli altri due hanno chiesto all’azienda informatica municipalizzata Venis degli apparati «non infiltrabili».
La “talpa” sarebbe entrata in azione proprio su questo fronte. E non sarebbe stata la sola a mettere in guardia l’assessore: «La determinazione del Boraso a cambiare il telefono – puntualizzano gli inquirenti – è stata frutto di ripetuti avvisi ricevuti da persone diverse (tra cui un militare infedele e lo stesso sindaco Brugnaro) di essere sottoposto ad indagini».
Significativa per i pm è la captazione ambientale in cui il primo cittadino dice al componente della Giunta: «Ti ripeto... pensa prima di parlare! Soprattutto al telefono...». Un indizio, secondo l’accusa, del fatto che Brugnaro sarebbe stato al corrente delle condotte di Boraso e lo avrebbe avvertito, «garantendogli comunque il suo “silenzio”».
coraggio italia di giovanni toti e luigi brugnaro
[…] Ceron e Donadini si sarebbero imposti una severa «autodisciplina» dopo l’accesso dei finanzieri in Comune per acquisire documenti riguardanti la cessione dei palazzi storici Donà e Papadopoli. Il loro traffico telefonico “normale” si sarebbe «fortemente ridotto» a favore di applicazioni di messaggistica come WhatsApp e Signal «che consentono anche chiamate vocali che eludono completamente le intercettazioni».
Eloquente viene reputata la registrazione del 30 dicembre 2022, quando Ceron è stato contattato da Federico Meneghesso, capo della direzione del presidente Luca Zaia (entrambi non indagati), il quale gli ha chiesto un breve incontro: «Alla richiesta di Meneghesso, Ceron manifesta la propria impossibilità, in quanto si trova a Milano e chiede a Meneghesso “se riesce a dirgli...” telefonicamente. Meneghesso fa comprendere a Ceron che non è opportuno parlarne telefonicamente e alla fine i due si accordano per sentirsi su “Signal”».
Un’abitudine a quanto pare piuttosto nota, se il 23 gennaio 2023 perfino una bancaria «si scusa del fatto che lo sta contattando telefonicamente in quanto ha dei problemi con WhatsApp». Cinque giorni prima lo stesso capo di gabinetto sarebbe però stato rimproverato da Brugnaro per aver fatto dei nomi parlando al cellulare: «Ma non devi dirmelo così... ti ho detto vieni qua».
[…]
Le strategie di autocontrollo si sarebbero poi rinforzate pure per i dialoghi in presenza, nel timore che fossero state posizionate delle “cimici” […]. Sarebbe stato questo il senso del messaggio inviato il 27 gennaio 2023 da Donadini a Boraso: «Ci vediamo di persona? Faccio fatica al telefono...». Ma questo basta per accusare amministratori e funzionari? «È fuori di dubbio che tale condotta non può, di per sé, costituire indizio a carico […] ma è altrettanto indubbio che una così ossessiva postura difensiva […] è dimostrativa della comune consapevolezza di tutti costoro di non poter agire e trattare apertamente certe questioni dovendole confinare nel più riservato e inaccessibile degli ambiti».
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